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Il grido di protesta del Sud

Vi ricordate? Il sindaco di Catanzaro aveva promesso che la raccolta differenziata dell’immondizia avrebbe comportato la riduzione dell’imposta comunale sui rifiuti. Qualcuno ha notizie? A Catanzar…

Pubblicato il: 19/03/2018 – 8:48
Il grido di protesta del Sud

Vi ricordate? Il sindaco di Catanzaro aveva promesso che la raccolta differenziata dell’immondizia avrebbe comportato la riduzione dell’imposta comunale sui rifiuti. Qualcuno ha notizie? A Catanzaro tranne ad avere reso variopinte le strade consentendo a chiunque di lasciare sui marciapiedi i coloratissimi contenitori (che nessuno pulisce e, quindi, maleodoranti) non è accaduto null’altro se non che i soliti “profittatori” portano i sacchetti colmi di rifiuti e li lasciano per strada nei cassonetti dei vari condomini; così, come recita un antico modo di dire: fanno i bisogni a casa ma la puzza la portano lontana.
A Catanzaro, ma anche altrove, non c’è un sufficiente impegno per tenere sotto controllo un servizio che, invece, ne avrebbe bisogno anche perché le amministrazioni comunali continuano ad incassare risorse, senza restituire un solo centesimo ai contribuenti. Eppure, dati alla mano, le spese si sono dimezzate: con il vecchio sistema di raccolta smaltire in discarica un chilo di rifiuti costava due euro, oggi con la differenziata il costo è esattamente la metà.
Ancora una volta l’amministrazione locale continua a non capire quanto importante sia mantenere gli impegni. Non facendolo ne va di mezzo la credibilità che per un politico dovrebbe essere importante non solo per sé stesso ma anche per evitare danni elettorali al partito che lo ha candidato che rischia conseguenze catastrofiche come è avvenuto recentemente con il voto per le politiche e i cui effetti sono stati devastanti con difficili prospettive di recupero.
Se si continua a ritenere che dopo l’elezione si possa continuare a fare ciò che si vuole senza affrontare i problemi, specialmente quelli sui quali è stata condotta la campagna elettorale perché tanto i cittadini hanno la memoria corta, la risposta non può che essere quella che è stata: carica di risentimento e di rancore.
Il voto dei calabresi, piuttosto che quello dei campani, dei pugliesi, dei siciliani, dei lucani ha poco di idealità, ma è da considerare una vera reazione alla esasperazione dei cittadini per le tante promesse ricevute e mai mantenute. La cosiddetta “onda anomala” è stata in alcuni casi uno tsunami generato dalle violente e improvvise spinte della protesta. Non volerlo ammettere, o peggio non considerarlo, equivale a mistificare la realtà che non fa bene a nessuno; non fa bene soprattutto alla pletora di arrivisti e qualunquisti che intendono continuare a servirsi della politica per fini personali.
I correttivi ci sono; basta decidere di seguirli e capire che chiunque sarà scelto per governare il Paese avrà l’obbligo di riconvertire gli italiani all’idea di una nazione unita. Un compito di difficile soluzione dopo decenni di contrapposizioni territoriali che hanno consentito la spartizione del suolo almeno in tre grandi lotti: il Nord, il Centro e il Sud ponendoli in condizione di grave competizione tra di loro. Chiunque otterrà dal Capo dello Stato l’incarico di tentare la quadratura del cerchio deve dimostrare dosi non comuni di credibilità e di imparzialità. Per i nuovi governanti si apre, insomma, la più ampia delle autostrade che sarà percorribile a condizione che si dimostri serietà e volontà di risolvere questioni ataviche come il lavoro, l’uguaglianza dei salari, la lotta alla disoccupazione giovanile, lo sviluppo e l’ambiente. Problematiche sulle quali poggia la protesta del Mezzogiorno.
Finalmente quella popolazione «che non si lava perché non sa cosa sia il sapone», caro Salvini, ha dimostrato in un sussulto d’orgoglio che, se portata all’esasperazione, è capace di dare severe batoste ad un sistema che evidentemente riteneva di poter abusare del consenso popolare continuando a dare in cambio i resti del lauto pranzo riservato per le aree opulente del triangolo industriale del Nord, pensando di poter continuare ad operare in condizioni di piena occupazione diventando l’emblema di decollo economico del Paese lasciando al palo quel Sud triturato dalla morsa della disoccupazione, della mancanza di regole programmatiche e di attuazione. Quel Sud che rivendica politiche serie in direzione di infrastrutture, di ricerca, di università, di innovazione, di scuola, di formazione. Quel Sud che vorrebbe vedere potenziata la lotta alla criminalità organizzata ritenendola una piaga sociale. Passa da questi obiettivi lo sviluppo del Mezzogiorno. Il resto sono solo parole, propaganda!
Il voto del 4 marzo segna una pietra miliare per il Mezzogiorno perché rappresenta, seppure tardivamente, una presa di coscienza e una risposta critica nei confronti di coloro che si sono alternati nella conduzione del Paese dall’avvento della democrazia. Fin quando non sarà compreso che in questa parte del suolo non si è poveri solo se non lavori, ma si è poveri anche lavorando non sarà possibile compiere alcun passo in avanti; bisogna cominciare a eliminare le storture che mortificano il Mezzogiorno rispetto al resto del Paese, concedendogli stabilità, un’idea di democrazia cominciando con il lavoro assistito che deve lasciare il posto al lavoro giustamente remunerato.

*giornalista

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