In questi giorni di serrate trattative e duri antagonismi verbali si sta consumando, forse, l’ultima occasione di dare un Governo al Paese. Dopo la rottura con il centrodestra, capitanato da Matteo Salvini ma governato dal Berlusconi, che ha fatto di tutto e di più per dimostrarlo, il M5S di Luigi Di Maio mette il Pd nell’angolo della responsabilità politica. Ad una tale iniziativa i dem oppongono un catenaccio inspiegabile. Rifiutano le avances pentastellate adducendo motivazioni che, a stento, stanno in piedi. Prioritariamente, quella di essere coerenti con il mandato elettorale. Ma quale? Se l’assunto dovesse riferirsi ai propri elettori è di tutta evidenza che gli stessi hanno sigillato il loro voto con la speranza di vederli al Governo. Se dovesse invece riferirsi a coloro i quali lo hanno abbandonato in favore dei grillini a maggior ragione dovrebbe collaborare con loro nella formazione del «Governo dei responsabili». Magari sviluppando le parti convergenti dei loro programmi, atteso che lo strumento M5S rappresenta il veicolo prediletto da quei cittadini che lo hanno fatto diventare il primo partito italiano. Ma soprattutto il cavallo di Troia ove fare prevalere quell’esperienza governativa buona che manca loro e buttando all’ortica quelle esperienze che hanno danneggiato l’immagine e i contenuti del partito di Renzi&co. Del resto, nell’ottica di un sistema elettorale di tipo proporzionale parlare di coerenza con la volontà dei propri elettori è del tutto improprio. Ciò in quanto la combinazione dettata dal voto proporzionale e dalla forma di governo parlamentare sancisce che è compito delle Camere generare il Governo del Paese. Un concetto al quale sta facendo esclusivo riferimento il presidente Mattarella! Dunque, con una maggioranza Pd/M5S che c’è nei numeri (ancorché a stento) e avendo cura di ricercare una personalità più simile possibile a ciò che fu Stefano Rodotà, il PD ha il dovere irrinunciabile di formare un Governo e una maggioranza capace di sostenerlo. In tutto questo il M5S saprà di certo collaborare, mettendo da parte il velleitarismo di Di Maio. Fondamentali saranno gli obiettivi da conseguire. Saranno tanti, alcuni dei quali da fare propri da subito. Primo fra tutti quello di approvare un sistema elettorale del tipo quello francese (è solo da copiare!) che garantisca un no secco alle stupidaggini e ai ritardi di oggi, colpevoli di lasciare una nazione senza governo per circa due mesi. Non meno urgente l’assunzione di provvedimenti che rendano giustizia sociale. Essi riguardano, tra gli altri: i vitalizi da buttare alle ortiche, anche per sottrarre agli speculatori che predicano ma che non fanno; le misure di pianificazione del reddito necessario che, comunque denominato, garantisca a tutti l’indispensabile senza sottrarre loro l’occasione di godere delle occasioni lavorative; i diritti sociali esigibili a chiunque, con una sanità percepita a tutte le latitudini, garantendo ai cittadini di curarsi ove risiedono e di ivi vivere e morire con la dovuta assistenza; la sicurezza di un vita senza paura; una giustizia celere che sia veramente tale; e poi lavoro, lavoro, lavoro Peccato non avere approfittato del 1° maggio per festeggiare la nascita del governo del Paese. Per non avere regalato agli italiani la certezza di essere uguali, dopo le diseguaglianze che ancora ci sono, e un futuro alle nuove generazioni. I vecchi compagni, soprattutto quelli che sono arrivati a dare la vita per assicurarci i diritti di oggi, ma anche quei cattolici che hanno tanto sacrificato per garantire l’attuale livello di libertà avrebbero idealmente festeggiato con noi la rinnovata capacità politica di lavorare per il Paese tutto e per gli Stati Uniti dell’Europa.
*docente Unical
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