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Il progetto dello zar è compiuto

Oliverio ha varato la sua terza giunta. In ossequio al mandato ottenuto dalla sua silente maggioranza. Che ora non può nemmeno lamentarsi. Il piano del governatore in vista delle regionali 2019

Pubblicato il: 13/04/2018 – 18:07
Il progetto dello zar è compiuto

CATANZARO Come Mario nessuno mai. Governatore, caudillo, ora anche autarca: un leader che basta a se stesso, uno zar calabrese che, dopo aver a suo tempo sedotto l’elettorato, ora non deve neanche più rendere conto ai suoi colonnelli; un novello Romanov che può revocare a piacimento i titoli nobiliari ai suoi vassalli, nella fattispecie i suoi consiglieri, la sua maggioranza, quella truppa senza voce che niente ha potuto prima e niente ha potuto adesso, quando si è trattato di scegliere i membri della nuova giunta, la terza in quattro anni.
Ha fatto tutto da solo, Oliverio, ma senza peccare di hybris, di tracotanza, dal momento che il mandato di fare un po’ come gli pareva gli è stato attribuito da quello stesso centrosinistra che, in sostanza, ha dato carta bianca al suo imperatore.
Fai tu, Mario, ci fidiamo di te. E Oliverio ha infine scelto, finanche rispettando – anche se non del tutto – la “costituzione” che lui stesso aveva concesso ai suoi luogotenenti: nessun consigliere regionale, nessun politico di professione, nessun aspirante candidato alle prossime elezioni.
Alcuni, come Giuseppe Aieta, ritenevano che fosse cogente anche un altro impegno: non nominare personaggi che gravitano nell’orbita degli attuali eletti, al fine di non creare situazioni di vantaggio all’appuntamento con le urne. Ma il governatore ha abrogato, di sua sponte, quel codicillo per fare spazio a Maria Teresa Fragomeni, donna di fiducia del capogruppo pd Sebi Romeo.
Le prime proteste sono già arrivate (sempre Aieta: «Il secondo tempo di questa esperienza parte male e le scelte operate non uniscono»), ma Oliverio, da anni abituato a fare il bello e il cattivo tempo – in giunta e in Consiglio – non se ne preoccuperà più di tanto.
Le sue scelte autoreferenziali – ma “autorizzate” – hanno comunque prodotto un risultato: la Calabria ha il suo “Oliverio ter”, il suo nuovo esecutivo al cui interno – a parte i riconfermati – hanno trovato posto personalità di “alto profilo”, proprio come era stato promesso alla vigilia.
Resta il dato politico, però: quello di una maggioranza commissariata, di un consiglio regionale ridotto a mera comparsa, a studio notarile addetto alla ratifica di decisioni prese altrove.
Lo zar comanda, gli altri (anche se non proprio tutti) si adeguano. È andata così fin dall’inizio della legislatura, con Oliverio che via via, con l’approssimarsi della nuova sfida elettorale, si è trasformato in un monarca refrattario a ogni consiglio e a ogni suggerimento. Per lui, adesso, sembra contare solo l’autoconservazione, la tutela di quello che considera un regno politico da perpetuare (centrodestra e M5S permettendo).
In questo senso, forse, va letta anche la scelta di azzerare completamente tutte le strutture di supporto – i consulenti, per intenderci – degli assessori. Una mossa che potrebbe facilitare l’ingresso di forze nuove più funzionali al progetto elettorale di un capo che, pur di salvarsi, non esita a “mozzare teste” e a spargere sangue anche nel suo schieramento.
Il centrosinistra, che ha causato il suo male, ora può solo piangere se stesso, con eventuali rimorsi da condividere anche con il Pd, con il suo segretario uscente, Magorno, e con la sua assemblea regionale: tutti, seppur con alcune eccezioni, hanno fideisticamente riposto la loro fiducia in Oliverio.
L’unica speranza è che il monarca abbia fatto le scelte giuste, quelle in grado di contribuire alla replica della vittoria del 2014. Allora il governatore aveva ottenuto un vasto consenso popolare a cui, nel tempo, è riuscito ad aggiungere pure l’acquiescenza della sua maggioranza. Ora è tardi per ribellarsi. I vari Rasputin che credono di poter ancora indirizzare il volere dello zar dovranno farsene una ragione e accettare il nuovo corso dell’impero. L’alternativa è solo una: cambiare partito, cambiare maggioranza, buttarsi nel mare delle infinite possibilità della politica. Mica facile, però.

Pietro Bellantoni
p.bellantoni@corrierecal.it

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