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Gratteri: «Dall'89 vivo in una gabbia, ma da uomo libero»

Il procuratore capo di Catanzaro a tutto campo ai microfoni di Night Tabloid. «Quando ero ragazzino vedevo il capomafia che faceva l’inchino al politico, ora è il contrario». E sul narcotraffico ag…

Pubblicato il: 17/04/2018 – 12:51
Gratteri: «Dall'89 vivo in una gabbia, ma da uomo libero»

«Intanto dobbiamo dire che la ‘ndrangheta vota e fa votare, dobbiamo dire che mediamente i candidati politici sono sul territorio non più di un mese prima delle elezioni mentre la ‘ndrangheta, in modo sistematico, è sempre presente sul territorio e, a modo suo, offre risposte: assume persone sottopagate o non le paga, le sfrutta. Però in territori di bisogno questo è un qualcosa». Insomma, la risposta della ‘ndrangheta, per quanto sbagliata e arrogante, si fa sentire di più, è più presente e costante di quella politica. Il procuratore capo di Catanzaro, Nicola Gratteri, ha raccontato come sono cambiati i tempi, in periodo di elezioni, da 20 anni a questa parte. Ospite a Night Tabloid, su Rai2, Gratteri ha spiegato che «negli ultimi 20 anni noi vediamo che sono sempre più i candidati alle elezioni che vanno a cercare i capimafia. Prima era il contrario. Quando ero ragazzino vedevo il capomafia che faceva l’inchino al politico, che faceva l’inchino all’avvocato e che magari andava con un regalo, con un capretto a chiedere il posto di bidella per la vedova del figlio, o a chiedere che il figlio facesse il militare di terra e non di mare perché durava sei mesi in meno. Sempre più spesso, oggi assistiamo a un decadimento etico che riguarda tutto il mondo occidentale, in particolare l’Italia e ancora di più certi territori ad alta densità mafiosa. La ‘ndrangheta è una minoranza ma una minoranza qualificata. Controlla, supponiamo, il 20% dei voti. Col sistema elettorale attuale basta spostare questo pacchetto di voti verso la lista A o la lista B per fare la differenza». Il risultato sarà una co-gestione politico mafiosa della cosa pubblica. Le parole di Gratteri sono testimoniate e accompagnate da quelle di don Pino De Masi secondo il quale la Calabria viaggia bene sul campo della repressione ma male in quello dei servizi, in una regione in cui viene negato il diritto al lavoro, all’istruzione, alla sanità. E c’è anche la testimonianza di Domenico Fazzari della “Valle del Marro”, cooperativa che combatte la mafia strappandole il controllo delle terre. Una lotta che ha spesso pagato con atti intimidatori e feroci danneggiamenti.
Intervistato dalla conduttrice Annalisa Bruschi e dai giornalisti Aldo Cazzullo del Corriere della Sera e Alessandro Giuli del Foglio, Gratteri ha spiegato che il fatto che ci sia o meno un governo lascia indifferente e indipendente la ‘ndrangheta ma non ferma nemmeno la magistratura, «noi andiamo avanti». Quello che la politica potrebbe fare avendo «volontà, libertà e il coraggio, nel rispetto della costituzione» è «cambiare il sistema penale, processuale e detentivo, fare tali e tante di quelle modifiche che non convenga delinquere», ha spiegato il procuratore.
LA CLASSE POLITICA NON CONOSCE IL TERRITORIO Non è sempre una questione di malafede ma di ignoranza delle esigenze e della realtà del territorio. L’incapacità politica a dare risposte nella sconfitta alla mafia da parte della classe politica nasce anche da qui. «Non è una questione di disonestà – dice Gratteri – è anche una questione di non essere sul territorio e di non capire cosa vuol dire una mafia che ti controlla il respiro e il battito cardiaco».
La risposta sulla mancata nomina a ministro della Giustizia è laconica: «A me hanno detto che è stato Napolitano che non ha voluto. Pare che abbia detto che sono un magistrato troppo caratterizzato». «Che vuol dire?», chiede la conduttrice. «Non lo so. Io so come sono fatto io. So che sono un magistrato che non è iscritto a nessuna corrente. Sono una persona che da 30 anni fa questo lavoro e ho camminato sempre dritto per la mia strada. Se durante il mio percorso trovo gente che ragiona come me facciamo un percorso assieme se poi la gente non ha coraggio o convenienza a continuare quella linea non ho problemi a dividere le strade».
DALL’89 IN UNA GABBIA, MA DA UOMO LIBERO Un magistrato sotto scorta dall’89, oggi « felice procuratore della Repubblica», «consulente gratuito di tutti». Sul suo telefono chiamano parlamentari di tutti i partiti politici «perché sanno perfettamente che io dico o faccio quello che penso». Se non è convinto il procuratore di Catanzaro non si esprime e non fa. Non ha bisogno di mentire a se stesso un uomo che dall’89 è «costretto in una gabbia». «Ha paura?», chiede Cazzullo. «Sì certo che ho paura – risponde il magistrato –. La paura è un sentimento umano e bisogna avere paura, bisogna anche parlare con la morte e addomesticare la paura. È vero vivo in una gabbia. Ho il mare a sette chilometri e non vado al mare da decenni. Però io dentro sono molto libero. Sono molto più libero delle persone che girano senza scorta perché non ho mai pagato una cambiale, non ho mai chiesto nulla per me. Io ogni settimana sono a Roma, chiedo a tutti, sono un questuante: vado dal comandante generale dei carabinieri, dal comandante generale della Guardia di finanza, dal capo della Polizia, vado dal ministro della Giustizia, dal capo di Gabinetto. Vado sempre a chiedere cose per l’Ufficio. L’importante è non chiedere mai cose per sé ma per costruire portaerei per potere fare una guerra con armi proporzionate a quelle della realtà criminale, fino a quando non ci sarà qualcuno che creerà un sistema giudiziario proporzionato a questa realtà criminale, sempre nel rispetto della Costituzione».
INFORMATIZZATE LA GIUSTIZIA Quello che si può fare oggi è l’informatizzazione del processo penale «perché abbatte i tempi del processo, i costi del processo e il potere discrezionale dell’uomo, quindi l’abuso». Si è discusso per un periodo di prescrizione ma la domanda più urgente da porsi forse era «perché i fascicoli restano chiusi 10 anni negli armadi di un pubblico ministero?». Perché non si informatizza? «Una volta si diceva – spiega Gratteri con un sorriso ironico –, ci vuole fegato. Io dico che il fegato non basta, ci vogliono anche milza e pancreas».
LOTTA AL NARCOTRAFFICO Non mancano le domande sul contrasto al narcotraffico, materia sulla quale Gratteri aha condotto lunghe battaglie. Si parla del porto di Gioia Tauro. «Il porto di Gioia Tauro è un buco confrontato al porto di Rotterdam di Amsterdam o di Anversa. Io sono stato la settimana scorsa tre giorni a Rotterdam, in veste di magistrato italiano, a un incontro di 134 Paesi del mondo per discutere della lotta al narcotraffico. Si discuteva di contrasto, nuove metodologie, nuove tecniche. Ci sono stati scambi di vedute col capo della Dea americana e col capo della Procura nazionale d’Olanda. È tutta questione di volontà, di interesse ad investire nella ricerca. La droga in Italia arriva anche nei porti di Genova, Ancona, Venezia. Noi pensiamo a Gioia Tauro perché c’è un contrasto, una specializzazione della Guardia di finanza, perché si cerca bene». Parte un servizio sul porto di Gioia Tauro, il più grande d’Italia. Il tenente colonnello Giampiero Carrieri, comandante della Guardia di finanza del Gruppo di Gioia Tauro, spiega che nel 2017 sono stati effettuati 15 sequestri per un complessivo di 1900 chili di cocaina. Il procuratore facente funzioni di Reggio Calabria, Gaetano Paci, spiega che in alcuni casi la ‘ndrangheta riesce a superare i controlli corrompendo i funzionari.
«Ma noi in Europa sequestriamo non più del 15% della cocaina che arriva – racconta Gratteri –. L’ultimo sequestro che ho fatto è stato di otto tonnellate di cocaina in una sola volta». E poi c’è il problema Europa, «una grande prateria dove chiunque può andare a pascolare». «L’Europa si interessa di banche, economia e commerci ma non di sicurezza. Un trafficante di cocaina si muove tra Germania, Belgio e Olanda come ci si muoverebbe per Roma. Sul problema siamo ancora ai fondamentali».
ITALIA DEBOLE NEL PANORAMA EUROPEO In una Europa che si occupa poco di sicurezza c’è la proposta di creare una Procura europea. «Non so se converrebbe all’Italia – afferma il procuratore di Catanzaro – L’Italia, nel panorama internazionale ed europeo è molto debole. Non abbiamo la forza per dire “partiamo dalla legislazione antimafia italiana” che, anche se farraginosa, è la migliore. Abbiamo la forza di imporre a Germania, Francia o Olanda il nostro sistema? Non vorrei che una riforma ci portasse una gara al ribasso. L’ultima volta che c’è stato il semestre europeo a conduzione italiana, il semestre successivo è toccato alla Lettonia e si parlava di omologazione di codici partendo dal sistema lettone». L’Italia, insomma, deve imporsi e per farlo, secondo Gratteri «deve avere potere contrattuale», o, per capirci meglio, «deve avere qualcosa in cascina».

ale. tru.

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