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«Politiche 2018 tra flop e “malpancismo”»

La campagna elettorale, man mano che si avvicina il giorno fatidico del voto, macina speranze e genera delusioni. Sugli entusiasmi di essere finalmente riusciti a divenire un designato potenziale p…

Pubblicato il: 05/02/2018 – 9:21
«Politiche 2018 tra flop e “malpancismo”»

La campagna elettorale, man mano che si avvicina il giorno fatidico del voto, macina speranze e genera delusioni. Sugli entusiasmi di essere finalmente riusciti a divenire un designato potenziale parlamentare, spesso intercedendo in ogni modo presso i maggiorenti dei partiti, prevalgono le prime amarezze. Sono in tanti ad accorgersi, ben frequentandola, di contare nell’opinione pubblica molto meno di quanto presumessero. Anche gli uscenti avvertono, per la prima volta, il tremore sulla loro pelle del possibile flop prendendo coscienza che i cittadini sono seccati delle vecchie facce. Di chi ha fatto poco o nulla per la nostra regione. 

IL VOTO «CONTRO» A PRESCIDERE A tutto questo si accompagna il voto contro il sistema dei partiti, che tuttavia non ci sono, retti da capetti egocentrici e arroganti. Alcuni viziati; altri maledettamente uguali.
Tutto questo, oramai in vigore da tempo, genera una ingiustificata crescita degli oppositori per convincimento. Di quelli che lo fanno contro il centrosinistra allo sbando, con un Renzi, alle corde e facile preda del dissenso diffuso, che è stato tanto bravo da tirarselo addosso, da ultimo, con le ingiustificate difese ad oltranza della Boschi. Di quelli che non ne possono più di Berlusconi, che ricorda sempre di più nell’immagine e nella conservazione estetica il grande Mao Zedong. Di quelli, ancora, che odiano Salvini, lepennista ad oltranza e xenofoba a prescindere, e di quegli altri che cominciano ad apprezzare la coerenza (di destra) della Meloni.

IL MALPANCISMO Un siffatto dissenso per la politica, meglio per quanto dalla stessa prodotto, è collaborato in Calabria da un No secco e dilagante verso Oliverio, «reo» di aver affossato la Regione, schiacciato la democrazia rappresentativa, tanto da perdere pezzi in Consiglio da mettere a rischio la tenuta della maggioranza, e non esaltato quel poco che c’era di una burocrazia efficiente.
La ciliegina sulla torta del malcontento è rappresentata dalle scelte degli uomini. Agli uninominali, impegnate le panchine, attesa la fuga dei migliori a causa dei partiti incapaci ad individuarli e convincerli. Tra questi qualche eccezione ovviamente, ma non sufficiente a promuovere il ceto politico, tradizionale nel peggio e inadatto al rinnovamento. 

GLI ERRORI E IL DISSENSO ORGANIZZATO Un grave errore è stato quello di non avere messo in capo nell’uninominale le eccellenze calabresi, vero motore del consenso attrattivo e, quindi, collaborativo del successo al proporzionale, atteso il divieto del voto disgiunto.
Un discorso a parte merita il dissenso organizzato, divenuto partito: il M5S. Come presumevo e scrivevo, una sostanziale conferma degli uscenti. Un partito-esercito, perché lo è diventato in tutto e per tutto, attrarrà spontaneamente il consenso dei contro per mero rigetto dell’alternativa. Un contro che è tanto, tantissimo, sì da ribaltare anche le previsioni della vigilia. Lo stesso andrà forte nel proporzionale e, quindi pedissequamente nel maggioritario.
Una incognita sarà “Liberi e Uguali” con candidature della sinistra consolidata e importanti presenze professionali capaci di strappare, rispettivamente, un seggio alla Camera e un altro (spero) al Senato, magari utilizzando il resto nazionale.

LA MORALIZZAZIONE DELLA POLITICA E L’ASSENZA DEI GRANDI IMPEGNI Formate le squadre alla meno peggio, si attendevano i programmi elettorali, principalmente quelli riguardanti l’istanza calabrese da trasformare in provvedimenti del futuro Parlamento, utili a generare gli strumenti del cambiamento. Di questi neppure l’ombra. Così come nessuno si preoccupa di come espellere concretamente la corruzione dalla PA e l’influenza della ‘ndrangheta nella vita pubblica, a cominciare da chiare dichiarazioni di rifiuto di ogni genere di supporto/apporto che la stessa possa avere modo di assicurare a partiti e candidati, così come fatto nel passato (Gratteri dixit et ri-dixit).   

SI PROFILANO «PROCESSI» DEL DOPO ELEZIONI A fronte di tutto questo si stanno preparando i capannelli del giudizio, i tribunali politici. I siti ove si festeggeranno gli eletti e quelli ove si celebreranno le minacciate rese dei conti. I primi apparterranno verosimilmente al centrodestra e ai grillini. I secondi saranno ad appannaggio del centrosinistra, perché allenato peggio della Nazionale di Gian Piero Ventura. Al riguardo, si leggono i primi segnali a cura di importanti protagonisti del progressismo calabrese, che francamente avrebbero meritato di più.
C’è attesa, dunque, dei risultati che saranno noti tra meno di un mese. Le previsioni si sprecano, invero questa volta più facili del solito: carniere pieno per il centrodestra; Cinquestelle con qualche seggio in più di quello accreditato; un Pd al palo del 15%, se gli va bene; “Liberi e Uguali” con risultato.
Il 5 di marzo si registrerà (ahinoi) una grande amarezza per il centrosinistra, la sinistra ovvero il progressismo che dir si voglia. Per il suo essere stato, in campo nazionale, masochista nel dividersi, incapace nell’individuare una guida non divisiva e di non avere saputo, a valle, imporre scelte diffusamente apprezzabili, fatte le dovute eccezioni. Si sa, gli errori si pagano! 

*docente Unical

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