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La gestione assurda del sangue è un esempio di malasanità

Quella dell’emergenza sangue è una triste piaga che affligge endemicamente la Calabria. Manca il sangue per le emergenze con rischi gravissimi per i pazienti, manca il sangue per le attività di el…

Pubblicato il: 30/09/2017 – 7:02
La gestione assurda del sangue è un esempio di malasanità

Quella dell’emergenza sangue è una triste piaga che affligge endemicamente la Calabria. Manca il sangue per le emergenze con rischi gravissimi per i pazienti, manca il sangue per le attività di elezione che portano a rinviare e dilazionare nel tempo interventi chirurgici con nocumento per il paziente, ma anche per il bilancio sanitario che vede prolungare i tempi di degenza e in alcuni casi, vedi fratture del femore degli anziani, anche i costi legati ad un maggior tempo di recupero causato dal ritardo degli interventi.
Se il sangue fosse effettivamente scarso dovremmo forse rassegnarci ad accettare questa carenza come un fato ineluttabile contro il quale ci sarebbe ben poco da fare.
Se andiamo, però, a guardare i dati troviamo una situazione ben diversa e ancora più triste da raccontare.
La prima informazione corretta da dare è che in Calabria il sangue non è affatto scarso.
Se consideriamo i dati delle unità di sangue prodotto e consumato nel 2016 troviamo che in Calabria sono state prodotte 69435 unità di sangue a fronte di un consumo di 69239 unità.
Da questi dati si evince chiaramente che, addirittura, la regione Calabria ha avuto un surplus. Avrebbe, quindi, potuto anche aiutare altre regioni trasferendo dei quantitativi di sangue.
La carenza di sangue che sperimentano giornalmente le strutture di cura calabresi allora altro non è che il risultato di una incapacità di gestione efficiente della risorsa sangue.
La conservazione del sangue è complessa, una sacca scade dopo 45 giorni giorni, tuttavia per massimizzare l’effetto anderebbe utilizzato sangue non superiore a tre settimane.
C’è quindi un evidente problema di logistica sanitaria che dovrebbe allocare efficientemente le sacche di sangue prodotte, tenendo conto delle emergenze e dei tempi di scadenza.
In Calabria abbiamo periodiche emergenze sangue perché non abbiamo un sistema di gestione efficiente della sua logistica.
Questo aspetto sarebbe inaccettabile anche in un paese in via di sviluppo. È assolutamente incomprensibile in un paese con un servizio sanitario moderno ed evoluto.
Sapere che si può rischiare di morire o si può dover ritardare un intervento chirurgico con diminuzione della probabilità di guarigione e aumento delle potenziali complicazioni per una incapacità nella gestione della risorsa sangue è un fatto che grida vendetta. Oltretutto incide negativamente sul deficit sanitario, sia perché un paziente curato male fa aumentare i costi complessivi, sia perché il rischio di trovarsi di fronte ad una carenza di sangue fa aumentare la mobilità sanitaria.
Basterebbe organizzare una centrale operativa che coordinasse la logistica del sangue assegnando le sacche secondo le necessità segnalate in anticipo per gli interventi di elezione e mantenendo una scorta per gli interventi di urgenza, curando anche una corretta gestione temporale delle sacche per evitare degli sprechi e per assicurare sangue “fresco” per gli interventi. La creazione di piccole banche del sangue nei principali ospedali potrebbe essere un passaggio intermedio di questa strategia.
È un sistema che si può mettere in piedi e portare a regime in meno di un mese, ma che evidentemente nessuno finora ha pensato di realizzare.
Amartya Sen, premio Nobel per l’economia, scrive in suo libro di essere rimasto profondamente colpito dall’aver scoperto che la morte di migliaia di persone in India a cause della carestia non era dovuta a una mancanza di risorse alimentari, ma alla cattiva distribuzione di queste. La gente in sostanza moriva di fame non perché mancava il cibo, ma perché questo era distribuito male.
Nel 2017 rimaniamo attoniti nello scoprire che in Calabria le molte emergenze sangue e i rischi connessi per la salute dei cittadini non sono dovute a una mancanza di donazioni, ma semplicemente alla cattiva gestione della logistica sanitaria. Questa è malasanità!

*docente di Politica economica all’Università “Mediterranea” di Reggio Calabria

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