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MONOPOLI | Edilizia e Bingo, scacco alle imprese dei clan

Quattro i fermi eseguiti dai carabinieri su disposizione della Dda di Reggio Calabria, sequestrati beni per 50 milioni di euro. Paci: «In rapporti con le cosche fin dagli anni 80» – NOMI e VIDEO

Pubblicato il: 09/04/2018 – 7:10
MONOPOLI | Edilizia e Bingo, scacco alle imprese dei clan

REGGIO CALABRIA Ufficialmente erano noti uomini d’affari, nomi conosciuti in città nel settore dell’edilizia e dell’immobiliare, ma in realtà sarebbero in tutto e per tutto strumenti dei clan. Quattro noti imprenditori reggini sono stati fermati questa mattina per ordine della Dda di Reggio Calabria perché accusati a vario titolo di associazione mafiosa, fittizia intestazione di beni e autoriciclaggio. Avrebbero contato sull’appoggio delle più pericolose cosche cittadine per accumulare enormi profitti illeciti, riciclati in fiorenti attività commerciali.

GLI ARRESTATI Si tratta di Carmelo Ficara, titolare dell’omonima impresa di costruzioni e oggi accusato di concorso esterno, di Michele e Giuseppe Suraci, padre e figlio titolari della gigantesca sala Bingo di Reggio Calabria, nel quartiere Archi, e del socio Francesco Andrea Giordano. Per gli inquirenti, sono loro il braccio imprenditoriale del clan Tegano, vero e proprio polmone finanziario delle numerose attività loro riconducibili in città. Sotto sequestro sono finiti infatti beni, società ed esercizi commerciali per 50 milioni di euro.

PACI: «FIN DAGLI ANNI ’80 IN RAPPORTI CON I CLAN» A mettere gli inquirenti sulle tracce dei rapporti fra i Tegano e gli imprenditori sono stati «tre dei più importanti e attendibili pentiti di ‘ndrangheta, Giovambattista Fracapane, Mario Gennaro e Enrico De Rosa». E se quest’ultimo, di professione agente immobiliare dei clan, ha potuto raccontare in dettaglio la vera natura delle speculazioni edilizie fatte dai due imprenditori, Fracapane e Gennaro – cresciuti fra i ranghi criminali di Archi – hanno svelato come «fin dagli anni Ottanta – dice il procuratore vicario Paci – Giordano e Surace fossero in rapporti con i Tegano». A confermarlo sono state le telecamere e le cimici piazzate dai carabinieri all’interno della sala bingo. «Abbiamo raccolto materiale incredibile che documenta il continuo passaggio di denaro fra gli imprenditori e gli uomini del clan». Rapporti per lungo tempo sconosciuti ai più. Del resto, Ficara e gli altri sono sempre stati ben attenti a non farsi notare.

https://www.youtube.com/watch?v=_XX1whBFolw
LO SCIVOLONE DI FICARA In passato solo lambiti da qualche indagine antimafia, da anni i quattro si erano inabissati. Nel ’90 Carmelo Ficara, all’epoca impegnato nella speculazione edilizia che ha coperto il lungomare di Bocale di villette fin troppo vicine alla spiaggia, è stato sospettato di essere il vero mandante dell’omicidio del vigile urbano Giuseppe Macheda, capo della task force antiabusivismo, e si è dato alla latitanza, ma è uscito assolto dal processo a suo carico. Da allora, ha sempre tenuto un basso profilo, mentre i suoi palazzi coprivano pezzo dopo pezzo la città.

AVVENTURE MILANESI Medesimo comportamento ha sempre tentato di mantenere Michele Surace, insieme al figlio Giuseppe proprietario dell’unica sala bingo cittadina e titolare di un’altra nota impresa di costruzioni. Qualche anno fa ha tentato la medesima avventura imprenditoriale a Milano e in quell’occasione si è fatto pizzicare dagli investigatori che lavoravano sulle attività dei clan di Archi sotto la Madonnina. Secondo quanto emerso dall’inchiesta, arrivato al Nord, Surace aveva infatti chiesto ai Martino, cugini dei De Stefano, il “permesso” di aprire un bingo a Cernusco sul Naviglio. Ma gli affari vanno male e Surace – è emerso in un’indagine di qualche anno fa – chiede alle medesime famiglie la “cortesia” di bruciargli il locale, in modo da coprire le perdite con il premio assicurativo.

FOLLOW THE MONEY Favori che all’imprenditore sono all’epoca costati qualche guaio giudiziario poi naufragato nel grande mare della prescrizione. Ma quel risarcimento di recente sembra aver fatto capolino in un’altra indagine. Il nome di Surace infatti è emerso nell’inchiesta Martingala per aver tentato di nascondere un sostanzioso premio assicurativo in Svizzera grazie al “sistema Scimone”, l’articolata costruzione di società fittizie e scatole cinesi che ha permesso ai clan di tutta la provincia reggina di “lavare” centinaia di milioni di euro.

Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it

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