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Campagna elettorale lontana dai bisogni del Paese

Che concetto hanno i partiti degli elettori? A giudicare dalle promesse che fanno in questi giorni di campagna elettorale, molte delle quali riprese dalle precedenti, non sembra essere positivo. La…

Pubblicato il: 26/02/2018 – 9:54
Campagna elettorale lontana dai bisogni del Paese

Che concetto hanno i partiti degli elettori? A giudicare dalle promesse che fanno in questi giorni di campagna elettorale, molte delle quali riprese dalle precedenti, non sembra essere positivo. La sensazione è che si preferisca cavalcare le vecchie logiche clientelari per accaparrarsi il voto. Non si fa quasi nulla per proporsi “nuovi”, diversi avendo la consapevolezza che questo nostro Paese va ripensato, curato, amato. In mancanza continueremo a pagare negli anni a venire un conto ancora più salato frutto del disimpegno e dell’incapacità di stare nel tessuto europeo senza aver raggiunto gli obiettivi che altri paesi hanno saputo assicurarsi e che per loro si sono tradotti in benessere. L’Italia, invece, ma soprattutto il Sud, continua a barcamenarsi sulla strada del rapporto personale, e dunque della clientela che, in molti casi, premia soggetti incapaci e incolti che non meriterebbero di stare sulla scena politica e governare il Paese.
È un fenomeno che riguarda, chi più e chi meno, tutti i partiti politici che continuano a barattare il voto tentando di pescare soprattutto nelle classi meno ambienti e culturalmente insufficienti; ma anche tra coloro che sono senza ideale; tra chi dice che non andrà a votare. Tra queste categorie ovviamente attecchiscono maggiormente le “offerte” politiche che, guarda caso, hanno quasi tutte uguale denominatore: il denaro!
Analizziamole le proposte veicolate dai programmi televisivi che accolgono i leader dei partiti in competizione. La prima circostanza che emerge è una sorta di pressione psicologica con la quale si cerca di “comprare” i favori. Si va da un generico “abbatteremo le tasse con l’imposta unica uguale per tutti”, al raddoppio delle pensioni minime, all’abolizione del balzello sulla casa, a quello sulle donazioni, all’eliminazione del bollo auto e dell’imposta di successione, alla “flat tax” al 15 per cento (?) e con il taglio dell’Irpef.
Promesse che celano una richiesta di “captatio benevolentiae” che, a parere degli esperti, non sarebbe attivabili in un Paese come l’Italia che, per fortuna, tende a non lasciarsi incantare. Proposte che non meravigliano più di tanto gli italiani abituati al puntuale venir meno delle promesse; che sanno individuare le frasi destinate solo a far sognare. Sfaccettature di una realtà che si comincia a percepire anche in Calabria che comincia a mettere in conto come le promesse rappresentino in taluni casi un modo, seppure poco ortodosso, di fare politica. Naturalmente, come in tutte le cose, c’è anche l’altra faccia della medaglia, ma si tratta di una sparuta minoranza che può confondersi con gli altri. 
L’inossidabile Berlusconi in tutte le sue apparizioni televisive suole stringere un foglio, perfettamente bianco, che dunque non contiene l’ennesimo “contratto con gli italiani”, ma che ha l’effetto di blandire chi l’ascolta. Persino la tanto sbandierata “flat tax” viene considerata un palliativo dalla stragrande maggioranza dei cittadini, considerato che a conti fatti favorirebbe solo i redditi alti. 
Anche le promesse di Renzi, che già ha sul groppone la responsabilità di una legge elettorale farlocca, si traducono in un risparmio economico per la collettività. Il meccanismo prevede di recuperare le risorse dal vincolo di bilancio previsto dall’Unione Europea e attestando il Pil al 2,9 per cento il che, seppure consentirebbe una disponibilità finanziaria di circa 40 miliardi l’anno, farebbe crescere il debito. Un progetto che, per fortuna, non riscontra l’unanimità nel Partito democratico specie da parte di coloro che ritengono che la riduzione generalizzata delle tasse sarebbe un errore come fu l’eliminazione dell’imposta sulla prima casa anche per le persone ricche.
Il Pd e con meno determinazione anche i 5 Stelle, sono anche per l’abolizione della Legge Fornero che un giorno dovrà pure scomparire, ma farlo adesso significherebbe aprire una voragine nel bilancio dello Stato. I 5 Stelle vorrebbero persino ridurre la tassazione anche a costo di aumentare il deficit. 
Mai nessuno, come si intuisce, che si impegni seriamente a proporre progetti credibili per la riduzione del debito pubblico che rimane la vera piaga per l’Italia e causa principale della mancata crescita. O anche una iniziativa che induca le imprese a creare occupazione stabile che allontani lo spettro di quella precaria considerato che, in periodi di crisi, i contratti di quel genere danno sempre meno garanzie al lavoratore. A parte le ovvie conseguenze pratiche, come l’incertezza di un’entrata economica e l’impossibilità di poter fare un qualsiasi tipo di progetto anche di medio termine, vi sono importanti conseguenze di carattere psicologico dovute proprio al lavoro precario. Secondo gli esperti si chiama situazione di rischio e si verifica quando un lavoratore percepisce di essere meno tutelato di quanto vorrebbe. Questa percezione è dimostrato che procura insicurezza ed è considerata più stressante della disoccupazione medesima.
Tutte proposte che non sono passate sotto silenzio. Provocatoriamente l’Ufficio Studi del Codacons, ha pubblicato recentemente i risultati di un lavoro che rende note le risposte che gli italiani si aspettano dalla politica. Sono emersi risultati che, se adottati, potrebbero aiutare realmente il Paese senza gravare pesantemente sul bilancio dello Stato. Proposte che vanno dalla abolizione delle Regioni, delle Province, delle Camere di Commercio e delle Prefetture che verrebbero assorbite da un’Agenzia per lo sviluppo del territorio, fino a giungere alla revoca dei parlamentari se colpiti da gravi reati o anche se non mantengono le promesse elettorali. Il sondaggio si sofferma anche sulle norme che facilitano l’apertura di nuove attività commerciali fissando in 24 ore i tempi, con richiesta e risposta per via telematica; il diritto al credito per tutti, con l’inserimento della “giusta causa” per la revoca dei finanziamenti concessi ai piccoli imprenditori. 
Insomma gli italiani si rendono conto di quanto sia importante semplificare le procedure per tentare di modernizzare il Paese e renderlo competitivo con gli altri che siedono al tavolo della Comunità.  
Per quanto concerne la Calabria, dunque le cose che ci riguardano più da vicino, emerge un imbarazzante silenzio sulle cose da fare; sul futuro dei giovani, sull’opportunità di avere certezze verso le quali purtroppo la politica non offre soluzioni. Eppure è alto il bisogno di garantire salari dignitosi, come alto rimane il bisogno di formare i giovani e dare un futuro ad una regione che invecchia, dalla quale si tende a fuggire proprio perché non si trovano risposte alle tante domande di lavoro. E non solo. Una Calabria nella quale emerge una necessità fondamentale: una lotta seria alla ‘ndrangheta e al malaffare ovunque esso si annidi, per riscattare la Calabria e portare l’economia regionale a crescere.   

 

*giornalista

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