SCILLA «Con la scarcerazione il rischio di reiterazione del reato è elevatissimo ed è paradossale che si debba pensare ad un eventuale allontanamento dei minori per difenderli dal pericolo». Sono ancora indignate le parole di Mario Nasone, presidente del centro comunitario Agape nei giorni successivi alla scarcerazione di Paolo Ciccarelli, 38 anni, arrestato lo scorso 18 gennaio per maltrattamenti in famiglia e lesioni personali aggravate nei confronti dell’ex moglie 31enne. Nessun avviso alla famiglia rispetto alla decisione del gip di Reggio Calabria, Caterina Catalano, che il 13 aprile scorso – «provvedendo sulla richiesta pervenuta con cui il pm chiede la sostituzione della misura degli arresti domiciliari in atto applicata a Paolo Ciccarelli con quella del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalle persone offese…» – ha disposto l’immediata scarcerazione dell’indagato. Di questa decisione, però, non è stata avvisata l’ex moglie, vittima, insieme ai tre figli, di anni di percosse e abusi, in barba all’articolo 299, comma 2bis, del codice di procedura penale che espressamente prevede che in caso di revoca e sostituzione delle misure coercitive «applicate nei procedimenti aventi ad oggetto delitti commessi con violenza alla persona, devono essere immediatamente comunicati, a cura della polizia giudiziaria, ai servizi socio-assistenziali e al difensore della persona offesa o, in mancanza di questo, alla persona offesa». Niente, come ci ha raccontato (potete leggerlo qui) la madre della 31enne ex moglie, la famiglia lo ha saputo dai compaesani di Scilla.
E a nulla valgono, nel loro animo, così come in quello dei responsabili dell’associazione Agape, le imposizioni da parte del giudice del divieto di avvicinamento dell’indagato alle persone offese (l’ex moglie e i figli di 11, 9 e 4 anni) e ai luoghi dalle stesse abitualmente frequentati (l’abitazione, la scuola, la palestra, l’abitazione dei nonni), mantenendo dagli stessi una distanza minima di 300 metri. Così come non rassicura l’obbligo di presentazione di Ciccarelli alla stazione dei Carabinieri due volte al giorno, dalle 8 alle 13 e dalle 15 alle 20.
RESTA LA GRAVITÀ INDIZIARIA Lo stesso gip, d’altronde riconosce che «persistono inalterate le gravissime esigenze di cautela per come ritenute nel provvedimento cautelare del 19 gennaio 2018, sub specie di pericolo di inquinamento probatorio (vieppiù che è in corso di svolgimento l’incidente probatorio disposto per l’assunzione della “audizione protetta” dei figli minori) e di reiterazione del reato».
Ma, pur restando ferma la gravità indiziaria, il gip, oltre all’istanza difensiva, ha rilevato che «è imminente la maturazione dei termini di fase (14 aprile 2018) in relazione alla misura di custodia già applicata e che pertanto la misura non è ad oggi scaduta».
«La questura sta svolgendo un eccellente azione di tutela – dice Mario Nasone – ma per quanto?».
In gioco, adesso, ci sono questioni di diritto, con le parti offese che mostrano perplessità su quello che secondo loro era un reato di “tentato omicidio” «con testimonianze schiaccianti» derubricato a “maltrattamenti” con conseguente decorrenza dei termini la quale ha portato alla scarcerazione dell’indagato senza che fossero avvertite le stesse parti offese, le quali si vedono oggi costrette a valutare l’idea di trasferirsi perché temono la reiterazione del reato.
L’AGGRESSIONE Il 18 gennaio scorso Paolo Ciccarelli si sarebbe recato in casa dell’ex moglie avventandosi su di lei. In casa erano presenti i tre figli minori che nel corso dell’aggressione erano balcone riuscendo ad assistere a tutta la scena. Dal balcone hanno gridato, allertando alcuni vicini che sono saliti sopra e sono riusciti ad entrare aperti da uno dei bambini. Qui i vicini avrebbero costretto Ciccarelli alla fuga mentre il corpo dell’ex moglie giaceva inerte sul pavimento. I bambini, terrorizzati, avevano paura che la mamma fosse morta. Per fortuna aveva “solo” perso i sensi in conseguenza delle botte ricevute. I carabinieri andati ad arrestarlo hanno trovato Ciccarelli in casa del fratello dove si era cambiato sbarazzandosi dei vestiti sporchi di sangue.
Alessia Truzzolillo
a.truzzolillo@corrierecal.it
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