MARZI Sindaco e parroco di Marzi dovranno rimettere a posto l’ingresso della chiesa di Santa Barbara. Per restituirlo ai cittadini esattamente come era prima che decidessero di “cementificarlo” senza autorizzazione. La nota spedita dalla Soprintendenza alle belle arti di Cosenza è una mazzata per Rodolfo Aiello (il primo cittadino) e don Salvatore Altomare. I due, quanto di più distante dal cliché di Peppone e don Camillo, avrebbero commesso insieme un abuso risultato evidente dopo il sopralluogo dei tecnici. Cosa è successo? Nei mesi scorsi davanti alla chiesa – un piccolo tesoro nascosto nel Savuto – è stata realizzata una rampa per garantire l’accesso ai disabili (che fanno, comunque, una certa fatica a utilizzarla per via delle dimensioni che non garantiscono un accesso semplice alle carrozzine). Una colata di cemento che non ha nulla a che fare con lo stile neoclassico della facciata. Un cittadino, sdegnato, ha denunciato tutto alla Soprintendenza. Che, nei giorni scorsi, ha recapitato al Comune il proprio verdetto. «Per quanto emerso nel corso del sopralluogo congiunto con il Nucleo tutela del patrimonio culturale di Cosenza, visti gli atti d’ufficio, i lavori di cui sopra sono stati eseguiti privi di autorizzazione, su un immobile tutelato ope legis di proprietà della Curia arcivescovile di Cosenza-Bisignano». Parole che mettono una pietra tombale sulla vicenda. Quella rampa – oltre che un pugno in un occhio – è irregolare, non dovrebbe esistere. Ma non finisce qui. Perché adesso qualcuno dovrà rimuovere l’abuso e «nell’attuazione delle procedure di legge (…) si ordina all’autore dell’abuso, identificato nella persona del sindaco pro-tempore del Comune di Marzi, Rodolfo Aiello e del reverendo don Salvatore Altomare, parroco della chiesa di Santa Barbara in Marzi, di produrre (…) progetto a firma di un architetto per la messa in pristino dello stato originario dell’opera, lavori che andranno successivamente affidati a un’impresa che abbia i requisiti di legge nel settore dei beni culturali, tutto a loro spese». Chi sbaglia, a volte, paga di tasca propria. I piccoli tesori di provincia sarebbe meglio lasciarli in pace.
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