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“Alchemia”, assolto D'Agostino

REGGIO CALABRIA Per la Dda c’erano tutti gli elementi per affermare che l’ex vicepresidente del consiglio regionale Francesco D’Agostino fosse una testa di legno dei clan di Cittanova, per questo p…

Pubblicato il: 09/02/2018 – 14:41
“Alchemia”, assolto D'Agostino

REGGIO CALABRIA Per la Dda c’erano tutti gli elementi per affermare che l’ex vicepresidente del consiglio regionale Francesco D’Agostino fosse una testa di legno dei clan di Cittanova, per questo per lui aveva chiesto 3 anni di carcere. Ma la tesi non ha convinto il gup Olga Tarzia, che ha assolto con formula piena il politico, imputato nel procedimento con rito abbreviato scaturito dall’inchiesta “Alchemia”, che ha fatto luce sugli affari e i rapporti dei Raso Gullace, clan che insieme ai Parrello-Gagliostro, dopo gli anni delle faide, ha costruito un impero con testa nella Piana di Gioia Tauro e tentacoli imprenditoriali in tutto il Nord Italia. Una decisione in linea con quella del gip, che per D’Agostino aveva negato l’arresto chiesto dal pm Giulia Pantano al momento dell’esecuzione dell’ordinanza.

L’INDAGINE A indicare che l’azienda del “re dello Stocco” fosse cosa dei Gullace era stata Teresa Ostarteg, ex moglie di Vincenzo Mamone, parente degli uomini del clan. Proprio nel corso di chiacchierate di famiglia, la donna avrebbe appreso che l’azienda sarebbe stata di proprietà di Francesco Gullace, fratello di quel Ninetto Gullace che gli inquirenti considerano punto di riferimento della ‘ndrangheta in Liguria. A conferma di tale tesi però inquirenti e investigatori hanno individuato solo alcune conversazioni fra le sorelle Luciana e Mimma Politi, che avrebbero attribuito a Carmelo Gullace la decisione di far allontanare Jimmy Giovinazzo dalla Calabria per far «stare più tranquillo quello dello Stocco». Fra gli elementi valorizzati dagli inquirenti poi, c’erano anche le telefonate che Antonio Scullari, cugino di D’Agostino, ha più volte fatto a Giovinazzo, dall’utenza dell’impresa, come il fatto che Mommo Raso si potesse rifornire gratuitamente di stoccafisso in uno dei negozi di D’Agostino. Elementi non decisivi per il gip che all’epoca ha negato la misura cautelare chiesta per il politico «essendo dalle indagini emersa una immanente accessibilità all’azienda da parte degli indagati, leggibile piuttosto attraverso la contestualizzazione dell’attività aziendale esercitata in territori nei quali, nulla si muove ed alcuna iniziativa si intraprende senza il controllo delle cosche ivi imperanti che, anche nel corso della gestione delle imprese, non lesinano di atteggiarsi a “padroni” della stessa, le cui prestazioni e partecipazione sono gratuitamente dovute, in forza di un genetico compromesso».

D’AGOSTINO: LA MIA STORIA HA VINTO CONTRO OGNI ACCUSA «Oggi giustizia è stata fatta – ha affermato in un comunicato stampa Francesco D’Agostino –. Per me si chiude una parentesi orribile, che mi ha visto accusato di un reato gravissimo quanto inconciliabile con la mia attività imprenditoriale e con la mia condotta di vita. Dal 19 luglio del 2016 ho atteso questo giorno, riponendo la massima fiducia nella Magistratura, nella certezza che la verità sarebbe affiorata cristallina davanti all’analisi attenta della Giustizia. E così è stato. Oltre vent’anni di attività aziendale di altissimo profilo e quasi altrettanti di impegno politico genuino erano stati messi in discussione, anche con modalità che hanno ferito me, la mia famiglia, i miei collaboratori e tutta la gente che ha sempre creduto nel mio operato». «Adesso si apre una nuova fase, nonostante le profonde ferite che non potranno mai essere cancellate. Intendo ringraziare i miei avvocati Giovanni Marafioti del Foro di Vibo Valentia e Guido Contenstabile del Foro di Palmi – ha proseguito Francesco D’Agostino – per la loro professionalità e la loro umanità. Ringrazio quanti mi sono stati accanto in questa fase difficile, la mia famiglia, i miei amici, i miei collaboratori che da anni contribuiscono alla crescita dell’azienda Stocco&Stocco. Ringrazio il gruppo politico “A Testa Alta”, in tutte le sue componenti, per il supporto incessante profuso in questo ultimo anno e mezzo. Nel momento delle accuse infamanti ho percepito la vicinanza e la solidarietà di tante persone per bene, e questo mi ha dato la forza per andare avanti. Nei prossimi giorni, a mente fredda, convocherò una conferenza stampa unitamente ai miei legali. Oggi – ha concluso – giustizia è stata fatta. La mia storia ha vinto contro ogni accusa».

LE ALTRE ASSOLUZIONI Cadono tutte le accuse «perché il fatto non sussiste» anche per i due funzionari della commissione tributaria Annunziato Vazzana e Salvatore Mazzei, accusati di essersi fatti corrompere da Girolamo Giovinazzo, detto Jimmy, imprenditore al servizio del clan Gullace, che secondo l’accusa grazie ai due sarebbe riuscito a volgere a proprio favore alcune controversie tributarie. Ma sono stati assolti anche Giuseppe Raso, conosciuto come “l’avvocaticchio”, accusato di associazione mafiosa, Marco Parrello e Luigi Taiano.

LE CONDANNE Al netto della diminuente di un terzo della pena prevista dal rito, sono invece pesanti le condanne disposte dal gup. A 8 anni e 8 mesi sono stati condannati Fabrizio Accame e Adolfo Barone, mentre è di 8 anni la condanna disposta per Pietro Giovanni Barone, Massimiliano Corsetti, Pietro Pirrello e Antonio Raso (cl.88). Tutti quanti sono stati interdetti in via perpetua dai pubblici uffici.

PROVVISIONALE Gli imputati condannati sono anche stati condannati anche a risarcire le parti civili – Comune di Palmi, FAI (Federazione Italiana Antiracket), ANVU (Associazione Nazionale Vittime Usura Estorsione e Racket), Casa della cultura e della legalità di Genova, Cooperativa Zomaro Resort e Cento Antonio – secondo la quota che verrà disposta del giudice civile, al pagamento di 30mila euro di provvisionale e delle spese processuali.

Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it

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