Ultimo aggiornamento alle 23:04
Corriere della Calabria - Home

I nostri canali


Si legge in: 5 minuti
Cambia colore:
 

Emergenza migranti, un nuovo centro d'accoglienza nella Piana

SAN FERDINANDO Nuove tende per accogliere gli oltre 1.500 migranti rimasti senza casa dopo l’incendio che ha distrutto il ghetto di San Ferdinando e in prospettiva l’ipotesi di un nuovo centro di a…

Pubblicato il: 30/01/2018 – 15:26
Emergenza migranti, un nuovo centro d'accoglienza nella Piana

SAN FERDINANDO Nuove tende per accogliere gli oltre 1.500 migranti rimasti senza casa dopo l’incendio che ha distrutto il ghetto di San Ferdinando e in prospettiva l’ipotesi di un nuovo centro di accoglienza nella Piana di Gioia Tauro, ma fuori dalla zona Zes. Sono queste le soluzioni  proposte nel corso della riunione in Prefettura che oggi ha visto attorno al tavolo oltre al “padrone di casa”, il prefetto Michele di Bari, il governatore Mario Oliverio, il commissario straordinario per l’Area di San Ferdinando, Andrea Polichetti, il sindaco della città metropolitana di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà, quello di San Ferdinando, la Commissione straordinaria di Gioia Tauro, i vertici delle Forze dell’Ordine e delle procure di Reggio Calabria e Palmi, la protezione civile.

ANCORA TENDE “TEMPORANEE” «Nessuno può tirarsi fuori in un progetto in cui ci sono specifiche responsabilità», dice il prefetto. «La questione che si pone nell’immediato è come dare ristoro e ricovero a persone che hanno perso tutto», spiega il prefetto, che rivendica di aver già messo in piedi una tensostruttura in grado di ospitare circa 200 persone. «Una soluzione emergenziale», dice di Bari, aggiungendo che già a partire dal pomeriggio si cercheranno di individuare altre aree per mettere in piedi nuove tende.

UN NUOVO CENTRO DI ACCOGLIENZA NELLA PIANA «Per il futuro invece – aggiunge – si è discusso anche di realizzare un centro di accoglienza nell’area della Piana di Gioia Tauro, non nella zona di San Ferdinando perché ricade nella zona Zes». Una struttura che, nei piani della prefettura e degli altri rappresentanti istituzionali oggi chiamati a discutere della questione, dovrebbe essere in grado di accogliere circa duemila persone.

E L’ACCOGLIENZA DIFFUSA? E i progetti di accoglienza diffusa apparsi sulle carte dei protocolli via via firmati da circa due anni? «Non saranno messi da parte ma dovranno viaggiare di pari passo», afferma il prefetto. Allo studio ci sarebbe anche l’ipotesi di mettere a norma ed adeguare i tanti beni confiscati presenti nella Piana, i colloqui sarebbero in corso  ma tutto sarebbe ancora in itinere. Insomma, di concreto non c’è nulla.

SUPERARE IL GHETTO «Ma non partiamo dall’anno zero», rivendica di Bari, che insiste «l’obiettivo numero uno è superare e distruggere la baraccopoli, ma questo sarà possibile solo dopo aver individuato nuove aree per trasferire i migranti». Un progetto per il quale la Regione sembra essersi mostrata disponibile. «Quello di San Ferdinando è un lager. È disumano oggi mantenere quell’area nel nostro Paese e nella nostra regione – dice il governatore Mario Oliverio – Siamo disponibili a mettere in campo risorse per accompagnare i processi di integrazione e accoglienza diversa da quella praticata nel lager di San Ferdinando».

E SUL LUNGO PERIODO? In prospettiva però la Regione sembra, quanto meno nelle dichiarazioni ufficiali, ipotizzare modelli di accoglienza diversi dai centri di accoglienza di cui oggi si è discusso in prefettura. O almeno così ha detto Oliverio, che in una nota sostiene «Siamo di fronte ad un paradosso, siamo in presenza di un modello, come quello di Riace, che rischia di essere soffocato dalle impostazioni burocratiche, mentre poi cresce il campo di San Ferdinando. Burocrazia che va superata. Il sindaco di Riace – ha ricordato il governatore – mi ha confermato che la ragazza morta tragicamente qualche giorno fa a San Ferdinando, fino al cinque gennaio era a Riace. La spirale burocratica ha determinato la condizione per cui quella donna da Riace è finita a San Ferdinando. Non sarà stata questa la ragione della sua morte, però il dato di fondo è questo: praticare l’accoglienza significa avere una visione di sostegno alle realtà che l’accoglienza la praticano».

CAS ALL’ASCIUTTO Da mesi, il sindaco di Riace denuncia un vero e proprio «boicottaggio» nei suoi confronti. Secondo quanto ha più volte pubblicamente affermato, dal giugno 2016 a Riace non arrivano i fondi destinati ai centri di accoglienza straordinaria, molti dei quali sono stati anche costretti a chiudere. Incluso quello che ospitava Becky, la ragazza di 26 anni morta nell’incendio che ha distrutto la tendopoli. Secondo quanto filtrato oggi, quei fondi sarebbero stati sbloccati e dovrebbero essere a breve trasferiti. «Ma si tratta di una questione non direttamente connessa, perché l’utenza dei Cas è diversa dai migranti che adesso sono a san Ferdinando».

BUROCRAZIA PACHIDERMICA In realtà, stando almeno a quanto raccontano i ragazzi che nel ghetto ci vivono, non è proprio così. Molti di loro, pur vivendo da tempo altrove, sono regolarmente costretti a tornare in Calabria per rinnovare i documenti e a rimanerci fino a otto mesi prima di ottenere gli agognati pezzi di carta. «C’è stato un potenziamento del personale e i tempi sono stati affrettati. In passato – dice di Bari – c’è stato un problema di attese un po’ lunghe». Dati disponibili sul recupero dell’inevaso a quanto pare non ce ne sono, ma secondo il prefetto la situazione starebbe migliorando. Sempre in corso sarebbero anche gli annunciati servizi anticaporalato. «Sono state elevate sanzioni per oltre un milione e duecentomila euro» rivendica il prefetto. Ma i braccianti continuano a denunciare situazioni al limite della schiavitù nei campi.

AGGREDITA TROUPE Nel frattempo, nella baraccopoli in cui molti cercano di costruire come possono almeno un riparo per dormire, la tensione sale. La quotidianità complicata del ghetto è divenuta ai limiti della sopravvivenza dopo l’incendio, che ha distrutto case, baracche e portato via a molti quasi ogni loro avere. La tensostruttura allestita dalla prefettura ha potuto accogliere solo in minima parte gli ospiti e anche la cucina da campo non basta per sfamare tutti. Nel ghetto, la disperazione cresce, gli animi si scaldano. 
E in mattinata qualcuno ha perso il controllo. Così è avvenuto che una troupe di La7, composta da Dominella Trunfio e dall’operatore Franco Cufari, è stata aggredita da uno dei migranti ospiti del ghetto, che avrebbe tentato di scagliarsi contro di loro con un martello e di strappare loro la telecamera. A intervenire in soccorso dei giornalisti, un gruppo di migranti che ha permesso loro di scappare e rifugiarsi in auto. 

 

Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it

Argomenti
Categorie collegate

Corriere della Calabria - Notizie calabresi
Corriere delle Calabria è una testata giornalistica di News&Com S.r.l ©2012-. Tutti i diritti riservati.
P.IVA. 03199620794, Via del Mare, 65/3 S.Eufemia, Lamezia Terme (CZ)
Iscrizione tribunale di Lamezia Terme 5/2011 - Direttore responsabile Paola Militano
Effettua una ricerca sul Corriere delle Calabria
Design: cfweb

x

x