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«In Piemonte un’ala deviata del Pd in contatto con la ‘ndrangheta»

L’accusa del pg Saluzzo nella requisitoria che ha portato alle condanne di Minotauro. «Queste persone non rappresentano tutto il partito». I dem: «No semplificazioni»

Pubblicato il: 24/04/2018 – 19:32
«In Piemonte un’ala deviata del Pd in contatto con la ‘ndrangheta»

TORINO «Ala deviata del Pd». Ha usato queste parole il procuratore generale del Piemonte, Francesco Saluzzo, quando ha evocato i contatti fra uno dei boss della ‘ndrangheta radicati a Torino e almeno un paio di esponenti locali dei dem. Politici che, anni fa, si erano rivolti all’uomo per assicurarsi dei pacchetti di voti. Il passaggio sull’«ala deviata» si trova nella requisitoria pronunciata dal magistrato all’appello bis del maxi processo Minotauro, l’ultima propaggine della più vasta inchiesta mai realizzata sulla ‘ndrangheta nel Nord-Ovest. Era il momento in cui Saluzzo stava elencando alla Corte le ragioni per le quali l’imputato Salvatore De Masi detto “Giorgio” deve essere condannato. La sentenza è stata pronunciata nei giorni scorsi: per De Masi sono nove anni di carcere, per altri sei imputati le pene spaziano dai sedici mesi ai cinque anni. «Non è un caso – spiega oggi il magistrato – che fosse De Masi a tenere quel genere di rapporti. Era un personaggio di altissimo livello, tanto che era stato destinato a capeggiare la cosiddetta “camera di rappresentanza” (un organismo intermedio fra i clan locali e la casa madre in Calabria, ndr) che l’organizzazione intendeva formare in Piemonte». 
Le carte dell’inchiesta Minotauro custodiscono le tracce di un episodio del 2011. Sono in vista le primarie del Pd per la scelta del candidato a sindaco di Torino. Servono voti e pare che De Masi, imprenditore di Rivoli con tanti amici, ne possa portare parecchi. Un esponente del partito gli telefona e viene intercettato: «Ciao Giorgio, sai che abbiamo le primarie, è una partita dura…». «Certo, tu dimmi qualcosa e io mi interesso». 
Nessun elemento del Pd è mai stato indagato in Minotauro. I due soggetti citati nei faldoni hanno giurato che conoscevano De Masi da parecchio tempo ma solo come imprenditore. A Saluzzo, che in questa vicenda si è inserito per sostenere l’accusa (insieme al sostituto Monica Abbatecola) a partire dal processo d’appello, interessava dimostrare che l’imputato aveva buoni contatti: un simbolo della grande capacità della ‘ndrangheta di infiltrarsi nel tessuto sociale piemontese. «Ovviamente – ha precisato il procuratore generale – io non ho parlato del Pd nel suo complesso. Il Pd non è questo. E queste persone non rappresentano tutto il Pd. Senza contare che il fenomeno della ricerca di voti è vasto e ha una portata più generale. Parliamo però di persone che facevano cattiva politica. Senza farsi troppe domande». «La Legalità è uno dei principi guida della nostra azione e continueremo a ritenerlo tale», commenta il Pd torinese, invitando a «rifuggire ogni semplificazione».

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