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«Alla Misericordia di Isola ce la vediamo noi»

Il pentito Giuseppe Liperoti, genero di Antonio Grande Aracri, racconta ai magistrati della Dda di Catanzaro ciò che apprese nel carcere di Crotone nei primi mesi del 2017. «Mi dissero anche che tr…

Pubblicato il: 21/04/2018 – 8:39
«Alla Misericordia di Isola ce la vediamo noi»

CATANZARO «Non ti preoccupare che alla Misericordia ce la vediamo noi». A parlare è Franco Bianchi, cognato di Salvatore Arena, nipote di Nicola Arena e figlio di Carmine. Bianchi – racconta il collaboratore di giustizia Giuseppe Liperoti, genero di Antonio Grande Aracri, fratello del boss di Cutro Nicolino Grande Aracri – si trovava nel carcere di Crotone insieme a un altro detenuto, un certo Santino. È con loro che Liperoti parla della confraternita della Misericordia di Isola Capo Rizzuto. Sono i primi mesi del 2017 e l’attuale collaboratore cerca una soluzione per farsi concedere gli arresti domiciliari. «Necessitavo di una comunità terapeutica essendo io tossicodipendente, iscritto al Sert», racconta al sostituto procuratore della Dda di Catanzaro Domenico Guarascio. «Ricordo che parlai di tale necessità con un certo Santino, detenuto anche lui a Crotone, alla cella numero uno insieme a un certo Caterisano. Santino l’isolitano mi parlò a tal proposito della Misericordia, facendomi anche riferimento alla chiesa evangelica di Isola che per il tramite delle loro attività erano solite garantire ai detenuti delle famiglie isolitane il ricovero in comunità terapeutiche onde fruire della detenzione domiciliare. Santino, nel farmi comprendere la vicinanza degli esponenti della Misericordia e della chiesa Evangelista con le famiglie isolitane, mi disse che mi avrebbero aiutato dicendomi pure che sarebbero riusciti a farmi ottenere gli arresti domiciliari presso una comunità di Trento».
UN LAVORO PER MIA MOGLIE A questo punto Giuseppe Liperoti chiede al co-detenuto Santino «se si poteva fare qualcosa per fare assumere mia moglie presso il centro di accoglienza di S. Anna», il famoso Cara di Isola sul quale il 15 maggio dello scorso anno è piombata la maxi-inchiesta antimafia “Jonny” che ha messo al centro delle accuse l’illecita gestione dell’accoglienza ai migranti controllata, secondo i magistrati, dalle cosche crotonesi attraverso nomi noti, tra i quali l’ex governatore della Misericordia, Leonardo Sacco e il sacerdote Edoardo Scordio. Santino l’isolitano rassicura Liperoti: «Lui mi disse di non preoccuparmi: ossia che se avessi deciso di incontrare i soggetti che garantiscono l’assegnazione alle comunità terapeutiche di cui vi ho detto, avrebbero provveduto anche a garantire e fare assegnare un posto di lavoro presso la Misericordia a mia moglie». Ed è qui che entra in gioco, secondo la testimonianza del pentito, Franco Bianchi, il quale «mi rassicurò così come fece Santino dicendomi espressamente: “Non ti preoccupare che alla Misericordia ce la vediamo noi” e che mi avrebbe fatto avere un colloquio, o a me o a mia moglie, con suo cognato Salvatore Arena il quale poi, a sua volta, avrebbe parlato con chi di dovere ed avrebbe sicuramente ottenuto l’assunzione di mia moglie». La cosa non andò, però, in porto: «Ricordo che dopo avere parlato con Bianchi, dissi a mia moglie di recarsi da Valeria Arena, sorella di Salvatore. Mia moglie non si è recata da Valeria in quanto poi Bianchi mi disse di aver litigato con il cognato Salvatore. Di tal ché non era più disponibile a farmi l’ambasciata». Liperoti afferma di sapere che il governatore della Misericordia era Leonardo Sacco ma dice di non averlo mai conosciuto. Una cosa, però, la riferisce: «Posso dire che la Misericordia è prestata agli interessi delle famiglie isolitane».

Alessia Truzzolillo
a.truzzolillo@corrierecal.it

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