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Ecco chi destabilizza il Pd in Calabria

Sembra di capire, dalle scomposte reazioni di queste ore, che al segretario regionale del Pd non interessa la franchezza, preferisce l’ipocrisia. Ne consegue che finisce col dedicare il suo tempo n…

Pubblicato il: 20/02/2018 – 12:14
Ecco chi destabilizza il Pd in Calabria

Sembra di capire, dalle scomposte reazioni di queste ore, che al segretario regionale del Pd non interessa la franchezza, preferisce l’ipocrisia. Ne consegue che finisce col dedicare il suo tempo non al chiarimento interno bensì a una sorta di caccia alle streghe per bloccare informazioni e fonti su quanto avviene in un partito stravolto dalla guerriglia dei “soliti noti”. Il ruggito del Coniglio mannaro nelle ultime ore ci dicono si sia spinto fino a minacciare di informare i vertici del partito a Roma sulla destabilizzazione che avviene in Calabria.
Anche in questa occasione il buon Magorno, ben che gli vada, arriverà buon ultimo. Al Nazareno, e non solo al Nazareno, c’è già un flusso di informazioni e di testimonianze che concordano nel paventare un’azione di destabilizzazione del voto in Calabria, ma i protagonisti non sono certo quelli che ossessionano il segretario del Pd calabrese. Sono ben altri e semmai, a questo punto, resta da chiedersi se Magorno preferisce far finta di non saperlo oppure, cinicamente, ritiene che sia meglio voltarsi dall’altra parte.
Ovviamente cresce la preoccupazione tra i militanti del Pd rimasti fedeli alla causa, anche perché la crescente destabilizzazione avallata o comunque non contrastata da Coniglio mannaro, rischia di produrre danni enormi anche in seno al consiglio regionale.
Proviamo a fare i conti seguendo il ragionamento di un autorevole esponente del Pd reggino, andato via sbattendo la porta proprio perché contrariato dalla linea seguita da Magorno, unicamente orientata a un posto blindato per garantirsi la rielezione.
Ci sono almeno quattro punti di grande rischio in seno alla maggioranza Pd in consiglio regionale. Il primo è rappresentato dal vicepresidente Enzo Ciconte che, come sanno bene sia Magorno che Oliverio, ormai è in trattativa con il centrodestra. Lo fa apertamente – e questo gli va riconosciuto – incontrando a cena candidati e big del centrodestra catanzarese; girando per l’ospedale a intimidire quanti volessero votare Pd; operando insieme a Tallini per verificare l’operatività di alcune strutture regionali. E pensare che per garantire l’elezione di Ciconte a vicepresidente il Pd ha dovuto perdere due consiglieri passati con l’opposizione.
Poi c’è la candidatura di Giacomo Mancini, che se dovesse perdere nel collegio di Cosenza, dove il buon Magorno (reduce manciniano da sempre) ha acconsentito a candidarlo, può sempre sperare in una vittoria di Fausto Orsomarso per entrare, ma stavolta in quota centrodestra, in consiglio regionale.
Infine il contenzioso surreale con i consiglieri regionali del Pd. Questi sostengono di avere chiesto un confronto in vista della campagna elettorale, un chiarimento per poi partire in maniera unitaria. Magorno replica che nessuna richiesta in tal senso ha ricevuto. Ammettiamo che sia come dice l’ex sindaco di Diamante: non dovrebbe essere ugualmente in agenda un incontro del segretario regionale con chi sul territorio è eletto dal Pd? Non sarebbe necessario operare un chiarimento interno per evitare che le lacerazioni finiscano con l’appalesarsi all’esterno? Certo, se si ha il timore che i “lealisti” contestino, in tale occasione, il ruolo dei ricattatori che strappano incarichi minacciando di lasciare la maggioranza e, per questo vengono premiati, allora è facile capire le ragioni di Magorno.
Lui, ormai è notorio, i chiarimenti li ama quanto i tacchini americani amano la festa del ringraziamento.  

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