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STIGE | Il centro migranti frutta più di una discoteca

CATANZARO Migranti, minori non accompagnati. La casa d’accoglienza si chiamava “Casa Sant’Antonio”, un nome che quasi ispira religiosa fiducia. Non è quello che emerge dalle risultanze dell’indagin…

Pubblicato il: 09/01/2018 – 15:19
STIGE | Il centro migranti frutta più di una discoteca

CATANZARO Migranti, minori non accompagnati. La casa d’accoglienza si chiamava “Casa Sant’Antonio”, un nome che quasi ispira religiosa fiducia. Non è quello che emerge dalle risultanze dell’indagine Stige. Secondo i magistrati della Dda di Catanzaro “Casa Sant’Antonio” era solo un business per la cosca. Un business, quello dell’accoglienza, molto più fruttuoso della gestione di una discoteca.
«Il centro per migranti si rivela una delle attività strategiche della cosca, non soltanto per la possibilità di fruire di finanziamenti pubblici dando un servizio assai al di sotto degli standard minimi e, per questo, certamente poco costoso; ma soprattutto per la possibilità di rifornirlo di materiali, capi di vestiario, derrate alimentari, tutte provenienti da aziende controllate o riferibili alla consorteria», scrive il gip Giulio De Gregorio. Gli investigatori del Ros ricostruiscono la storia di uno dei tanti affari della consorteria Farao-Marincola. 
Soci occulti della casa d’accoglienza vengono indicati Vittorio Bombardiere, Giuseppe Spagnolo, Carmine Siena, Salvatore Palmiro Siena e Antonio Anania, che si sarebbero inseriti nella “Casa Sant’Antonio” attraverso la società “Immobiliare Toni” riconducibile pro quota ad Antonio De Vitis, Antonio Esposito, Valentino Anania. Nel settembre 2014 nel complesso residenziale nasceva un centro di accoglienza per migranti stranieri. A questo punto scattava il giro d’affari di cui ognuno si aggiudicava una fetta, senza dimenticare di far confluire liquidi nella “bacinella” cirotana.
«Aniello Esposito costituiva una cooperativa denominata “Omnia” e una omonima ditta individuale con le quali si ingeriva, anche di fatto, nella gestione amministrativa e contabile della struttura ricettiva accreditata, dal mese di settembre 2014, Angela Rizzo titolare della cooperativa “Opus Onlus” e che collaborava nelle fasi di avvio, come centro di accoglienza di migranti minori stranieri non accompagnati; con la omonima ditta individuale appositamente costituita Esposito si poneva quale soggetto formale gestore del centro di accoglienza catalizzando i finanziamenti che faceva confluire, anche per il tramite delle imprese della cosca fornitrici di beni e servizi alla “Sant’Antonio”, nella “bacinella” cirotana». Le forniture di vestiti arrivavano dalla ditta “Siena Sport”, della famiglia Siena.

QUELL’ACCUSA DI PECULATO E LA FAME DEI MIGRANTI C’è un’accusa di peculato che pende sulla testa di Aniello Esposito, imprenditore esercente, per conto della cosca cirotana alla quale secondo l’accusa concorre dall’esterno, il centro di accoglienza migranti, e Roberto Siciliani, ex sindaco del Comune di Cirò Marina indiziato di appartenere alla consorteria di ‘ndragheta locale. Secondo l’accusa Siciliani avrebbe sottratto dalla immediata disponibilità di cassa del Comune la somma complessiva di 130.425 euro che avrebbe utilizzato, quale anticipo di futuri finanziamenti ministeriali, per darla a Esposito «per far fronte ad asseriti costi di gestione del centro di accoglienza da settembre 2014 fino a dicembre 2014». E nonostante i minori lamentassero scarsità di cibo e indumenti, Esposito predisponeva fatture per operazioni che gli inquirenti considerano «riferibili a operazioni in tutto o in parte inesistenti». Le fatture, tra l’altro, erano intestate alla cooperativa Omnia e non alla ditta individuale di Esposito che venne costituita solo a dicembre 2014. Nonostante questo Siciliani adottava due ordinanze, rispettivamente la n. 141 del 4 marzo 2015 e la n. 221 del 9 aprile 2015, nelle quali si manifestava l’urgenza di far fronte alla gestione dei migranti. Con questo sistema, secondo gli inquirenti, era stato dato vita all’iter che aveva portato nella disponibilità della cosca e della sua bacinella oltre 130mila euro, sottratti a un Comune che già versava in stato di dissesto finanziario.

DA CASA PER ANZIANI A DISCOTECA A CENTRO PER MIGRANTI “Casa Sant’Antonio”, immobile sul lungomare di Cirò Marina, ha attraversato diverse fasi. Prima struttura con destinazione d’uso a “Casa per anziani”, poi una breve parentesi come discoteca gestita dal locale di Cirò attraverso i suoi sodali, la famiglia Anania e, infine, a settembre 2014, fu avviata, nel pregevole immobile, l’attività di centro di accoglienza per minori extracomunitari non accompagnati. L’affare più lucroso, quello col quale si può mangiare meglio e in tanti. Il risultato finale di qualunque attività, secondo gli investigatori, era favorire gli interessi economici della cosca Farao-Marincola, a discapito delle risorse del Comune, del benesere dei migranti, degli interessi di una comunità.

Alessia Truzzolillo
a.truzzolillo@corrierecal.it

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