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Vitalizi, c'è la legge per abolirli

Il consigliere regionale Giudiceandrea presenta una proposta per cancellare le pensioni speciali. L’approvazione potrebbe introdurre il sistema contributivo per tutti gli eletti e gli ex. Per un ri…

Pubblicato il: 06/04/2018 – 13:36
Vitalizi, c'è la legge per abolirli

REGGIO CALABRIA È un primo, deciso, passo: una proposta di legge per abolire definitivamente i vitalizi degli ex consiglieri regionali. È stata depositata questa mattina negli uffici di Palazzo Campanella e porta la firma del capogruppo dei Democratici progressisti, Giuseppe Giudiceandrea. I vitalizi, in realtà, erano stati cancellati nella scorsa legislatura, ma con un provvedimento non retroattivo: i consiglieri che avevano già maturato il diritto alla “pensione” hanno continuato a ricevere puntualmente il loro (robusto) assegno mensile. La proposta di Giudiceandrea – che arriva nel bel mezzo della polemica sugli aumenti legati alla rivalutazione – mira invece a cancellare anche i cosiddetti “diritti acquisiti” degli ex eletti, attraverso l’abolizione del vitalizio e l’introduzione di un sistema previdenziale di tipo contributivo, così come previsto dalla legge nazionale 213 del 2012.
UNA RIVOLUZIONE? Inutile dire che sarebbe una rivoluzione, nella Calabria dei privilegi della casta. Una regione in cui il reddito medio pro capite non supera i 17mila euro all’anno ma che, allo stesso tempo, riesce a garantire esosi “sussidi” a un esercito di 144 pensionati speciali, senza contare gli assegni di reversibilità per le famiglie degli ex consiglieri deceduti. I beneficiari del vitalizio, dopo l’eventuale approvazione della legge, non rimarrebbero comunque a bocca asciutta; subirebbero, però, un taglio sostanziale dell’importo finale goduto ogni mese. Secondo i calcoli dell’entourage di Giudiceandrea, il risparmio netto per le casse della Regione sarebbe di 920mila euro all’anno.
LA VOLONTÀ POLITICA Resta da capire se il centrosinistra guidato da Mario Oliverio avrà la volontà politica di portare avanti la legge. Le difficoltà non sono poche. Una su tutte: gli ex consiglieri, nella maggior parte dei casi, continuano a godere di un vasto consenso politico e a gestire robusti pacchetti di voti. Il governatore – che intende ricandidarsi nel 2019 – avrà la forza e la determinazione per mettersi contro un esercito deciso a difendere a ogni costo i propri privilegi? Solo il tempo potrà dirlo. Giudiceandrea, da parte sua, ostenta ottimismo: «Sì, ritengo che ci siano i numeri per approvare la legge e siamo qui per accettare ogni suggerimento per migliorarla». L’iter adesso prevede il passaggio in almeno due diverse commissioni (probabilmente quella Riforme e sicuramente quella Bilancio) e l’eventuale approvazione in aula.
GLI ASPETTI TECNICI Con la nuova norma, i consiglieri regionali diventerebbero, dal punto di vista previdenziale, dei cittadini “qualunque”. Conseguirebbero, cioè, il diritto all’assegno mensile al compimento dell’età pensionabile prevista per i dipendenti dello Stato, «in misura direttamente proporzionale ai contributi versati e agli anni di mandato esercitati, e comunque solo a seguito dell’esercizio del mandato per almeno 5 anni effettivi», è scritto nella relazione al testo di Giudiceandrea (nella foto).
Sarebbe una radicale inversione di rotta rispetto alla prima, controversa, proposta sul tema presentata un anno fa; quella che, in sostanza, prevedeva la reintroduzione di un vitalizio “mascherato” con la scusa di normare gli aspetti previdenziali dei politici.
Giudiceandrea, tra i firmatari di quel testo, ha infine corretto il tiro nel tentativo di mettere ordine in un sistema dove, allo stato attuale, vige la totale assenza di regole. Oggi i consiglieri regionali subiscono delle trattenute dal loro “stipendio”, ma quei soldi vengono accantonati senza confluire in alcuna “bacinella” previdenziale.
La nuova legge, invece, stabilisce che le risorse destinate al trattamento previdenziale confluiscano in «un’apposita gestione contabile» dell’Inps. L’articolo 2, comma 3, della proposta, inoltre, dà al consigliere regionale la facoltà di scegliere, al raggiungimento dell’età pensionabile, tra il «ricongiungimento dei contributi versati dal Consiglio con i precedenti e successivi contributi versati a seguito di altre attività lavorative» e il «trattamento pensionistico minimo raggiunto nella o nelle consiliature realizzate».
I politici potranno ottenere la “pensione” solo dopo aver esercitato il mandato consiliare «per non meno di cinque anni, anche non nella medesima legislatura». Contemplata anche la liquidazione, ovvero il tfr: gli uffici regionali dovranno provvedere all’accantonamento del 10% degli emolumenti degli eletti; di questa percentuale, poi, «l’80% dovrà essere liquidata in favore del consigliere alla cessazione del mandato».
L’assegno mensile sarà dunque calcolato «applicando alla base imponibile contributiva per ciascun periodo di mandato» le stesse aliquote dei lavoratori statali.
PERDITA DEL DIRITTO Il nuovo testo elenca anche i casi in cui la pensione potrebbe essere sospesa: rielezione a Palazzo Campanella e nei parlamenti italiano ed europeo o incarico di assessore o ministro.
Prevista anche la perdita del diritto alla pensione per i consiglieri regionali che abbiano «riportato condanne definitive per peculato o per reati contro la pubblica amministrazione o per reati di associazione di tipo mafioso».

Pietro Bellantoni
p.bellantoni@corrierecal.it

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