LAMEZIA TERME Può diventare un deputato del Pd oppure un consigliere regionale di Fi. È un renziano di fede berlusconiana, ma di confessione meloniana. Giacomo Mancini jr è un prototipo di politico ibrido: un forzista dem con tendenze fratelliste. Il nipote del “vecchio leone socialista”, Giacomo senior, e figlio dell’ex sindaco di Cosenza, Pietro, è il candidato su cui il Pd renziano punta per conquistare il collegio maggioritario di Cosenza.
Ma mentre sarà impegnato in campagna elettorale per permettere al centrosinistra di conquistare un seggio in un collegio considerato perdente da tutti i sondaggi – l’ultimo, di Euromedia Research, assegna al M5S una percentuale inclusa tra il 58 e il 40% e in ogni caso segnala il Pd in forte ritardo –, Mancini jr non potrà fare a meno di guardare con interesse a un partito (teoricamente) rivale, Fratelli d’Italia. Con i meloniani, alle prossime elezioni, sarà candidato l’ex forzista Fausto Orsomarso, che ha trovato un posto quasi blindato come capolista nel plurinominale Nord. Se il consigliere regionale dovesse infine ottenere un seggio alla Camera, la sua elezione produrrebbe effetti anche nel parlamentino calabrese. Al suo posto in Consiglio entrerebbe il primo dei non eletti della lista di Forza Italia nella circoscrizione nord. Di chi si tratta? Proprio di Giacomo Mancini jr. Che, alla prova dei fatti, in queste elezioni giocherà, consapevolmente o meno, su due tavoli: con il centrosinistra per Montecitorio e con il centrodestra per Palazzo Campanella.
Il collegio in cui corre Orsomarso include anche Cosenza: ogni singolo voto per la Camera dato ai meloniani, si tradurrà in un voto a lui. Chissà se il segretario Matteo Renzi e il suo plenipotenziario in Calabria, Ernesto Magorno, avranno calcolato queste variabili al momento di ratificare la candidatura di Mancini jr.
LE GIRAVOLTE La situazione che interessa il nipote dell’ex ministro della Sanità e dei Lavori pubblici è un caso più unico che raro. Ed è il risultato finale di una lunga “inquietudine” politica, che negli anni lo ha visto passare con disinvoltura da sinistra a destra, per poi approdare nuovamente a sinistra (ma in Consiglio tornerebbe sotto il vessillo berlusconiano).
La sua carriera, come da tradizione familiare, inizia con i socialisti. Nel ’99 viene eletto consigliere provinciale nel collegio del Savuto e riprende la pubblicazione de La parola socialista, foglio fondato nel 1905 dal bisnonno. Nel 2001 è deputato sotto le insegne dei Ds, in virtù dell’accordo federativo stipulato tra gli eredi del Pci e il Pse-Lista Mancini. Cinque anni dopo è rieletto alla Camera, ma stavolta con la Rosa nel pugno, la stessa formazione (dentro ci sono radicali, socialisti e liberali) che sostiene la sua candidatura a sindaco di Cosenza contro la “sinistra ufficiale” di Salvatore Perugini.
Nel 2008, la svolta: si ricandida al Parlamento con il Partito socialista ma non centra l’elezione. Il rapporto con il centrosinistra si incrina e nello stesso anno aderisce al neonato partito di Berlusconi, il Pdl. È questo passaggio che gli permette, nel 2010, di essere nominato assessore regionale esterno nella giunta di Giuseppe Scopelliti. Rimane nell’alveo del centrodestra anche nel 2014, quando si ricandida alle regionali con Forza Italia e arriva terzo, dietro Orsomarso ed Ennio Morrone. Quella lista è come una graduatoria di un concorso pubblico, è valida anche oggi. E se a Mancini jr dovesse andar male con Renzi, può sempre sperare di tornare in pista grazie a Berlusconi.
Pietro Bellantoni
p.bellantoni@corrierecal.it
x
x