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Siamo tutti chiamati a combattere la ‘ndrangheta

Negli ultimi mesi stiamo assistendo, con sempre maggiore frequenza, ad operazioni che portano allo scoperto la presenza pervasiva della ‘ndrangheta, in Calabria e non solo. Sta emergendo un quadro …

Pubblicato il: 15/01/2018 – 16:34
Siamo tutti chiamati a combattere la ‘ndrangheta

Negli ultimi mesi stiamo assistendo, con sempre maggiore frequenza, ad operazioni che portano allo scoperto la presenza pervasiva della ‘ndrangheta, in Calabria e non solo. Sta emergendo un quadro impressionante del fenomeno, che va ben oltre i confini regionali, non che non lo immaginassimo, tuttavia non riuscivamo a realizzare quanto fosse grave e ramificato in tutti gli strati della società, o forse volevamo credere che la situazione non fosse così pesante.
Le operazioni delle forze di polizia degli ultimi giorni, i processi aperti, sono una tempesta che sta travolgendo pezzi importanti della nostra società e ci fa sentire invivibile e persa questa nostra regione, eppure dobbiamo essere grati ad un tale sconquasso: ci costringe a prendere coscienza della situazione e, travolgendo anche pezzi di società che vive nelle istituzioni, che fa impresa, che è classe dirigente, ci mette di fronte alle nostre responsabilità, impone di chiederci cosa fare per arginare questa deriva, a partire dai nostri singoli ruoli.
I dati che stiamo apprendendo sono allarmanti  e, se siamo convinti, come ormai è chiaro a tutti, che la criminalità organizzata con i suoi affari e modi di fare sia uno dei motivi principali dell’arretratezza delle regioni in cui ha le sue basi, dobbiamo necessariamente sentirci impegnati in prima persona per ripristinare la legalità e l’agibilità democratica, sociale ed economica.
Senza legalità e giustizia non ci può essere sviluppo, se vogliamo sviluppo dobbiamo puntare sull’affermazione della legalità, e lo sviluppo  interessa alle forze economiche e sociali, dunque se ci sentiamo impegnati nel favorire lo sviluppo dobbiamo sostenere e favorire l’affermazione della legalità.
Non si può delegare alla magistratura, alle forze dell’ordine, alle associazioni impegnate nella lotta contro le mafie il compito di combattere una piaga tanto diffusa e confusa con la società, è necessario stringere un patto di lealtà tra tutte le componenti sociali di questa nostra terra, è interesse collettivo  rifiutare l’illegalità, le prevaricazioni, la ricerca di privilegi e di parzialità.
È una partita nella quale le forze economiche e sociali hanno un grande ruolo e che perciò dobbiamo giocare insieme, anche con scelte severe. Non è semplice ma nel tempo, si potranno emarginare quanti scelgono strade diverse, e produrre effetti benefici e cambiamenti.
Ci vuole coraggio e consapevolezza, non è un percorso agevole, ma senza questa presa di coscienza troviamo difficile uscire dalla situazione in cui siamo, senza un impegno diretto sarà difficile cambiare modi di fare consolidati e capaci di portare benefici a gruppi di interesse ormai potenti, tuttavia è possibile:  siamo forze aggreganti, mettere insieme in vista di uno scopo comune è la nostra ragione di essere, rappresentiamo gruppi il cui valore sta nella coesione.
Certo non abbiamo la capacità e la possibilità di individuare anche al nostro interno i comportamenti corretti e quelli scorretti, non è neppure il nostro ruolo, tuttavia possiamo darci delle regole a cui chiediamo di aderire e stigmatizzare i comportamenti distanti, possiamo dichiarare con chiarezza da che parte stiamo.
Si tratta di scegliere e restare coerenti.
Si prega di chiudere gli occhi diceva un sogno di freudiana memoria, è nel silenzio, cercato dalle mafie per confondersi nella società civile, per entrare nei salotti buoni della politica, dell’economia, della finanza, nel silenzio delle armi per non destare attenzioni, che si nasconde il pericolo che la criminalità organizzata entri con i suoi metodi in ogni sede decisionale e imponga una normalizzazione dello stato di cose, è il sonno della ragione ed è la tomba della crescita sociale, economica e culturale della nostra terra.
Al contrario pensiamo sia quanto mai necessario tenere gli occhi aperti, ribellarsi al comando della sottocultura mafiosa; chiudere gli occhi nei riguardi della criminalità organizzata significa pensare che sia impossibile da sconfiggere, che non è possibile distinguere il bene dal male, il buono dal cattivo, e dunque considerarla un male inevitabile. Questo non possiamo permettercelo.
Ciò non richiede di essere eroi, si tratta di rispettare le leggi, anche quando non sono comode né vantaggiose, e chiederne il rispetto, di agire nel proprio ruolo rifiutando posizioni di rendita e privilegio, di fare ognuno la propria parte per far vivere la legalità e, con essa, il buon vivere.
Se saremo capaci di tutto ciò allora potremo sconfiggere le mafie e contribuire a cambiare le sorti della Calabria.
È possibile che ciò avvenga quando siamo di fronte ad un crisi della rappresentanza e dell’associazionismo in favore della logica dell’ognuno per sé? Noi crediamo di sì, non assumersi l’onere di questa battaglia implica accettare di scomparire, alla criminalità fa comodo la dissoluzione di soggetti aggreganti, ha più potere sui singoli e diventa essa stessa unico soggetto aggregante e nessuno di noi può permetterselo.    

*presidente Legacoop Calabria

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