REGGIO CALABRIA Contro le ingerenze della ‘ndrangheta in politica la magistratura può fare e fa. Ma tocca ai partiti prima e agli elettori poi, compiere una precisa scelta di campo. Più che un appello, è un monito quello lanciato oggi dal procuratore capo della Dna, Federico Cafiero de Raho, in vista delle prossime elezioni.
LE RESPONSABILITA’ DELLA POLITICA «Spetta alla politica effettuare la selezione – dice il procuratore nazionale, oggi nella città calabrese dello Stretto per la firma di un protocollo d’intesa in materia di indagini finalizzate all’applicazione di misure di prevenzione personali e patrimoniali –. Laddove nelle liste ci sono soggetti contigui o sospettati di contiguità o di collusione, è evidente che ci proiettiamo in un futuro che già di per sé ha evidenziato come uomini della politica siano stati al servizio delle mafie. La politica deve fare un controllo preventivo dei soggetti eleggibili».
E QUELLE DEGLI ELETTORI Un filtro che già in passato si è dimostrato poco efficace. «Laddove non c’è – ha sottolineato il procuratore – spetta all’elettorato fare una valutazione. Se l’elettorato si esprime in senso sanzionatorio andiamo verso un futuro migliore, se invece si esprime in senso diverso, è evidente che andiamo verso un futuro non roseo».
LO SCIOGLIMENTO SERVE MA NON BASTA Difficile fare previsioni. Di certo, lo scenario sul territorio appare tutt’altro che roseo, come confermano i dati relativi al numero delle amministrazioni sciolte per mafia. Uno strumento necessario, spiega il procuratore capo della Dna, ma dalla portata limitata. «Lo scioglimento di un consiglio comunale per condizionamento o infiltrazioni mafiose – dice Cafiero de Raho – non è altro che una conseguenza dell’inquinamento del territorio, ma non basta per modificare il territorio, che resta inquinato dalla presenza radicalizzata di gruppi mafiosi. E allora le successive elezioni, dopo il periodo di commissariamento, saranno elezioni nelle quali ancora quelle mafie continueranno a operare».
SOSTEGNO AI COMUNI REDUCI DA COMMISSARIAMENTI Per questo, propone il procuratore, una soluzione potrebbe essere trovata attraverso una struttura «prefettizia o di qualche altro tipo» che sostenga e aiuti le giunte, i sindaci e gli uffici. «Pensiamo ad esempio – chiarisce Cafiero – ad un controllo preventivo di legittimità degli atti, attraverso un monitoraggio delle attività», ma soprattutto, a «sostenere il Comune in un’azione che sia di piena legalità e, dove ci sono dei condizionamenti, continuare a portare delle azioni secondo legge, per evitare che la ‘ndrangheta possa deviare a proprio piacimento amministrativa».
PULIZIA IN TUTTE LE ISTITUZIONI Ma la bonifica, aggiunge il procuratore, non serve solo nelle stanze delle amministrazioni, ma all’interno di tutte le istituzioni. Negli anni le mafie sono state in grado di infiltrare tutte le istituzioni, hanno contaminato anche forze dell’ordine e magistratura. «In passato le indagini lo hanno dimostrato e oggi ne abbiamo conferma anche sotto il profilo della corruzione, che è il primo strumento che consente alle mafie di entrare nelle pubbliche amministrazioni», dice in riferimento all’indagine che ieri ha coinvolto magistrati e avvocati del Consiglio di Stato. «Quando ci sono fatti come questi, il cittadino non può avere fiducia. Allora è importante che si operi attraverso un’azione di bonifica all’interno di qualunque istituzione pubblica».
IL PROTOCOLLO Operazioni che possono essere tanto più efficaci, quanto più sono coordinate. Ed è questo il proposito del protocollo firmato oggi dal procuratore generale Bernardo Petralia, che ne è stato il promotore, dal procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo Federico Cafiero de Raho, dal procuratore distrettuale facente funzioni, Gaetano Paci, dal procuratore di Locri, Luigi D’Alessio e da quello di Palmi, Ottavio Sferlazza. Si tratta della formalizzazione di un “metodo di lavoro” teso ad evitare eventuali sovrapposizioni o duplicazioni fra procure nell’applicazione delle misure di prevenzione. «La riforma del codice antimafia e la rivisitazione del sistema di misure di prevenzione e soprattutto di chi deve proporle e gestisce – spiega il procuratore generale Bernardo Petralia – chiama a raccolta i procuratori circondariali e quelli del distretto. Questa è la ragione per cui abbiamo concepito e sottoscritto un protocollo che stabilisce i rapporti tra i procuratori che hanno il potere di proposta, che chiarisce come esercitare il potere di proposta, disciplinando rapporti e comunicazioni, sotto la supervisione del procuratore generale, cioè da parte mia, che in questo distretto rappresento tutti gli uffici requirenti, che rappresentano un tutt’uno in questo distretto e rappresentano un’unicità contro la ‘ndrangheta».
Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it
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