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Inchiesta “Robin Hood”, c'è la prima condanna

Il primo grado in abbreviato si conclude con la pena a tre anni per Castelli Avolio. Disposta l’interdizione dai pubblici uffici per 5 anni e la confisca di beni fino a 825mila euro. In concorso co…

Pubblicato il: 02/05/2018 – 16:23
Inchiesta “Robin Hood”, c'è la prima condanna

CATANZARO Una condanna e una assoluzione. Il primo grado con rito abbreviato del procedimento Robin Hood, istruito dalla Dda di Catanzaro contro la presunta distrazione di fondi pubblici destinati alle famiglie più bisognose con il progetto Credito sociale, si è concluso con la condanna di Giuseppe Castelli Avolio, accusato di peculato, a una pena di tre anni e sei mesi di reclusione, interdizione dai pubblici uffici per cinque anni e la confisca per equivalente di beni nella disponibilità dell’imputato del valore non superiore a 825mila euro. Assolto dall’accusa di rivelazione di segreti di ufficio, perché il fatto non sussiste, l’avvocato Francesco Masciari, difeso dall’avvocato Giovanni Merante.
PECULATO L’avvocato Giuseppe Castelli Avolio è accusato di peculato per essersi appropriato, in concorso con Bruno Dellamotta e Ortensio Marano (imputati nello stralcio del procedimento con rito ordinario) della somma di 825mila euro dopo avere ricevuto sul conto corrente vincolato la somma di 2.500mila euro versata il 19 dicembre 2015 dalla fondazione Calabria Etica, per conto della Regione Calabria. I soldi erano vincolati (ancor di più trattandosi di contributi comunitari) ma secondo l’accusa sarebbero stati utilizzati «per scopi personali e privati in investimenti sul mercato di rischio». Di questi 825mila euro, 410mila, con un bonifico effettuato il primo aprile, 2016 sarebbero stati versati a favore della società W.B.T. West Bound Tecnologies Sarl, con causale Progetto Giubilare. Tre giorni dopo è stato fatto partire un bonifico di 415mila euro con lo stesso destinatario e stessa causale. Secondo l’accusa, rappresentata in aula dal pm Graziella Viscomi, Castelli e Dellamotta erano consapevoli della provenienza pubblica dei fondi vincolati al Credito sociale.
Da parte sua Ortensio Marano aveva il possesso e la disponibilità di questi fondi pubblici in qualità di amministratore delegato e legale rappresentante della Cooperfin spa, società che si era aggiudicata la gestione del fondo destinato al Credito Sociale, ossia a coloro che versano in condizione di temporanea difficoltà economica. Per Dellamotta e Marano il processo, attualmente in fase dibattimentale, proseguirà il prossimo 14 giugno.
«TRATTAMENTO INGIUSTO» L’avvocato Masciari è stato assolto dall’accusa di rivelazione di segreti di ufficio perché il fatto non sussiste. L’avvocato era accusato di avere rivelato a Ortensio Marano di essere indagato dalla Dda di Catanzaro. Dopo la sentenza, Masciari ha inviato una nota a commento della decisione del gup: «Oggi un giudice del Tribunale di Catanzaro mi ha assolto con formula piena, poiché il fatto non sussiste, dall’accusa di rivelazione di segreti d’ufficio, mossami nell’ambito della  tristemente nota indagine “Robin Hood”. Eviterò di adoperare le consuete frasi utilizzate in tali circostanze: da uomo e da professionista non trovo conforto nella decisione del giudicante, poiché da avvocato mi sono sfuggite dal principio le motivazioni fondanti il giudizio, e da uomo la rabbia per l’ingiusto trattamento subito supera di gran lunga la soddisfazione di vedere riconosciute le mie ragioni, esposte diffusamente quanto inutilmente agli organi inquirenti. Peraltro, da giurista e storico del diritto, sposto la vicenda personale sul piano generale: ricordo a me stesso il detto del bambino e dell’acqua sporca, e spero che si presti, in futuro, maggiore attenzione ai bambini. Un grazie alla mia famiglia, ai miei amici e a chi mi ha dimostrato stima ed affetto, al mio avvocato Giovanni Merante».

Alessia Truzzolillo
a.truzzolillo@corrierecal.it

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