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«Il tema dei debiti sovrani non può essere nazionale»

Il «Paese dei numeri in negativo», del quale occuparsi anche in campagna elettorale, è afflitto da due grandi problemi: il contenimento del deficit, a fronte della necessità di investire produttiva…

Pubblicato il: 09/02/2018 – 10:03
«Il tema dei debiti sovrani non può essere nazionale»

Il «Paese dei numeri in negativo», del quale occuparsi anche in campagna elettorale, è afflitto da due grandi problemi: il contenimento del deficit, a fronte della necessità di investire produttivamente pena l’immobilizzo recessivo, e il rientro del debito pubblico. 
Al primo occorre mettere riparo con la negoziazione politica diretta da perfezionare a livello comunitario, al lordo delle minacciose clausole di salvaguardia. 
Quello dei debiti sovrani non si limita ad assumere una dimensione nazionale. Quando il suo eccesso provoca un disequilibrio incolmabile tra i diritti sociali fondamentali dei popoli europei occorre pensare ad formalizzare una «manifestazione di crisi». Al riguardo, è infatti prevista (art. 136 Tfue) l’adozione di misure del Consiglio europeo, da valere per i Paesi euro, intese a rafforzare il coordinamento e la sorveglianza delle politiche di bilancio nonché ad orientare le politiche economiche in simbiosi con le scelte dell’Ue.
Con decisione n. 199 del Consiglio del 25 marzo 2011 si è introdotto il «Meccanismo di stabilità» della zona euro per fronteggiare le situazioni finanziarie nazionali molto precarie, singolarmente non risolvibili. Un siffatto strumento di stabilità fu contestato nella controversia intentata da Pringle conto l’Irlanda. Un contenzioso che registrò, tuttavia, una decisione favorevole della Corte di Giustizia, adita in via pregiudiziale, con consequenziale riconosciuta vitalità del meccanismo, che prevede strumenti di assistenza finanziaria particolarmente condizionati. Dunque, una buona chance in essere!

Come funziona. Il Trattato sul Meccanismo europeo di stabilità prevede (art. 13) che il Consiglio dei governatori valuti la sussistenza del rischio di instabilità finanziaria dell’eurozona o di uno stato membro, la sostenibilità del debito pubblico e l’attuale o potenziale bisogno di finanziamento. In un apposito memorandum d’intesa sono definite le scelte strategiche adeguate a porre al riparo lo Stato in crisi da futuri shock finanziari, stabilizzandone le finanze pubbliche indispensabili per riconquistare la sufficienza finanziaria. 
Tale soluzione ha lasciato pensare ad una apertura verso la solidarietà tra i popoli europei e ad una svolta dalla cosiddetta comunità di stabilità. Sennonché, essa assume una logica di scambio contrattuale secondo la quale si vuole assicurare al «creditore» la sostenibilità del dovuto ad opera del «debitore». Non vi è, difatti, alcuna attenzione alla funzione di progresso sociale dello strumento posto in essere. L’istituito Meccanismo europeo di stabilità, quale organizzazione erogante prestiti, opera con le leggi economiche disciplinanti l’anzidetto scambio contrattuale, non necessariamente coincidente con fini sociali. Proprio per questo funziona come fondo finanziario da impiegare in prestiti trentennali, in acquisto di bond nazionali, in ricapitalizzazioni di banche o istituzioni finanziarie. A buon intenditore, trattasi di uno strumento prettamente finanziario che interviene esclusivamente sulla situazione emergenziale valutando la condizione di affidabilità e di merito creditizio dello Stato in difficoltà. Così non risolve affatto il debito pregresso sebbene funzionale al pareggio di bilancio, perché si limita ad intervenire sugli effetti della crisi ma non sulle cause che la determinano.  Con questo nulla ha prodotto sulle crisi finanziarie derivante dal credit crunch, dovuta all’abuso dei mutui subprime, che hanno devastato le economie dei Paesi europei. Grecia, Portogallo, Cipro e Spagna che comunque si sono avvalsi del suo intervento. 
La soluzione del debito pubblico è funzionale alle politiche economiche di crescita e alla stabilità dei prezzi per cui richiede misure sistemiche. Il suo operare anche nei rapporti verticali grava indirettamente sui debitori con conseguente depauperamento dei diritti sociali. Ovviamente, sul parametro debito/PIL interviene positivamente la crescita, così come sul saldo debitorio incidono in diminutio anche i crediti derivanti dal patrimonio collettivo, di guisa inciso positivamente dall’accumulo del risparmio e del suo investimento.
Tenuto conto di tutto questo, occorre che i partiti si impegnino in una corretta campagna elettorale e i cittadini decidano per l’influenza che il successivo Governo debba a spendere a che le cose cambino nell’Ue. Che l’Esecutivo si impegni in un intervento funzionale a prevenire e rimuovere le cause delle crisi con interventi strutturali a diretto beneficio degli Sati membri, Italia e Mezzogiorno in primis.

* docente UniCal

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