CATANZARO Pasquale Spadafora, Antonio Spadafora, Rosario Spadafora, Luigi Spadafora e Luigi Tasso sono i titolari dell’impresa di San Giovanni in Fiore, la “F.lli Spadafora srl” e della società cooperativa sociale Kalasarna di Campana, in provincia di Cosenza. Secondo i magistrati della Dda di Catanzaro, tramite queste aziende Vincenzo Santoro, elemento di spicco della cosca di Cirò Marina, Farao-Marincola, “monopolizza, per tutto l’altipiano silano, gli appalti, pubblici e privati, per il taglio boschivo, compiendo atti di concorrenza sleale mediante violenza, con l’impiego di metodo mafioso, al fine di annichilire ogni possibile concorrenza”. Il compito cui è deputato Santoro all’interno della compagine ‘ndranghetista – che lo scorso martedì è stata fortemente disarticolata con i 169 arresti dell’operazione Stige –, infatti, è quello di controllare tutto l’altopiano silano, sia che si tratti di sostegno ai latitanti che di gestire gli appalti boschivi pubblici e privati, “così tenendo i rapporti con le diverse organizzazioni criminali territoriali, assicurando una suddivisione dei proventi secondo una logica spartitoria che tiene in debita considerazione il peso criminale delle diverse organizzazioni ‘ndranghetistiche”. Anche gli Spadafora hanno il loro peso e potere sul controllo del territorio. E possiedono quelle che i magistrati della distrettuale definiscono “pericolose “connivenze” con appartenenti all’amministrazione regionale”. I magistrati si spingono oltre, affermano che queste connivenze “se non traguardano allo stato ipotesi di reato, appaiono comunque serventi la costruzione associativa proposta”. I militari del Ros hanno registrato nel 2014 i contatti di Pasquale Spadafora con un dipendente ex Afor, Luigi Foglia (non indagato in questo procedimento), il quale si prodiga per la concessione a Spadafora di un’istanza per l’autorizzazione al taglio di un faggeto in località Montenero del Comune di San Giovanni in Fiore.
IL VOTO A TREMATERRA A maggio 2014 Foglia rassicura Spadafora sul buon andamento della sua pratica ma il giorno dopo aggiunge una richiesta: tenta di assicurarsi i voti della famiglia Spadafora per Gino Trematerra, per le elezioni europee. Gino Trematerra, politico acrese di vecchio corso, è padre di Michele Trematerra che all’epoca era assessore all’ Agricoltura e Foreste nella Giunta Scopelliti. Foglia indica l’assessore come interlocutore di riferimento agli uffici regionali affermando: «E sì, ma noi qualche cosa gliela dobbiamo raccogliere, fino all’anno prossimo c’è lui là, se abbiamo bisogno di qualche cazzo». Pasquale Spadafora gli riferisce che da parte della sua famiglia può garantire 50-60 voti in favore di quel candidato. Ma il dipendente ex Afor vorrebbe di più, è convinto che Pasquale Spadafora possa raccogliere più voti. Ne nasce una discussione ma Spadafora non cede.
Secondo il gip: «Tali dati investigativi, allo stato, appaiono ancora insuscettibili di traguardare singole fattispecie di reato e però mostrano chiaramente il livello di infiltrazione e la pericolosa “compiacenza” di più pezzi istituzionali in ordine al “potere mafioso” e di “cartello” imposto dalla consorteria – per il tramite qui della famiglia Spadafora – nel territorio di San Giovanni in Fiore e per ciò che concerne il settore dei lavori forestali. Soprattutto la circostanza profferita dal Foglia: “E sì, ma noi qualche cosa gliela dobbiamo raccogliere, fino all’anno prossimo c’è lui là, se abbiamo bisogno di qualche cazzo” appare indicativa di un sistema di potere che definisce compiutamente la capacità di assoggettamento del territorio e la fervida politica anticoncorrenziale della consorteria investigativa».
IL RACKET DEL TAGLIO BOSCHIVO Il reato che resta cristallizzato nelle 1300 pagine dell’ordinanza Stige è la turbata libertà degli incanti del quale vengono accusati gli indagati che avrebbero, un esempio su tutti, turbato il regolare svolgimento di una gara, nel 2013, per l’affidamento dei lavori consistenti nella vendita di materiale legnoso ricavabile da taglio boschivo in località Ramunno nel Comune di San Giovanni di proprietà del comune di Scigliano (CS), per un importo a base d’asta pari ad 78.432,00 euro. Secondo l’accusa i titolari della ditta “F.lli Spadafora srl” e il titolare della ditta individuale Luigino Comberiati, avrebbero pilotato l’aggiudicazione della gara a favore degli Spadafora attraverso offerte al rialzo “concordate”. Non solo. Pasquale e Luigi Spadafora avrebbero minacciato ripetutamente un terzo concorrente con espressioni del tipo “…..ma tu sei venuto a chiedermi qualcosa per vedere se mi interessava o no?” al fine di allontanarlo dalla gara.
Pur di mettere le mani sul legname dei boschi della Sila Pasquale, Luigi e Rosario Spadafora si sarebbero macchiati del reato di illecita concorrenza con minaccia o violenza. Nei confronti dell’imprenditore, già intimidito durante la gara, volevano innalzare un muro imponendo alle ditte di non intrattenere più relazioni commerciali con la vittima, intimando di non fornire più listelli e/o altri prodotti derivati dal legno alla persona offesa e ciò al fine di boicottarne le attività sociali e commerciali, nel senso di annientare la possibilità stessa dell’azienda da lui gestita di poter continuare la propria attività. Intorno alla vittima viene fatta terra bruciata. È la stessa parte offesa a dichiarare: «Del resto in San Giovanni in Fiore tutti temono gli Spadafora quali pericolosi malavitosi».
Riassumendo: Luigi, Antonio, Pasquale e Rosario Spadafora, in qualità di gestori di fatto e titolari dell’omonima ditta boschiva, turbavano, allontanavano gli offerenti, con violenza e minaccia, in una pluralità di aste pubbliche, quali ad esempio quelle indette dai comuni di Scigliano, Colosimi e Mandatoriccio. Luigi Tasso, amministratore della cooperativa sociale “Kalasarna” risultava spesso formale aggiudicatario delle aste, che poi girava, per la materiale lavorazione del taglio boschivo alla famiglia Spadafora. Tale compito, espletato in regime di assoluto monopolio da parte degli indagati, veniva realizzato, insieme a Luigino Comberiati, sotto la direzione di Vincenzo Santoro e in accordo anche con ‘ndranghetisti delle cosche limitrofe e cosentine. E poi ci sono da considerare le estorsioni. Tasso è accusato di avere taglieggiato, insieme a Santoro, imprenditori della zona al fine di accaparrarsi il “pizzo”. Il racket del taglio boschivo all’ombra della Sila.
Alessia Truzzolillo
a.truzzolillo@corrierecal.it
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