COSENZA Nella Chiesa della “Misericordia” a Santo Stefano di Rende non c’è spazio per il raccoglimento. L’ordine e la compostezza delle persone che siedono tra i banchi fanno da contraltare al marasma e all’agitazione che ha sconvolto la vita della famiglia Giordano. Le quattro bare sono sistemate ai piedi dell’altare. Madre e padre al centro, i due figli di lato. L’intero nucleo familiare, ritrovato privo di vita lo scorso 12 febbraio nella loro casa di via Malta si riunisce per l’ultima volta. Il sole pallido e timido di febbraio illumina la chiesa, di tanto in tanto i raggi trapassano gli enormi finestroni. Amici di famiglia, clienti del negozio, semplici conoscenti, colleghi e amici dei figli fanno l’ultima visita. Fuori nessuno riesce a dare un motivo razionale all’episodio. Un omicidio-suicidio particolarmente feroce che lascia spazio solo agli interrogativi dei familiari prima e degli inquirenti poi.
LA MISERICORDIA Il brano del Vangelo è quello di Gesù che muore in croce. «Tutto è compiuto», parole profetiche che forse saranno balenate nella testa di Salvatore Giordano prima di uccidersi con un colpo di pistola in bocca. Nell’omelia don Michele Bucceri è distaccato, conscio di quello che si trova di fronte e per non sbagliare legge l’omelia. «L’invito è a confidare nella Misericordia – dice il parroco -. Il nostro totale abbandono alla Misericordia è il solo strumento che ci consente di giungere alla salvezza e alla vita eterna». Congeda le salme prima di lasciarle all’ultimo abbraccio della folla che gli ha voluto bene. Fuori mentre in modo ordinato vengono sistemati nei quattro carri funebri volano in cielo dei palloncini bianchi e un cuore grigio con su scritto: «Be a dreamer».
IL MOVENTE Il giallo della tragedia rimane il motivo che ha spinto Salvatore a uccidere sua moglie Franca, suo figlio Giovanni e sua figlia Cristiana. L’autopsia sui corpi delinea un po’ le modalità di esecuzione e il colpo alla nuca ai figli, ma restano sulla scena del crimine ancora da chiarire molti aspetti. Oggi i carabinieri coordinati dal capitano Sebastiano Maieli faranno un secondo sopralluogo cercando di ottenere altri elementi utili all’indagine. Non un foglio o una missiva per spiegare il gesto ed è per questo che tra i presenti al funerale in molti bisbigliano: «Se lo ha fatto lui possono farlo tutti».
Michele Presta
redazione@corrierecal.it
x
x