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Di cosa parliamo quando parliamo di centro (politico)?

I sommovimenti che si registrano al centro dello spazio politico portano ad una riflessione, che riguarda proprio il ruolo del cosiddetto «centrismo». Più che mai attuale, sia a livello nazionale c…

Pubblicato il: 02/01/2018 – 14:13
Di cosa parliamo quando parliamo di centro (politico)?

I sommovimenti che si registrano al centro dello spazio politico portano ad una riflessione, che riguarda proprio il ruolo del cosiddetto «centrismo». Più che mai attuale, sia a livello nazionale che locale, per la vicenda che interessa Ap, il partito di Alfano. 
Va subito detto che, al di là dei posizionamenti che oggi movimentano il «centro», più o meno spinti da calcoli elettoralistici, il centro non è luogo fisico dello spazio politico.
Nel più antico Parlamento, quello di Westminster, non c’è spazio per il centro. Destra e sinistra si fronteggiano all’interno di un’assemblea dalla forma rettangolare. L’una e l’altra esprimono in maniera netta connotazioni specifiche e distinte. Il centro è palude, un indistinto politico. Nota l’avversione di Duverger verso il centro: secondo lo studioso, non esiste un “pensiero” di centro. Può esistere un “partito” di centro. E però il centro, come luogo della politica, non può che essere eternamente diviso, e occupato da chi a destra è più di sinistra e da chi a sinistra è più di destra. E così, guardando al nostro attuale scenario, registriamo una Lorenzin e un Lupi che si scindono al centro per guardare l’una a sinistra e l’altro a destra. E, al centro dello spazio politico, si offre il Movimento 5 Stelle per attrarre elettori (delusi?) da destra e da sinistra, proponendo il suo cartellone elettorale tanto nei comodi salotti di Cernobbio quanto nelle strade delle periferie urbane. Ampie vedute o strabismo politico?  
Si può obiettare che, in un sistema complesso, la visione assiale destra/sinistra non riesca a racchiudere la multiforme offerta politica, e che, pertanto, lasci inevitabilmente spazio a posizioni centriste: né di destra né di sinistra. Può accadere anche che i posizionamenti “centristi” raccolgano la maggioranza tra gli elettori, spezzando o emarginando la diade destra/sinistra del sistema politico. Sarebbe interessante indagare il complesso “fenomeno Macron”, ma non è questa la sede. 
E, tuttavia, anche ove conquistasse la maggioranza, rimane la domanda fondamentale: qual è il contenuto del centrismo? Si dirà: il centro è il luogo dei moderati! Ma che significa moderati?  Martinazzoli diceva che «in politica gli interessi non sono mai moderati, perché sono sempre radicali. Semmai è la politica che li modera». E, allora, il centro non esprime pensiero politico (non è luogo fisico della politica); semmai, è il luogo dove si governa. Dove i contrapposti interessi si compongono e si regolano nell’interesse generale. Il «né di destra né sinistra», che caratterizza il «centro» come un “indistinto”, rimane, dunque, quello che Bobbio definisce un «crepuscolo», che può essere più o meno lungo. Ma la durata «non cambia nulla al fatto che la sua definizione dipende da quella del giorno e della notte». Di qui il centro che guarda a sinistra e il centro che guarda a destra. Anche negli anni del «centrismo» dell’immediato secondo-dopoguerra, la Democrazia Cristiana, per De Gasperi, è un partito di centro che guarda a sinistra. Per lo statista trentino il «centrismo» non è che una «formula di governo», non un’ispirazione o un’appartenenza ideologica. 
La sinistra che intenda il centro come luogo di governo tenderà ad accordarsi con i partiti centristi orientati a sinistra. Lo stesso farà la destra con i partiti centristi orientati a destra. Nasceranno così il centro-sinistra e il centro-destra, mentre le ali estreme tanto della sinistra quanto della destra tenderanno ad essere sospinte verso i margini dello spazio politico. Sono forze radicali che concepiscono il conflitto degli interessi come non componibile.  
Infine, c’è anche un centro che esprime un pensiero tutto suo. Ha una sua dignità: si propone come sintesi tra destra e sinistra. È un centro che non si definisce come «né di destra né di sinistra», ma come un «oltre la destra e la sinistra». Ma è una via che è stata battuta, e – almeno così mi pare – non con buoni risultati. Resta da verificare l’originale esperimento di Macron.
In Italia, a tre mesi dalle elezioni politiche, di quale centro parlano all’elettore i “centristi”? Tanto per capire.    

*docente dell’università Mediterranea di Reggio Calabria

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