Ernesto Gali della Loggia a me non piace. Almeno non sempre. Certe volte dà l’impressione di scrivere per sé stesso e non per chi vuole e deve leggerlo. Forse non gliene importa molto. L’importante è esserci. Ed essere sulla prima pagina del Corriere della Sera, con la firma dell’editoriale. L’ultima volta, qualche giorno fa, a dire il vero ha suscitato molto interesse. Mi è piaciuto anche perché, finalmente, ha parlato ai lettori. Non sarà stato – sicuramente – di gradimento di politici e di segretari di partito, fortemente sferzati per i loro recenti atteggiamenti. Perché leader riconosciuti – spesso apprezzati, quanto meno da iscritti e simpatizzanti – si sono voluti sottoporre, consapevolmente o inconsapevolmente, ad un fuoco di fila di critiche e dimostrazioni di rigetto, da parte dell’opinione pubblica? Questo non si riesce a capirlo. Non si sarebbe potuto fare diversamente? Era proprio necessario fare interminabili e contestate riunioni per decidere candidati e collegi? Litigare fino all’inverosimile per un posto al sole (lo sarà?). Chiudendo le porte ai giornalisti, lasciati a bivaccare a Milano e a Roma in attesa dell’”habemus papam”? Tutto documentato da giornali e televisioni che hanno, puntualmente, riferito a lettori e telespettatori.
Si rendevano conto che sarebbero finiti in prima pagina o in apertura di Tg, e non per decisioni che sarebbero state di scarso interesse dei cittadini ? O il loro gioco valeva comunque la loro candela ? «Cosa abbiamo fatto per meritarci tutto questo?», si è chiesto Della Loggia. Riconoscendo l’ingenuità della domanda, l’editorialista in questione ha sottolineato come la preoccupazione di quelli che chiama capi partito sia stata quella di scegliere candidati al Parlamento di provata fede (camerieri, obiettivamente esagerato assai) spesso sconosciuti ed insignificanti. A loro è stato affidato un programma «utopico-demenziale» fatto, tra l’altro, di bonus, pensioni e sussidi. È mancato, secondo Galli della Loggia, «un chilo di pasta, gratis, a testa». Con ciò, facendo venire in mente il comandante Lauro che, a Napoli e nel Mezzogiorno la pasta la regalava davvero e, per di più, accompagnata da una scarpa sola. L’altra sarebbe stata consegnata a risultati proclamati. Insomma, secondo l’editorialista del più importante quotidiano nazionale, veramente troppo duro, si sarebbe trattato di non mettere nel conto – diciamola così – l’intelligenza degli elettori. Non avrebbero potuto seguire, mi chiedo, una strada diversa? Pur arrivando, probabilmente, allo stesso risultato, non c’erano metodi meno litigiosi? Non si potevano evitare sceneggiate “alla napoletana” sotto gli occhi di tutti? Era necessario arrivare all’ultimo momento, quando – si sa – l’attenzione aumenta? E, di conseguenza evitare anche la cattiva figura che potrebbe portare, speriamo di no, al non voto, visto che il metodo scelto per la selezione riguarda tutti i partiti, o quasi? Nel comportamento dei leader, dunque, ci sarebbe stato il classico “io son io, e voi non siete un….”, (Marchese del Grillo, docet). Noi non c’entriamo, come cittadini? Della Loggia, l’interrogativo se lo pone, giustamente. Conoscendo uomini e cose, è del parere che abbiamo grandi responsabilità. Ci siamo sempre girati dall’altra parte, non abbiamo mai «messo un dito nell’acqua fredda», non abbiamo mai partecipato ad un dibattito, ad una decisione.
Anzi, la politica, abbiamo sempre detto, è una cosa sporca (e non è punto vero!) salvo poi chiedere il nostro favore quotidiano. “Dacci oggi il nostro pane quotidiano” abbiamo recitato il Pater noster, ma non al buon Dio, ma al nostro deputato o al nostro senatore. Ed ecco che il professore-editorialista parla di degrado complessivo, di deterioramento del tessuto civile del Paese. È così. E giù una lunga serie di motivazioni. A scuola non ci andiamo, e se andiamo picchiamo i professori e non i nostri figli, le università languono rispetto al passato, le biblioteche sono scarsamente frequentate, i cinema e le librerie chiudono nell’indifferenza (o accondiscendenza) generale (vedi Reggio Calabria e Cosenza e le considerazioni su Facebook, dell’avvocato Mara Paone), i giornali sono destinati al fallimento: leggiamo assai poco. Di contro, ed è vero, la nostra scansione del tempo è dettata dall’I-phone e, quindi, da facebook o da instagram. E non è finita. Critichiamo e giustamente. Della Loggia, però, ci ricorda la corruzione imperante, il costo eccessivo delle opere pubbliche, le pensioni di invalidità, assai spesso, false. E la legalità ci appartiene? E quanto costano le assicurazioni- auto al Sud, rispetto al Nord? E perché? Quante altre cose si potrebbero aggiungere a nostro demerito! Siamo sempre pronti a dire che da noi “tutto fa schifo, povera Italia!”. Non abbiamo colpe? Cosa abbiamo fatto – prima – anche per evitare i metodi e i nomi scelti per le candidature? Assolutamente nulla. Non guardiamo mai la nostra trave, ma solo le pagliuzze- pur grandi- negli occhi degli altri. Non si può avere una mano corta ed una lunga. Non si può chiedere senza dare. «Questo Paese non si salverà se non daremo vita ad una stagione dei doveri». Lo diceva Aldo Moro, e scusate se è poco!
*giornalista
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