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La Calabria di Lou Palanca sul Venerdì di Repubblica

Il prof Nicola Fiorita spera che sia «il romanzo della maturità». Di certo c’è dentro «un pezzo della storia recente della Calabria e non solo della Calabria». “A schema libero”, il romanzo del col…

Pubblicato il: 19/01/2018 – 14:53
La Calabria di Lou Palanca sul Venerdì di Repubblica

Il prof Nicola Fiorita spera che sia «il romanzo della maturità». Di certo c’è dentro «un pezzo della storia recente della Calabria e non solo della Calabria». “A schema libero”, il romanzo del collettivo Lou Palanca continua a far parlare di sé. E si guadagna due pagine sul Venerdì di Repubblica. Uno spazio affidato al racconto dello pseudonimo e dei perché di uno schema che ricalca, seppure da provenienze politiche e culturali diverse, quello dei più famosi Wu Ming. 
Palanca «a Catanzaro resta un idolo anche per i quindicenni» dice al Venerdì Valerio De Nardo, calabrese doc che dirige il Sistema delle biblioteche di Roma Capitale. I suoi compagni di viaggio nel collettivo di scrittura sono cinque, tre, due a seconda degli impegni e dell’ispirazione. Coltivano la memoria ma non si occupano di calcio e scrivono di Calabria. «La indagano con dedizione e talento – è la cronaca del settimanale –: Fabio Cuzzola è professore di liceo, Nicola Fiorita docente di diritto ecclesiastico, Maura Ranieri insegna diritto del lavoro. Sono intellettuali, hanno consuetudine con bibliografie e note a pie’ di pagina, ma quando scendono dalla cattedra e mettono i panni del bomber preferiscono la suspense e scrivono romanzi. Decisamente pop ma tutt’altro che di fantasia».
C’è modo di collegarsi a “Blocco 52”, il primo romanzo, quello che racconta la storia del comunista Luigi Silipo. Difendeva i braccianti, aveva in odio la speculazione edilizia e fu assassinato nel 1965, quando ancora non usava: «Silipo è il primo morto ammazzato di Catanzaro dal 1939» spiega Nicola Fiorita. «Eppure la sua vicenda si è come inabissata, non c’è un colpevole, non c’è un fascicolo processuale, non c’è nemmeno una targa che lo ricordi». Da qualche anno c’è un romanzo: «Me ne parlò a Firenze il nipote del magistrato che condusse l’inchiesta». La Calabria ha un problema con la memoria. E questo ci riporta allo “schema libero” e alle trame reggine. «Non si possono capire gli ultimi 40 anni di Calabria e di Italia se non si torna ai moti di Reggio, alla saldatura tra ‘ndrangheta, eversione fascista e servizi segreti deviati – dice Fiorita –». Il professore universitario non può fare a meno di notare come il racconto di quelle trame e delle storie che si incrociano sullo Stretto sia inquietante «perché molte di queste cose le sappiamo, sono cristallizzate in sentenze della magistratura, ma saperle non ha cambiato nulla, non ha cambiato le dinamiche della società calabrese». 
La cavalcata lungo quarant’anni di malastoria calabrese parte a Reggio, che nel 1970 brucia di rancore e al grido “boia chi molla” fa vacillare lo stesso ordine democratico: «La città era presidiata dai blindati» ricorda De Nardo al Venerdì. «E i carri armati ne rimasero fuori solo perché il presidente Saragat minacciò le dimissioni». E passa anche da Catanzaro,dove negli anni Settanta si celebra il processo per Piazza Fontana: «Attorno alla figura di Franco Freda si salda l’alleanza tra neofascisti, servizi deviati e ‘ndrangheta». Il principale imputato della strage di Milano ripara in Costa Rica, e agli amici mafiosi che lo aiutano a fuggire lascia una serie di musicassette zeppe di rivelazioni pronte a diventare ricatti. 
Il romanzo si apre con due macabre istantanee: nel 1970 cinque ragazzi anarchici muoiono in un incidente che sembra un’esecuzione; nel 2010 una funzionarla del Comune di Reggio Calabria, Orsola Fallara, si suicida dopo aver annunciato battaglia contro le accuse di malversazione che la coinvolgono assieme al sindaco Giuseppe Scopelliti. Un inizio, una fine, e in mezzo quattro decenni in cui sembra crescere solo la mafia. 

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