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Al Teatro dell’Acquario torna Matrioska

COSENZA Al Teatro dell’Acquario torna Matrioska Teatro, la rassegna (realizzata in collaborazione con Il Filo di Sophia) itinerante tra Cosenza e Lamezia che, a solo un anno e mezzo di vita, ha già…

Pubblicato il: 14/02/2018 – 11:38
Al Teatro dell’Acquario torna Matrioska

COSENZA Al Teatro dell’Acquario torna Matrioska Teatro, la rassegna (realizzata in collaborazione con Il Filo di Sophia) itinerante tra Cosenza e Lamezia che, a solo un anno e mezzo di vita, ha già proposto oltre venti spettacoli con compagnie provenienti da tutta Italia. Il 15 febbraio alle 21 Matrioska ospiterà “La nostra ultima prima cena”, lo spettacolo diretto da Gianluca Vetromilo con Achille Iera. Dopo aver debuttato come primo studio lo scorso anno per la rassegna diretta da Armando Canzonieri al Cafè Retrò di Lamezia Terme, la pièce arriva a Cosenza per la prima volta sul palcoscenico dell’Acquario.
“La nostra ultima prima cena” è la storia di un giovane ragazzo qualunque alle prese con la vita e con l’amore. Ma può il luogo in cui viviamo condizionare drasticamente o addirittura determinare la nostra vita, il nostro essere, il nostro “modus pensandi” e, di conseguenza, il nostro modus operandi? Fino a che punto siamo liberi di essere felici? Domande in cui si imbatte un ragazzo alle prese con l’amore. La timidezza dei primi sguardi, il primo bacio, le piccole attenzioni, azioni incastrate nel destino di un quartiere popolare di una cittadina del Sud.
Un debutto nel debutto, lo spettacolo vedrà infatti Gianluca Vetromilo per la prima volta nei panni di regista. Attore ed artista poliedrico, appassionato alle tecniche di spettacolo di strada, Vetromilo è fondatore e direttore artistico della compagnia “Nuncepace. Artisti di Strada”. Per il Teatro Ragazzi ha scritto, diretto e interpretato, insieme a Marco Rialti, lo spettacolo di clownerie “Migni mogni”. È attore protagonista in “Patres” di Saverio Tavano, prodotto da Scenari Visibili, e attore ne “L’incidente. Io sono già stato morto” scritto e diretto da Francesco Aiello e prodotto dalla compagnia Teatro RossoSimona. Collabora con diverse realtà teatrali e ha dato vita, insieme ad Achille Iera, a MammuT Teatro, compagnia impegnata in diversi laboratori, che conta al suo attivo tre produzioni: “Capuccetto Rosso. La rivincita del lupo”, spettacolo di teatro ragazzi, “La Porta” e “La nostra ultima prima cena” (ancora in fase di studio).
Compagno di viaggio anche in questo spettacolo è Achille Iera, attore, regista e formatore teatrale. Iera collabora con le associazioni “Nastro di Mobius”, “Capusutta” e “Nuncepace”. Attore de “La marcia lunga”, spettacolo di Saverio Tavano, con cui si aggiudica una menzione speciale al Premio Scintille 2015, e con il regista Mario Vitale come attore nei cortometraggi “Il tuffo” e “Al giorno d’oggi il lavoro te lo devi inventare”. Si occupa di formazione teatrale presso la Nadd Academy di Lamezia Terme e collabora con il Teatro delle Albe di Ravenna come guida del laboratorio teatrale “Capusutta”.

LA STORIA DI UN DISAGIO QUALUNQUE «È la storia di un uomo comune, un qualunque ragazzo – spiega Vetromilo – nato e cresciuto in questa terra, che racconta il disagio di vivere in questo luogo e di come il luogo che abita, un piccolo sobborgo di una cittadina del Sud, può fortemente influenzare la sua vita e il suo pensiero. Una persona fragile che cerca invano di confrontarsi con il mondo esterno perché influenzato da quelli che sono i pensieri comuni, la cultura di quel posto. Un animo sensibile e delicato circondato dal grigiore del suo quartiere: è questo il suo disagio, il suo sentirsi diverso in un micro mondo che non gli appartiene. Il contesto sociale crea in lui un male di vivere, da cui forse sarà possibile salvarsi. Anche l’impossibilità di vivere una semplice e banale relazione d’amore adolescenziale diventa un macigno insopportabile. Lui non è altro che l’erede del dramma di questa terra».
Secondo Iera “La nostra ultima prima cena” «è una storia qualunque e proprio per questo può riguardare tutti. Affronta dei temi immortali, io – aggiunge – volevo parlare d’amore in questo spettacolo e Gianluca ha colto questo mio desiderio. Siamo entrambi giunti ad un punto comune: l’amore che ti ricordi di più è quello che va a finire male, almeno questa era la regola di quando io avevo 15 anni. Parla anche di tanto altro, di storie brutali che accadono praticamente nella casa affianco alla tua e tu non riesci quasi a concepirlo, a rendertene conto. Questa è un’altra sottotraccia su cui si muove la drammaturgia e lo spettacolo. È una storia forte – conclude Iera – perché, paradossalmente, il protagonista in scena sembra quasi non essere il vero protagonista, è tutt’altro: lo rendiamo quasi funzionale al racconto di un’altra storia, una storia brutale a tal punto da aver deciso, insieme a Gianluca, di non raccontarla in maniera diretta».  

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