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«Non scherziamo sulla fusione Corigliano-Rossano»

Una fusione, quella di Corigliano Calabro e Rossano, che si deve fare, ma occorre farla bene. Anzi di più! Come le rispettive storie reclamano e le cittadinanze meritano. Va bandita, quindi, ogni …

Pubblicato il: 11/01/2018 – 13:18
«Non scherziamo sulla fusione Corigliano-Rossano»

Una fusione, quella di Corigliano Calabro e Rossano, che si deve fare, ma occorre farla bene. Anzi di più! Come le rispettive storie reclamano e le cittadinanze meritano.
Va bandita, quindi, ogni improvvisazione e ogni dannosa fretta. Sono state già troppe le estemporaneità registratesi sino ad oggi. Le fusioni degne di questo nome non si perfezionano tirando l’uno la giacchetta dell’altro bensì utilizzando la ragione pubblica, l’interesse collettivo e le conoscenze tecniche (che, invero, pochi interlocutori conoscono), ma soprattutto lavorando per il soddisfacimento dei bisogni sociali. 
Una fusione che si rispetti ha la necessità che i Comuni coinvolti – oggi più che mai perché trattasi di importanti dimensioni e di enti strategici per l’economia regionale – agiscano con ragionevolezza e senso pratico. Pertanto, vanno rinviate al mittente le sollecitazioni di volere impacchettare, nel più breve tempo possibile, la legge-provvedimento istitutiva della nuova Città. 
Stessa cautela dovrà avere la Regione, che certamente saprà fare bene, consapevole della sciocchezza commessa con l’istituzione improvvida dei Casali del Manco, che ha inguaiato i cittadini di cinque autentiche perle del territorio presilano, prossimo a Cosenza, lasciati a secco dei servizi pubblici e riferimenti istituzionali dei quali prima godevano ampiamente. Sarebbe infatti folle, in presenza – tra l’altro – di una proposta di legge (firmatari Sergio e Greco) che disciplinerebbe compiutamente la materia, giudicare immediatamente meritevole la fusione jonica, senza avere minimamente analizzato, con i rispettivi sindaci, i pro e i contro. Questi ultimi, l’uno più autocritico dell’altro rispetto alle antiche sollecitazioni, si sono resi ben consci delle difficoltà che ci sono nel deliberare subito la nascita della nuova città, senza avere preventivamente elaborato alcunché in termini di fattibilità e né tampoco tentato alcuna ipotesi di bilancio consolidato e di statuto. Lasciare in mano ad un Commissario «gringo» l’analisi e la soluzione dei bisogni finanziari, burocratici e programmatori sarebbe da irresponsabili!  
Quindi fare, in fretta e ovviamente male, vorrebbe dire dare di testa. Sembrerebbe  giustificato solo dall’aspettativa, nell’imminenza delle elezioni del prossimo 4 marzo, di approfittare dell’approfittabile in termini di esercizio delle clientele, nel senso di supporre che così facendo si riuscirebbe a godere dell’immaginifico tesoro costituito da coloro i quali hanno votato SI al referendum consultivo del 22 ottobre scorso.
È di questi giorni, tuttavia, la notizia della convocazione per il prossimo 16 gennaio, davanti alla Prima commissione Affari istituzionali del Consiglio regionale, dei due sindaci dei Comuni direttamente interessati dall’evento aggregativo, e dei due presidenti dei Consigli comunali, a suo tempo deliberanti l’impulso. 
Un evento che, allo stato dei fatti, è francamente incomprensibile tanto da suggerire qualche interessante interrogativo.
Ma su cosa dovrebbero essere auditi, vivaddio? È nota, infatti, a tutti la carenza di un progetto di fusione, integrato dallo studio di fattibilità, ma soprattutto l’assenza di una legge regionale capace di disciplinare compiutamente la materia del riordino territoriale. Un deficit, quest’ultimo, del quale è peraltro ben conscio il presidente convocatore, Franco Sergio, per essere il primo firmatario dell’anzidetta proposta di legge intesa a colmarlo, attese le critiche dallo stesso ben evidenziate in proposito nel corpo della relazione di accompagno al disegno di legge. 
Quindi nulla di nuovo sul quale doversi esprimere, a meno che – come sarebbe logico che fosse – non lo si pretenda in relazione alla compatibilità del procedimento legislativo di istituzione del nuovo comune con la proposta di legge Greco-Sergio all’esame del Consiglio regionale. 
Cosa dovrebbero dire, di conseguenza, in Commissione i due primi cittadini? E ancora, a cosa dovrebbe pervenire conseguentemente l’organo istruttorio regionale? Forse fare la stessa cosa avvenuta per l’istituzione del comune di Casali del Manco, che naviga nel nulla amministrativo assoluto a otto mesi dallo scioglimento di quei comuni che erano puntuali riferimenti delle loro rispettive cittadinanze?
La Regione, è bene ricordarlo, è tenuta a valutare attentamente la meritevolezza dell’iniziativa proposta dai Comuni e condivisa dai cittadini nel referendum consultivo. Non già a ratificare quanto appena accennato. Rischierebbe di creare danni irreparabili, dei quali qualcuno dovrà, comunque, pagare il conto. 

*docente Unical

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