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«Lo abbiamo ucciso e sciolto nell’acido»

I racconti dei fratelli Vitelli al processo per il duplice omicidio di Marcello Gigliotti e Francesco Lenti che si celebra alla corte d’Assise di Cosenza. Sullo sfondo la guerra di mafia che insang…

Pubblicato il: 13/04/2018 – 16:50

COSENZA Al processo sul duplice omicidio di Marcello Gigliotti e Francesco Lenti i racconti della mala cosentina degli anni ottanta sono scanditi dalle parole dei tre fratelli Vitelli. Giuseppe, Ferdinando e Francesco negli anni si ritagliarono uno spazio tra i criminali che contano al punto che nonostante siano collaboratori dal ‘96 Francesco Vitelli (dei tre era considerato il capo, ndr) alla domanda del pm Camillo Falvo: «a quale gruppo appartenevi?», replica: «a quello Perna-Pranno-Vitelli».
Dove finisca la realtà cominci realmente il sodalizio criminale è scandito nelle pagine dei processi (Missing e Garden, in particolare) ma quello che racconta Giuseppe Vitelli dei due ragazzi uccisi e dei due imputati Franco Pino e Francesco Patitucci rievoca – per chi li ascolta – una Cosenza nella quale la guerra tra gruppi non era frutto di un romanzo noir ma la scelta di chi voleva con scienza decidere delle vite altrui. Al banco dei testimoni anche il figlio di Gigliotti che all’epoca dei fatti aveva solo due anni. «Ho consegnato alla polizia un nastro che mi diede mio nonno quando avevo 17 anni. C’è una conversazione tra i miei genitori». Il nastro è stato ammesso come prova nel procedimento.

I VITELLI «Sono condannato per diversi omicidi – dice Giuseppe Vitelli, il primo dei tre a testimoniare -. Ho iniziato a collaborare a marzo nel ‘96, le aspettative di vita di un mafioso sono due: o morto ammazzato o morto in carcere». Giuseppe era il killer. Freddo nel porre fine alla vita dei rivali così come nel raccontarlo. «I nostri avversari (il gruppo Pino-Sena, ndr) durante la guerra di mafia reclutavano persone incensurate che potevano colpire a volto scoperto. Individuammo – continua il pentito – uno di loro. Lo abbiamo ucciso e sciolto in un fusto a Monte Cucuzzo». Tra Giuseppe Vitelli e Marcello Patitucci i rapporti non erano buoni «Provó ad uccidermi in un agguato a piazza Europa – dice al pm -. Era tra i destinati a morire, e ci ha pensato Franco Pino».
Il pentito riferisce come Gianfranco Ruá gli abbia riferito che se n’erano occupati con Patitucci, Demetrio Amendola e Antonio De Rose. L’interesse per l’attentato subito e la fine di Gigliotti incuriosisce Giuseppe Vitelli «Mi dissero che aveva fatto uno sgarbo a Franco Pino. Ma in generale erano diventati incontrollabili». Le circostanze però non vengono completamente confermate dai due fratelli, Ferdinando non conosceva i due così come Francesco «A me interessava la pace, quello che successe prima, suggellato l’accordo tra il gruppo Pino-Sena e Perna-Pranno, poco mi interessava».
IL TERRORISTA «Marcello Gigliotti io lo conoscevo come terrorista, cose politiche di quegli anni». Prima che la malavita per il giovane che fu ucciso nel 1986 c’era la politica. A riferirlo è Umile Arturi, anche lui pentito e negli anni vicino al gruppo Pino-Sena. «Fui io a presentare Gigliotti a Franco Pino e agli altri esponenti della criminalità cosentina».
La condanna a morte per i due, secondo il pentito, risiederebbe nell’uccisione di Lorenzo Michele, uomo molto vicino a Franco Pino. Vista l’amicizia fin dall’infanzia che lo legava a Gigliotti, Arturi ha anche riferito come dell’omicidio di fosse interessato poco anche perché proprio in quel periodo i rapporti con Pino non erano dei migliori. «Del gruppo Pino, Marcello Gigliotti non ne ha mai fatto parte, era un uomo alle mie disposizioni – aggiunge Arturi- non a caso sparò Rotundo a piazza dei Valdesi come piacere personale».

Michele Presta
m.presta@corrierecal.it

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