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Dal Sud uno “schiaffo” al passato

Il Corriere della Sera, a firma di Pierluigi Battista, nell’analizzare il voto del 4 marzo ha concluso che, scomparendo le “sezioni” dei partiti politici, un tempo disseminate in quasi tutti i quar…

Pubblicato il: 12/03/2018 – 8:55
Dal Sud uno “schiaffo” al passato
Palazzo Montecitorio, sede della Camera dei Deputati

Il Corriere della Sera, a firma di Pierluigi Battista, nell’analizzare il voto del 4 marzo ha concluso che, scomparendo le “sezioni” dei partiti politici, un tempo disseminate in quasi tutti i quartieri delle città e che svolgevano un ruolo insostituibile perché si discuteva e ci si confrontava, sono venuti a mancare luoghi pieni di vita che rappresentavano un punto di riferimento e di aggregazione politica.
Tutto vero, come è vero che con il nuovo corso della politica si è accentuato uno scollamento tra partiti e cittadini, sempre più distanti gli uni dagli altri, con i politici che solo in prossimità di campagne elettorali tentano di spremerli come limoni per poi lasciarli ancora soli a lottare con la quotidianità. Tutto ciò, nel giudizio del Corriere, allontanerebbe sempre più l’elettore dalla politica facendolo sentire tradito.
Come non essere d’accordo? Migliaia di giovani, in questa regione come in tutto il Sud, sono stati cresciuti ed educati nell’assuefazione alla raccomandazione. Gli studi fatti, la preparazione, le capacità personali contavano poco o nulla rispetto all’”interessamento” del politico. Intere generazioni si sono pasciute di pane e “promesse”. Adesso che la ricerca del posto di lavoro è diventata quasi una chimera, che non si riesce in alcun modo a soddisfare le richieste, anche questa pratica ha perso di efficacia e di conseguenza è venuto a mancare uno dei mezzi di approccio al voto. Un processo che è mutato anche in rapporto alla trasformazione subita dai partiti divenuti più centri di potere per pochi intimi e sempre meno fucina di ideali per tanti.
Se questa è la fotografia della società che abbiamo saputo costruire come meravigliarsi degli effetti del voto? Perché piuttosto non lo si considera come conseguenza di una ribellione popolare? Un modo di protestare contro il sistema che non riesce a intercettare i bisogni dei cittadini e soprattutto dimostra di non essere capace di trovare soluzioni per assicurare servizi efficienti e risposte alle domanda di lavoro?
Quanto è accaduto non può essere, infatti, declinato come un caso, un risultato accidentale. Per quanto riguarda la Calabria si deve catalogare come un’espressione di esasperazione che ha travalicato gli argini della sopportazione, un “terremoto” che si è abbattuto sul sistema politico ritenuto incapace e fazioso che in passato si è servito del Sud considerandolo un serbatoio di voti, ripagandolo solo con le briciole, convinto forse che era popolato da una razza strana, da umanoidi usi ad adattarsi nella diversità rispetto all’opulento Nord.
Non è un caso che la protesta abbia favorito il Movimento 5 Stelle, su cui adesso peserà l’onere di ristabilire la credibilità in questo territorio, ponendolo all’attenzione del Governo e del Parlamento e facendo intendere a quanti non lo sanno, o fanno finta di non saperlo, che il Mezzogiorno è stato anche fucina di cultura e terra di illustri personaggi e che non brucia il denaro dello Stato. Tangentopoli, peraltro, ha dimostrato che al Nord si rubare esattamente come al Sud; ma che c’è piuttosto l’esigenza che questa parte d’Italia sia considerata alla stessa stregua delle regioni del Centro-Nord.
Nel rapporto annuale dello Svimez, infatti, è sottolineato che i meridionali vivono in condizioni di povertà e di esclusione sociale, che il reddito è il 60% di quello medio nazionale, che le regioni del Nord vivono sopra la media nazionale, che al Sud 1,2 milioni di giovani non lavorano, che i processi di industrializzazione sono stati concentrati per decenni al Nord e che il Sud avrebbe bisogno di una intensa e determinata politica pubblica nazionale per promuovere lo sviluppo e sostenere il reddito, senza la quale viene ad essere limitato il potenziale di crescita e, quindi, dell’occupazione.
Ecco spiegato, con un flash, un altro motivo per il quale il Sud ha fatto quel tipo di scelta alle recenti consultazioni politiche. E che nessuno si illuda che quella sia da considerare una svolta definitiva. Non si dimentichi che per ottenere una fiducia duratura è indispensabile una radicale inversione di tendenza verso il Mezzogiorno. Lo si capirà sin dai prossimi giorni, quando il Capo dello Stato darà l’incarico per formare il Governo.
In Calabria si attende di vedere come evolverà la situazione. Ma una cosa è certa: il Mezzogiorno ha dimostrato di essere determinato a sciogliere lacci e laccioli che lo legavano al passato perché non vuole più rimanere con le mani in mano in attesa di un gesto caritatevole. Dal 4 marzo si guarda alla via del riscatto. Se dovesse fallire anche questo tentativo, non è difficile che, così come è accaduto al Nord, si possa pensare ad una nuova formazione politica anche al Sud, magari riscoprendo i vecchi confini del Regno delle due Sicilie, dentro i quali costituire un nuovo partito politico, magari quello del “Mezzogiorno”.

*giornalista

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