LAMEZIA TERME Ora che c’è il timbro della Corte dei conti e la relazione è approdata in Parlamento, il fallimento della Programmazione 2007-2013 per la Calabria ha il crisma dell’ufficialità. Nel documento sui rapporti finanziari con l’Unione europea e l’utilizzazione dei Fondi comunitari, i magistrati contabili analizzano le politiche di tutte le regioni e dedicano un capitolo non proprio carico di elogi al modo in cui politica e burocrazia hanno usato centinaia di milioni di euro in arrivo da Bruxelles. E’ nel paragone con altre regioni che emerge la differenza (o, se si vuole, la bocciatura). “Si evince – si legge nel report – un elevato tasso di utilizzazione dei Fondi in esame da parte di diverse Regioni (Piemonte, Lombardia, Liguria, Marche, Toscana, Sicilia), mentre la Calabria ha registrato un’attività più ridotta, che ha determinato una contrazione del cofinanziamento statale. Fenomeno quest’ultimo che ha interessato, peraltro, anche la Sicilia, la quale, tuttavia, nella fase finale ha speso quasi il totale delle risorse assegnate”. Le performance da Cenerentola sono state sottolineate dalla Sezione regionale di controllo che, “in relazione al Fse (Fondo sociale europeo) ha rilevato una palese difficoltà della Regione a realizzare una piena utilizzazione delle risorse allocate e una dimensione limitata di attività (dotazione finanziaria iniziale 860,5 milioni di euro, dotazione post rimodulazioni 573,7 milioni di euro, somma non utilizzata 41,8 milioni di euro)”. Traduciamo: i fondi arrivano copiosi ma non si riesce a utilizzarli, neppure dopo aver rimodulato la spesa. E questo dato è “ancora più preoccupante se si osserva e si raffronta, ad esempio, l’andamento dell’occupazione nella Regione”. Il Fondo sociale europeo dovrebbe essere il fulcro della programmazione in una regione senza lavoro, invece è uno degli ambiti sottoutilizzati. Abbiamo bisogno di quei soldi ma non riusciamo a programmarne la spesa in maniera efficace, rendendone (quasi) inutile lo stanziamento.
Sul versante dei controlli si segnalano ulteriori guai: “La Sezione regionale ha richiamato le carenze evidenziate dalla stessa Autorità di gestione (AdG) e le reiterate raccomandazioni della Commissione europea sulla necessità di interventi correttivi per potenziare i sistemi di gestione e di controllo, accrescere l’affidabilità della rendicontazione, migliorare l’efficacia e l’efficienza degli interventi”.
Al Fesr (Fondo europeo per lo sviluppo regionale), la Corte dei conti dedica un paragrafo altrettanto preoccupante. Se non altro sul piano numerico. “L’ingente dotazione finanziaria iniziale (2,998 miliardi di euro), a seguito delle rimodulazioni intervenute anche in questo Fondo, si è ridotta notevolmente (1,998 miliardi di euro), essendo la differenza confluita nel citato Piano di azione e di coesione per la Calabria”. La Calabria ha deciso di riprogrammare un miliardo di euro, spostandolo dalla dotazione iniziale per tentare di “recuperarlo” nel Pac. Dunque “l’attuazione del Fesr è stata caratterizzata da diverse criticità, tra le quali la più rilevante, che ha riguardato il funzionamento del sistema di gestione e controllo, ha dato luogo ad un provvedimento di sospensione dei pagamenti intermedi da parte della Commissione europea”. La Sezione regionale della Corte dei conti ha, poi, “riferito che l’AdG ha dovuto riprogrammare negli anni le risorse finanziarie al fine di adeguarle alle effettive potenzialità di spesa, attivando anche, nelle fasi finali, un pacchetto di misure correttive per far fronte al rischio di mancato raggiungimento dei target di spesa; ha rafforzato il settore dei controlli; e si è adoperata per migliorare la performance del Programma”.
Sono sforzi dei quali i magistrati contabili prendono atto, seppur costretti a rilevare “la criticità insita nel ricorso ai cosiddetti ‘progetti retrospettivi’. Sul tema, la Sezione Calabria ha ricordato che tale pratica, che la Commissione europea ammette, pur considerandola estremamente pericolosa ed in contraddizione con il principio di addizionalità e con il valore aggiunto che dovrebbe avere il Programma, non garantisce la qualità degli interventi, trattandosi di progetti discendenti dalla programmazione nazionale unitaria e selezionati nell’ambito di procedure espletate da altre amministrazioni”. I progetti retrospettivi sono progetti ideati da altri enti locali e basati inizialmente su fondi diversi da quelli europei. La Regione (non è l’unica, ovviamente) vi investe utilizzando fondi comunitari che altrimenti dovrebbe restituire: è un modo per non perderli, ma anche la prova dell’incapacità di programmare.
Lasciamolo dire alla Corte dei conti: “La Sezione regionale ha sottolineato che l’elevata incidenza dei progetti retrospettivi (circa il 44% della dotazione finanziaria quale ridefinita dalle rimodulazioni) dimostra carenza di progettualità ed incapacità ad assorbire la spesa comunitaria con i progetti originariamente inseriti nel Programma”. Suona come una bocciatura senza appello per il vecchio Por Calabria, costretto a tagliare più di un miliardo e reinvestirlo altrove, utilizzando qualche “trucco” (lecito, per carità) della programmazione per evitare di dover dismettere centinaia di milioni. Per i fondi 2007-2013 è andata così, cioè male. E per il periodo 2014-2020 si osservano (dappertutto, per la Corte dei conti) ritardi che rischiano di compromettere l’utilizzo dei fondi comunitari. In Calabria, a fare da sfondo a una situazione critica, c’è la continuità nel management. Il direttore generale della Programmazione non è cambiato: Paolo Praticò, voluto da Scopelliti, ha gestito la Programmazione 2007-2013 e impostato la successiva. Non ha fatto tutto da solo, ovviamente. Certe questioni sono un lavoro di squadra. A leggere il dossier della Corte dei conti, c’è da sperare che la squadra abbia imparato dai propri errori.
Pablo Petrasso
p.petrasso@corrierecal.it
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