LAMEZIA TERME «La nomina sul piano tecnico è legittima, perché fatta dal cosiddetto governatore della Calabria». Nel febbraio 2017 Paolo Abramo, dopo 17 anni alla guida della Camera di Commercio di Catanzaro, è costretto a lasciare. Il suo mandato è scaduto: lo sostituisce un commissario, il commercialista Giorgio Sganga (a sua volta rimpiazzato, a dicembre scorso, da Daniele Rossi. Ma non senza roventi polemiche con la Regione). Abramo non risparmia l’ironia nei confronti di Mario Oliverio («governare è un’altra cosa»); chissà cosa direbbe se sapesse che la decisione presa nei suoi confronti non trova corrispondenza in un’altra Camera di Commercio calabrese, quella di Vibo, dove gli organi sono scaduti a luglio ma nessuno ha pensato di intervenire.
L’ELEZIONE NEL 2012 Sono gli atti a documentare un caso che si colora, tra l’altro, di una sfumatura inedita. Andiamo con ordine. Il 12 luglio 2012 si riunisce il Consiglio della Camera di Commercio di Vibo Valentia. I consiglieri sono tutti presenti tranne due. Il segretario generale Donatella Romeo segnala che la presidenza viene assunta dal consigliere anziano, che è Rosario Carbone. Tutto procede come secondo le procedure, fino a quando la votazione si discosta dall’iter “normale”. Il presidente, infatti, «verifica se il Consiglio intende adottare il sistema di voto palese ricordando che in tal caso la decisione deve essere assunta all’unanimità in quanto ai sensi e per gli effetti dell’articolo 13/4 dello statuto l’elezione del presidente avviene a scrutinio segreto». Il Consiglio approva all’unanimità questa deroga a uno statuto che, almeno apparentemente, non consentirebbe alcuna deroga alla segretezza del voto. Questo passaggio è un preludio all’elezione di Michelino Lico come presidente per il quinquennio 2012-2017. E qui sta il punto: perché siamo da pochi giorni nel 2018 e il mandato del presidente è scaduto da quasi cinque mesi.
L’INERZIA DELLA REGIONE C’è di più: in condizioni normali le pratiche per il rinnovo degli organi partono sei mesi prima della scadenza. Altra dimenticanza: nelle stanze della Camera di Commercio di Vibo non se n’è ricordato nessuno. E la scarsa attenzione della Regione ha fatto il resto. Anche la tempistica conta, in questa storia. È dallo scorso mese di settembre (precisamente dal 19), infatti, che la posizione delle Camere di Commercio di Catanzaro, Crotone e Vibo è in bilico per via dell’accorpamento deciso dal ministero per lo Sviluppo economico (in quella data il decreto diventa effettivo con la pubblicazione in Gazzetta ufficiale). In attesa della fusione, il ministero ha disposto il blocco dei rinnovi per gli organi di governo delle Camere. I tempi della burocrazia, però, non spiegano l’inerzia registrata a Vibo. Perché nel mese di gennaio si sarebbero potute avviare le pratiche per il rinnovo del Consiglio camerale. E nessuno avrebbe potuto dire nulla se la Regione avesse commissariato l’ente alla scadenza di luglio, visto che nessun decreto sull’accorpamento era ancora stato varato ufficialmente. Invece, le tante “pause” amministrative lasciano in carica come se nulla fosse un presidente scaduto e, per di più, eletto senza lo scrutinio segreto previsto dallo Statuto. Evidentemente a Vibo si può fare.
Pablo Petrasso
p.petrasso@corrierecal.it
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