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Omicidio Congiusta, annullata la condanna per il boss Costa

La decisione della Corte di Cassazione che lo ha assolto «per non aver commesso il fatto». Il giovane imprenditore fu ucciso il 24 maggio del 2005 per nascondere la riorganizzazione del clan di Sid…

Pubblicato il: 20/04/2018 – 8:22
Omicidio Congiusta, annullata la condanna per il boss Costa

REGGIO CALABRIA Il boss Tommaso Costa non è il mandante dell’omicidio Gianluca Congiusta. Così ha deciso ieri notte la Corte di Cassazione, annullando la condanna all’ergastolo rimediata dal boss di Siderno in Corte d’appello dove il processo era tornato dopo un primo rinvio. Ma anche questa volta, la pronuncia netta dei giudici di piazza Castello non è bastata agli ermellini. La Cassazione ha annullato senza rinvio la condanna rimediata da Costa, assolto «per non aver commesso il fatto» dall’accusa di omicidio. Il processo tornerà in Corte d’appello, ma solo per la rideterminazione della pena da infliggere a Costa alla luce dell’assoluzione rimediata.
OMICIDIO SENZA COLPEVOLI A quasi tredici anni dal suo omicidio, rimane dunque senza mandanti l’omicidio del giovane imprenditore sidernese, ucciso il 24 maggio del 2005 con un devastante colpo di pistola alla testa. Intercettazioni, lettere, dichiarazioni di collaboratori e testimoni di giustizia, una nuova lunga istruttoria dibattimentale non sono bastate a convincere i giudici della Cassazione della tesi della procura prima e della procura generale poi, secondo cui il giovane imprenditore sidernese sarebbe stato ucciso perché la sua ribellione rischiava di svelare la silenziosa rinascita del clan Costa.
TRA DECISIONI E RINVII Già in passato, la Corte aveva rispedito di fronte ad una nuova Corte d’appello il procedimento che aveva individuato Costa come mandante dell’omicidio. Una decisione che aveva provocato sconforto nei familiari del giovane imprenditore e fatto sperare le difese di Costa in un ribaltamento della sentenza. Ma per i giudici dell’appello non avevano avuto dubbi.
VITTIMA INNOCENTE Anche il secondo processo di secondo grado aveva inquadrato Gianluca Congiusta come vittima innocente della strategia con cui il boss puntava a strappare ai rivali Commisso l’egemonia criminale, conquistata negli anni sanguinosi della faida di Siderno. Una guerra che aveva visto la famiglia Costa perdere uomini, territorio e ricchezze, ma non soccombere, e ripresentarsi anni dopo con il volto e la mente di Tommaso Costa, determinato a tessere una rete di alleanze con i clan emergenti, destinata a mettere in difficoltà la consorteria rivale dei Commisso.
SILENZIO DI SANGUE Una strategia segreta, e che tale doveva restare, fino a quando il nuovo cartello non fosse stato pronto allo scontro. Per questo la determinazione di Gianluca a rivelare il contenuto della lettera estorsiva, inviata dai clan dell’emergente cartello al suocero, andava fermata. Per il boss, Gianluca doveva essere eliminato. I Commisso non potevano e non dovevano capire cosa Costa stesse architettando, ma soprattutto nessuno, nel regime di terrore imposto dall’emergente boss, doveva permettersi di trasgredire al suo volere. Un monito silenzioso che i Costa hanno voluto trasmettere con quell’unico devastante colpo di pistola alla testa che la sera del 24 maggio del 2005 ha ucciso Gianluca Congiusta.
«HANNO UCCISO LUCA PER LA SECONDA VOLTA» Questa la tesi della Dda di Reggio Calabria che per due volte ha convinto tanto i giudici di primo come di secondo grado, ma che anche ieri notte non ha superato lo scoglio della Cassazione. Un nuovo colpo per la famiglia Congiusta, che da anni si batte per avere giustizia e verità sulla tragica morte del figlio. «Oggi il dubbio che essere onesti sia inutile diventa certezza – scrive con amarezza su facebook la sorella di Gianluca, Roberta – Oggi Luca lo hanno ucciso per la seconda volta, oggi niente ha più senso.

Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it

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