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«Quando sarà grande digli che gli ho voluto bene»

COSENZA «Quando si farà grande digli che gli ho voluto un bene dell’anima». Con queste parole Marcello Gigliotti si sarebbe congedato dalla moglie Pileria Taranto, di appena diciotto anni, e da suo…

Pubblicato il: 16/02/2018 – 15:12
«Quando sarà grande digli che gli ho voluto bene»

COSENZA «Quando si farà grande digli che gli ho voluto un bene dell’anima». Con queste parole Marcello Gigliotti si sarebbe congedato dalla moglie Pileria Taranto, di appena diciotto anni, e da suo figlio nato da due anni, gli stessi di matrimonio. Era il 2 febbraio del 1986. Una settimana dopo i corpi di Marcello Gigliotti e Francesco Lenti vengono ritrovati privi di vita. A Cosenza il 1985 è ricordato come quello della guerra tra i clan, ma raggiunta la pace il duplice omicidio dei due uomini che appartenevano al sodalizio criminale tenuto insieme da Pino e Sena, scuote gli animi. Sono passati trentadue anni e il pm della Dda di Catanzaro Camillo Falvo mentre interroga la moglie di Gigliotti non può fare a meno di riprendere i verbali battuti con la macchina da scrivere. E in questi anni di cose ne sono successe: il pentimento di Franco Pino, molti arresti. Condanne e capi d’imputazione come quelli per Francesco Patitucci, lo stesso Franco Pino, Gianfranco Bruni e Gianfranco Ruà. Gli ultimi due per il duplice omicidio Lenti-Gigliotti sono stati già condannati a trent’anni di reclusione con rito abbreviato, Patitucci e Pino aspettano gli esiti con rito ordinario. A giudicarli sarà la corte d’Assise del tribunale di Cosenza presieduta dal giudice Garofalo con a latere la collega Gallo. Il collegio è completato dai giudici popolari.

MIO MARITO «Dopo aver salutato in modo cosi solenne nostro figlio – dice Pileria Taranto – non ho più rivisto Marcello. Mi aveva accompagnato con la macchina da mia madre che da fine gennaio era ricoverata». La moglie di Gigliotti cerca di ricostruire la relazione con il marito. «Ci siamo sposati che avevo appena sedici anni – aggiunge – il nostro matrimonio è durato poco e molti degli amici di mio marito li conoscevo solo per il nome che portavano, all’epoca facevano notizia». Al centro delle domande dell’accusa l’appuntamento a cui Lenti e Gigliotti avrebbero potuto partecipare a casa di Francesco Patitucci. «Mi disse che andava a casa di Francesco Patitucci perché avevano fatto il maiale. Però poi non so se sia andato effettivamente lì, percepivo dai suoi atteggiamenti che era molto turbato». Passati i due giorni di assenza, la giovane donna denunciò la scomparsa del marito al capo della mobile di Cosenza, Nicola Calipari, lo stesso che anni dopo sarebbe morto in Iraq dopo aver portato in salvo la cronista del Manifesto Luciana Sgrena. «Di notte, quando ormai non c’erano tracce di mio marito, ricevevo chiamate anonime e sentivo persone ridere. Quando mio marito è scomparso – riferisce la donna alla corte – sono andata a casa dei genitori di Francesco Lenti che mi hanno detto come non fossero andati da Patitucci, ma a me aveva detto diversamente».

LE REGISTRAZIONI Lenti e Gigliotti, una coppia. I due erano inseparabili e così come la vita hanno condiviso il destino. Nei ricordi di chi al banco dei testimoni racconta quei freddi giorni di febbraio c’è il bianco della neve. Adesso sono tutti anziani. «Marcello era ossessionato e registrava tutto. Stava vivendo un periodo in cui non si fidava di nessuno, registrava a volte anche me», racconta la moglie. In una di queste cassette registrate Marcello Gigliotti avrebbe chiesto all’amico Francesco Lenti come mai portasse sempre con lui Gianfranco Bruni, all’epoca soprannominato “u tupinaru”. L’amico avrebbe risposto che lo faceva solo perché era solo. Insieme a Lenti e Gigliotti stavano sempre anche Michele Lorenzo, che morì lo stesso anno, poco prima dei suoi amici, e Antonio De Rose, che poi divenne collaboratore di giustizia. A fine mese i difensori di Patitucci e i legali di Manna procederanno al controesame del testimone.

Michele Presta
redazione@corrierecal.it

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