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Dalla Calabria una “spallata” a Renzi

La Calabria è una di quelle regioni che ha provocato l’abbandono della segreteria del Pd da parte di Matteo Renzi. Un bene o un male? Lo sapremo nei prossimi mesi. Saranno i fatti a determinarlo. P…

Pubblicato il: 07/03/2018 – 8:45
Dalla Calabria una “spallata” a Renzi
Il segretario del Pd, Matteo Renzi

La Calabria è una di quelle regioni che ha provocato l’abbandono della segreteria del Pd da parte di Matteo Renzi. Un bene o un male? Lo sapremo nei prossimi mesi. Saranno i fatti a determinarlo. Per il momento, e per come si è evoluta la vicenda, non c’è dubbio che ai calabresi va riconosciuto il merito di avere dimostrato acume politico contribuendo ad eliminare dalla scena un personaggio che si è rivelato incapace di incassare, magari solo per rilanciare, i risultati di una “rivoluzione” ideologica senza precedenti verso la quale bisogna essere rispettosi in quanto rappresenta la volontà del popolo che in democrazia, non a caso, è considerato sovrano.
Renzi ha bruciato in pochi minuti anche quel residuo di credibilità che gli era dovuto. Se l’è giocato in quella conferenza stampa il cui annuncio era stato recepito dagli italiani come un gesto positivo e di buona levatura seppure conseguente ad una sonora sconfitta che coinvolgeva fino alle radici il Partito Democratico plasmato secondo i suoi desiderata. Quell’incontro con i giornalisti doveva sancire le dimissioni del leader. È sconfinata, invece, in una condizione catastrofica in cui voleva dimettersi, ma non lo ha fatto. Anche questa volta si è lasciato andare a manovre confuse giudicate negativamente anche da deputati della sua parte. La senatrice Finocchiaro ha così stigmatizzato l’accaduto: «Annunciare le dimissioni e non darle è singolare e comunque in contrasto con il senso di responsabilità e di lealtà».
Si dirà: questo è l’uomo! Non è così. Quando si ha la responsabilità di dirigere un partito bisogna pesare le parole, mettere da parte umori e rancori e considerare che si parla anche in nome e per conto di altri e soprattutto delle migliaia di iscritti. Renzi ha ritenuto, invece, di assumere decisioni estreme senza rendersi conto che potevano procurare nocumento al Pd. Lo ha fatto quando ha preferito di lasciare la Segreteria dopo l’elezione dei presidenti delle due Camere e dopo la formazione del nuovo Governo dimostrando, così, di voler essere lui a gestire la trattativa con il Presidente della Repubblica. Il perché lo ha chiarito sempre in conferenza: nella sua mente non c’era e non c’è tuttora la volontà di raggiungere un accordo con il Movimento 5 Stelle (unico “partito” ad avere riportato il maggior consenso dagli elettori) per formare una maggioranza con la quale governare il Paese. E lo ha fatto pur sapendo che frange del suo partito, ivi compresi pezzi della sua maggioranza erano e sono disponibili a confrontarsi ad un tavolo di trattative.
Renzi ha stroncato ogni possibilità senza neanche ponderare che non si trovava a discutere di un fatto episodico, ma che erano stati gli elettori a schierarsi contro un sistema, in alcuni casi considerato persino nichilista, dei partiti che avrebbero voluto riproporre le solite facce e i soliti profili e i soliti sistemi per continuare a governare il Paese.
Dentro il Pd c’è ribellione. Sembra di essere ritornati ai giorni di quella famosa direzione che determinò la fuoriuscita di molti personaggi. C’è chi parla di rifondazione della comunità democratica facendo un pensierino a “Liberi e Uguali” e c’è anche chi sostiene che Renzi ha una sola preoccupazione: la sua conservazione.
E non è un caso che la “rivoluzione” in Calabria abbia scelto il Movimento 5 Stelle per prevalere sul sistema tradizionale. Infatti comunque andrà a finire, se si riuscirà a trovare la quadra per governare l’Italia o se, invece, gli elettori saranno richiamati alle urne una cosa è certa: rimarrà come elemento incontrovertibile che il cambiamento è ormai nelle cose. Come è ineludibile per chiunque che il rapporto con i cittadini deve basarsi su valori finora sconosciuti quali la verità e la certezza in modo da non consentire dubbi e tentennamenti o, peggio, prese in giro.
Dentro il Pd c’è ribellione. Sembra di essere ritornati ai giorni di quella famosa direzione che determinò la fuoriuscita di molti personaggi. C’è chi parla di rifondazione della comunità democratica facendo un pensierino a “Liberi e Uguali” e chi sostiene che Renzi ha una sola preoccupazione: la sua conservazione.
Ci si è dimenticati che il desiderio di cambiamento è nato proprio da questi bisogni, dalla consapevolezza diffusa nel Paese che bisognava porre un rimedio per indurre i responsabili di una gestione arruffona e approssimativa a cambiare passo se vuole continuare ad esistere. Non a caso, si è scelto un movimento nuovo, che dimostra di praticare una politica nuova, diversa, che parla in modo comprensibile e che ha dimostrato di spendersi per i bisogni della gente più di quanto è stato fatto da altri.

*giornalista

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