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«Pd, cercasi personalità in Calabria»

Nel Pd cercansi personalità attrattive, capaci non solo di capire ciò che leggono ma di possedere un curriculum culturale più che adeguato, ben voluti dalla collettività ma soprattutto qualificate …

Pubblicato il: 18/01/2018 – 9:11
«Pd, cercasi personalità in Calabria»

Nel Pd cercansi personalità attrattive, capaci non solo di capire ciò che leggono ma di possedere un curriculum culturale più che adeguato, ben voluti dalla collettività ma soprattutto qualificate a tal punto da raccogliere il guanto delle sfide lanciate dal centrodestra e dai grillini e batterli prendendo un voto in più di loro. Il tutto con facce nuove da quelle già viste, che non solo non attraggono alcuno ma che sono il triste esempio di quanto va male la Calabria.
Riusciranno i nostri eroi nell’intento? Non credo proprio, dal momento che sono tutti impegnati a conquistare una posizione di primato nelle proporzionali. L’uno contro l’altro armato per portare a casa una posizione blindata garante di un seggio a Montecitorio ovvero al Senato. 
Le previsioni della vigilia lasciano sperare ben poco. Ai dodici seggi uninominali gli avversari faranno cappotto, con una schiacciante prevalenza del centrodestra.
La domanda che ci si pone: si può fare qualcosa per attenuare una tale disfatta?  In Calabria, forse più che altrove, sarebbe occorso un attento lavoro preliminare inteso a cernere nella società civile i credibili, certamente dotati di quelle conoscenze tecniche sconosciute alla maggior parte dei soliti noti e di una storia politica e un impegno sociale che li distinguesse come portatori di una cultura di centro-sinistra, moderata e segnatamente progressista.
Solo a pensarci, con la semplice metodologia in uso della famiglia nel fare la lista degli invitati alle nozze dei figli, di siffatte figure ce ne sono tante, tantissime. Quasi tutte garanti di una attrattività del consenso, alcune finanche dotate di un fascino culturale seducente. 
Insomma, occorreva fare ciò che faceva in Calabria il vecchio Pci che decideva – da una parte – di importare politici di razza, esempi di storia politica vissuta nel partito e campioni di incasso (su tutti Pietro Ingrao), e – dall’altra – proporre all’elettorato i cosiddetti «indipendenti di sinistra», spesso mostri di cultura vissuta nella società e nelle università italiane (su tutti, Rosario Villari e Stefano Rodotà). Di tutto questo, meno del nulla. E dire che, prescindendo dalla sacralità dei personaggi cui si è appena fatto cenno, le occasioni ci sarebbero state e forse ci sono ancora. Basta guardarsi intorno con l’intelligenza e il fiuto del pescatore alla mosca portato a catturare l’esemplare per il solo gusto di rilasciarlo, poi, «nell’ambiente» ove lo stesso ha modo di esercitare molto bene il suo ruolo. Il problema è che, a fronte di una platea di «non pretendenti», esiste un Pd talmente fuori dalla società civile da non sapere neppure i tesori intellettuali che la Calabria possiede negli ambiti della storia, della creatività, del diritto, della economia, della tutela del territorio e così via. Un dramma, quello del distacco e della estraneità dalle cose che fanno la vita di tutti i giorni, non facilmente colmabile se non attraverso un atto di prepotenza del segretario Matteo Renzi che, piuttosto che propinarci la Maria Elena Boschi generando un totale disappunto, coopti nelle proprie fila quei campioni che ci sono ma che non si propongono. Una mossa, l’unica, che potrebbe essere quella vincente nel senso di dimostrare l’esistenza di un partito altrimenti destinato a morire ma anche la sua capacità di offrire ai calabresi la vera chance di scegliere tra i bravi e non tra chi non voterebbero mai più. Sarebbe il modo per portare a casa qualche seggio uninominale e dare alla Calabria un motivo in più per essere orgogliosi del proprio ceto dirigente e non vergognarsene (non di tutto ovviamente!). 

*docente Unical

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