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Calabria, ripartenza frenata dalla malapolitica

Con lo scioglimento delle Camere è cominciata di fatto la campagna elettorale per le elezioni che si terranno il 4 marzo. Intanto l’informazione ci chiarisce su cosa poggiano i rapporti tra politic…

Pubblicato il: 02/01/2018 – 8:29

Con lo scioglimento delle Camere è cominciata di fatto la campagna elettorale per le elezioni che si terranno il 4 marzo. Intanto l’informazione ci chiarisce su cosa poggiano i rapporti tra politica e italiani; ci spiega come viene affrontata l’emergenza nel Paese; ci fa intuire quanta forza viene messa nel ricercare soluzioni per alleggerire il disagio; ci dà uno spaccato di come si combatte il bisogno che travolge un numero sempre più consistente di giovani disoccupati, di lavoratori che hanno perduto il posto di lavoro e della moltitudine di precari pagati con un po’ di brodaglia.
Giusto per chiarire le idee soprattutto a quanti dimostrano di avere la memoria corta, in Italia coloro che vivono nella povertà più assoluta sono 4.750.000. Un dato che dovrebbe essere tenuto sempre in mente specie quando si leggono notizie su come vengono spesi i soldi degli italiani.
Cominciamo con l’emergenza che serpeggia in ogni dove, le promesse dei leader dei partiti offerti in pasto agli elettori per farsi votare. Quella più frequente è, ancora una volta, il “reddito di cittadinanza” o “reddito di dignità” o di “inclusione”, che distingue l’offerta a seconda dello schieramento che la propone. Si chiami come si vuole tutti hanno lo stesso, identico, denominatore: accaparrarsi la preferenza sulla scheda elettorale. 
C’è poi chi tenta di convincere l’elettorato che la responsabilità di quanto accade è sempre degli altri, di chi ci ha governati prima e della crisi che ha colpito il Paese, e che ciascuno sta lavorando per superarla e riportare l’Italia in una condizione accettabile. Lo ha fatto anche il capo dell’Esecutivo, nei giorni scorsi ha dichiarato “l’Italia è ripartita”. Lo ha detto dopo essere stato a colloquio con il Presidente della Repubblica lo stesso giorno dello scioglimento delle Camere. Ed è vero. Non ha detto una bugia. Poteva però aggiungere che la ripartenza consiste in uno zero virgola qualcosa.
Anche secondo l’annuale rapporto dell’Istat la tendenza del Paese è di un aumento. Si prevede l’aumento dell’occupazione dello 0,5% sotto il profilo congiunturale e del più 1,3% in termini tendenziali. Sicché tutto, o quasi, secondo il Governo, fila liscio. Così come accade che la famiglia di un noto presentatore televisivo noleggi un jet privato per andare a trascorrere le vacanze di Natale in Kenya. La notizia, in un momento come questo è suonata come uno schiaffo alle persone che vivono con 400 Euro. Era prevedibile che arrivasse una pioggia di critiche che investono anche la Rai per i lauti compensi che elargisce.
Ma spostiamoci in Calabria. Se qualcuno ha notizie che la ripresa economica è tangibile, lo faccia sapere perché nessuno se ne è accorto; anzi la preoccupazione rimane alta. E infatti lo stesso Istituto nazionale di statistica, riferendosi al Mezzogiorno, e in particolare alla Calabria, ha affermato che «quest’area è la più esposta a rischio povertà e quindi all’esclusione sociale, che fa registrare la media del 46,9%, in crescita degli indigenti rispetto all’anno precedente, e del 17,1 nel confronto solo con il Nord». 
Si tratta di numeri importanti che fanno capire non solo in che mani siamo capitati nel passato, ma anche in quelle che ci dovranno amministrare dopo il 4 marzo, ammesso che si riesca a trovare la quadra per un nuovo governo, nonostante le grandi manovre e i passaggi di casacca che si susseguono senza ritegno.
Questo, dunque, ciò che c’è su un piatto della bilancia; nell’altro ci sono gli stipendi d’oro dei burocrati che fanno gridare vendetta, a cominciare da quelli dell’Assemblea siciliana che nonostante siano stati ridotti, mettono nelle mani dei beneficiari 240 mila euro l’anno e si ha la pretesa di aumentarli.
Su questo punto sarebbe interessante sapere quanto percepiscono i dirigenti della Regione Calabria, magari anche quelli su cui indaga la Procura della Repubblica di Catanzaro perché sarebbero presenti nel giro delle truffe dei fondi europei per l’agricoltura che hanno portato nelle mani della ‘ndrangheta milioni di euro, e metterli a confronto con quel 46,9% di calabresi poveri. Ma ad avere stipendi considerevoli sono anche alcuni dirigenti degli enti locali, delle società pubbliche e di quelle partecipate. 
Emolumenti pagati con le tasse degli italiani. Mai che venga istituito un qualcosa che riesca a individuare cause e comportamenti di come si amministra il bene comune e metterlo a confronto con il numero dei poveri che è in crescita; di quelli che hanno perduto il posto di lavoro e di coloro che non l’hanno mai trovato; delle tante attività commerciali costrette ad abbassare le serrande per non rialzarle più.
E non c’è di che stare allegri neanche nella dirimpettaia Sicilia dove gli appetiti sembra non abbiano limiti considerato che nelle prossime settimane i burocrati della Regione potrebbero ritornare a guadagnare dai 350 ai 400mila euro all’anno che è lo stipendio che veniva loro liquidato fino a tre anni fa quando furono ridimensionate le tabelle. 
Ma non è solo la Sicilia a foraggiare i burocrati con emolumenti da capogiro; infatti il fenomeno interessa tutto il Paese. A reggere Il primato è il ministero dell’Economia che mette nelle mani del direttore generale e del ragioniere generale 500mila euro ciascuno. Seguito dal ministero degli Esteri che ne elargisce 200mila. E l’elenco potrebbe continuare con i 366 mila euro del Presidente della RAI e i 650 mila euro del Capo della Polizia.
Insomma sembra proprio che la casta dei tecnici superi anche quella dei politici. Ed è quanto dire!
Il quadro che se ne ricava è una burocrazia che fa il paio con la pressione fiscale ritenuta concausa del rallentamento della crescita del Paese o, come nel caso della Calabria, del suo impoverimento. Stante una situazione così articolata, pensare che la spesa pubblica possa scendere è utopistico. Ed ecco spiegato uno dei motivi per cui si perde la fiducia nelle istituzioni e si comprende, pur non condividendola, l’astensione che aumenta elezione dopo elezioni. 
Dunque nonostante “l’Italia sia ripartita”, come ci ha comunicato il Capo del Governo, la Calabria stenta a farlo. Anzi continua a denunziare sofferenze non per fare un dispetto a chi tenta di inoculare fiducia, ma perché vuole essere aiutata per non essere più l’anello debole del Paese.

*giornalista

 

 

 

 

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