All’epoca – era l’agosto del 2017 – fu tra i governatori che si schierarono contro le trivellazioni in mare. Non solo a parole, perché la Calabria guidata da Mario Oliverio, così come le Regioni Basilicata, Puglia, Abruzzo, Marche e Veneto, aveva fatto ricorso al Tar del Lazio contro i Ministeri dello Sviluppo Economico, dell’Ambiente e dei Beni Culturali, e nei confronti della compagnia americana Global Med, per l’annullamento di due distinti decreti con cui il Mise ha accordato il permesso di cercare gas e petrolio nel mar Jonio, in un’area di circa 1.500 kmq nell’off shore della provincia di Crotone. Il Tribunale amministrativo ha però respinto il ricorso, nel novembre scorso, decretandolo «irricevibile ed infondato». Contro questa sentenza la Regione Calabria «ha la possibilità di proporre appello dinanzi al Consiglio di Stato entro il termine del 27 maggio 2018, sempre che nel frattempo la sentenza del Tar Lazio non sia stata notificata, nel qual caso il termine sarebbe di 60 giorni dalla notifica. I cittadini possono sapere se i termini per proporre il ricorso sono scaduti? Si possono ancora fidare delle istituzioni?». A porre queste domande sono il Coordinamento nazionale No Triv e la Rete autonoma per Sibaritide e Pollino per l’autotutela (Raspa), che in una nota spiegano: «Per le vie informali, le strutture territoriali del Coordinamento Nazionale No Triv hanno già da tempo sollecitato più volte la Regione a muovere passi concreti e immediati contro le pretese di Global Med e gli atti del Mise. Ad oggi, tuttavia, non si registrano né prese di posizioni ufficiali da parte del presidente Oliverio, né fatti concreti che autorizzino a pensare che la Regione intenda far sul serio. I precedenti non giocano certamente a favore della comunità calabrese: basta leggere le motivazioni della sentenza del Tar Lazio per capirlo. Dei tre motivi addotti dal Tar per respingere il ricorso, due appaiono, infatti, fondati. Ci si chiede – si legge nella nota – come sia stato possibile averli citati nel ricorso quando anche un avvocato in erba sa bene che per progetti “petroliferi” in mare la legge non prevede alcuna Intesa tra Stato e Regione, e che per far valere questioni più strettamente ambientali si sarebbe dovuto ricorrere contro i decreti di compatibilità ambientale».
Ma non è tutto: «Global Med – rivelano gli attivisti – è in attesa di ottenere un terzo permesso di ricerca (istanza denominata “d 87 F.R-.GM”), sempre nello Ionio, in un’area contigua alle due oggetto dei permessi “F.R 41.GM” e “F.R 42.GM”. Il Ministero dell’Ambiente si è già pronunciato a favore della compatibilità ambientale del terzo progetto con Decreto pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 3 ottobre 2017, contro cui la Giunta si è ben guardata dal proporre ricorso anche grazie alla disattenzione di tutte le forze politiche. Il Coordinamento nazionale No Triv, per il tramite di Raspa, ha tra l’altro offerto alla Regione Calabria il supporto giuridico gratuito di Enzo Di Salvatore, noto costituzionalista e padre dei quesiti referendari No Triv, che garantirebbe un ricorso che non abbia fini esclusivamente elettorali o di facciata».
La domanda dei No Triv, a questo punto, sorge spontanea: «Si vuol concedere al Ministero e a Global la possibilità di vincere a mani basse su tutti i fronti? Vogliamo regalare 2.200 kmq di mare a Global Med? La Regione Calabria vuol farsi ridere dietro dal resto d’Italia o intende prendere la cosa veramente sul serio? In occasione del ricorso al Tar, il presidente Oliverio – è la conclusione – scrisse al Mise che “il nostro mare è una risorsa da salvaguardare e valorizzare. Una risorsa per alimentare lo sviluppo sostenibile”. Bene: alle parole faccia seguire passi seri e concreti e non ricorsi mal fatti».
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