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«Per la sanità il tempo è davvero scaduto»

di Luciana Giordano*

Pubblicato il: 06/04/2018 – 8:50
«Per la sanità il tempo è davvero scaduto»

Sono stati scritti fiumi di parole sulla situazione della Sanità calabrese. Si è scritto ed argomentato delle criticità di tutti i Pronto soccorso di ogni presidio ospedaliero, degli insufficienti posti per i dializzati, dell’inadeguatezza degli screening oncologici, delle problematicità derivanti dalla concentrazione dei punti nascita negli ospedali Spoke e Hub e di quelle registrate nelle varie Uoc di Pediatria ed Ostetricia. Ampio spazio è stato dedicato a tutto il Sistema di urgenza emergenza 118 ed all’esigenza di riorganizzare le Postazioni di Emergenza Territoriali. Giusto per citarne alcuni. È patrimonio comune la mancata attuazione del Piano di riorganizzazione della rete del Servizio sanitario regionale che ha prodotto solo la soppressione di reparti e posti letto e non ha mai visto decollare quelle strutture e servizi della Rete territoriale, quali le Case della Salute, le Unità complesse di cure primarie (Uccp), l’Assistenza domiciliare integrata, che avrebbero dovuto ridurre gli accessi con codice bianco e verde nei Pronto soccorso, potenziare la prevenzione ed arginare le ospedalizzazioni inappropriate. Si discute da decenni e si continua a discutere della costruzione dei nuovi ospedali, riuscendo a litigare finanche sulla loro ubicazione.
In ogni angolo della Calabria sono stati organizzati convegni, tavole rotonde, manifestazioni di ogni sorta, tutte accomunate da un unico filo conduttore dettato dall’esigenza di rendere esigibile e funzionale il Sistema sanitario regionale, abbattendone i costi ma senza “abbattere” vite umane.
Tante le formule magiche per risanare la sanità calabrese proposte in ogni occasione. Anni di mobilitazione dei lavoratori del settore sanitario e della comunità calabrese, senza mai riuscire, però, a risollevare le sorti di questo indispensabile servizio.
Ed ecco che inesorabile è arrivato il verdetto emesso dal “Tavolo Adduce” nell’ultima riunione romana, che verificando lo stato di attuazione del Piano di rientro dal debito sanitario della Calabria ne ha decretato gli insoddisfacenti risultati. Tanto che il Ssr calabrese è addirittura a rischio di una procedura d’infrazione dell’Unione europea, per i ritardi nei pagamenti dei ticket da parte delle Asp di Cosenza e di Reggio Calabria, per l’incapacità di adempiere alle rendicontazioni obbligatorie e per ulteriori disfunzioni e disservizi di natura contabile ed organizzativa.
Per l’Asp di Reggio Calabria si torna a parlare di commissariamento, sempre per la ben nota ed irrisolta situazione della gestione contabile. Ma non si era appena usciti da una lunga ed improduttiva sequenza di gestioni commissariali?
Lo stesso commissario Scura ha dovuto ammettere che la Calabria, continua a rimanere ancora all’ultimo posto e che la peggiore Asp d’Europa è quella di Reggio Calabria.
Una situazione quella dell’Azienda sanitaria provinciale reggina non più tollerabile, rispetto alla quale la Cisl Funzione pubblica denuncia da anni lo stato di allarmante disorganizzazione, offrendo accurate disamine utili ad individuare e sradicare prassi e comportamenti al di fuori della comune deontologia professionale. Ancora una volta, la Cisl Fp ha proclamato lo stato di agitazione dei lavoratori e ha preannunciato una o più giornate di sciopero, per tutelare i tantissimi operatori sanitari, che sono le prime dirette vittime di un “sistema che ha bisogno di essere curato”.
Ma i rilievi del “Tavolo Adduce” non risparmiano neanche il dipartimento Salute della Regione Calabria, additando il processo di progressivo smantellamento ormai in corso da alcuni anni come una delle cause della disastrosa situazione.
La Cisl Funzione pubblica Calabria, a questo punto, si chiede: se il dipartimento che ha la governance della Tutela della Salute e delle Politiche sanitarie calabresi è sguarnito di personale, sia dirigente che del comparto; se su 13 dirigenti previsti ce ne sono solo 5 impegnati esclusivamente nel settore di competenza ed altri 2 che seguono ad interim il settore loro affidato, mentre ne restano scoperti ben altri 6; se su una dotazione organica di 110 dipendenti solo 30 sono in organico alla giunta regionale della Calabria mentre i rimanenti 80 addetti provengono da altre amministrazioni e sono assegnati al dipartimento in utilizzo; se addirittura anche la figura del direttore generale è costretta a dividersi in un interim fra il dipartimento Salute ed il dipartimento Risorse umane, come poteva auspicarsi un risultato diverso da quello decretato dal “Tavolo Adduce”?
E si chiede, ancora, fino a che punto sarà necessario elevare il grido di allarme prima che coloro che sono deputati a dare risposte si accorgano che il tempo è scaduto e che la sanità calabrese in generale e quella reggina in particolare hanno preso una deriva senza ritorno?
Quanto ancora gli operatori sanitari e gli utenti dovranno pagare sulla loro pelle le conseguenze derivanti da questo sfascio progettuale, gestionale ed organizzativo?
Non ci sono più attenuanti e giustificazioni per nessun livello istituzionale. È il caso di affrontare con coraggio la realtà e chiedersi se la salute dei calabresi interessi effettivamente a qualcuno.
È tempo che i vari soggetti istituzionali preposti a governare il Ssr della Calabria si preoccupino di dettare linee di indirizzo politico chiare ed univoche, che dovranno costituire per tutto il management sanitario un imprescindibile riferimento per ricondurre nei parametri della normalità la sanità calabrese.

*segretario generale Cisl Fp

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