MILANO Gli incontri avvenivano davanti al centro estetico “Beauty center” di Cerro Maggiore (Milano), di proprietà di Massimo Rosi il quale attribuiva però fittiziamente il locale a Mattia Peitevano per eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniale. È qui che il milanese Rosi, qualificati dagli investigatori come “trafficante”, incontrava i cugini Domenico e Antonio Barbaro appartenenti all’omonimo clan di Platì, coinvolti nell’operazione quali fornitori di cocaina (qui la notizia).
IL PEDIGREE DEI CALABRESI In particolare, i carabinieri del Nucleo investigativo di Milano che hanno condotto le indagini dell’operazione “The Hole”, su un grosso giro di droga nelle province lombarde e non solo, hanno appurato il pedigree criminale dei soggetti calabresi arrestati giovedì mattina insieme ad altre 20 persone. Domenico Barbaro, 25 anni, è figlio di Giuseppe, 62 anni, fino ad aprile 2016 detenuto agli arresti domiciliari presso una casa di cura di Rimini, pluripregiudicato per vari reati, tra i quali associazione di tipo mafioso, sequestro di persona a scopo di estorsione, porto e detenzione abusiva di armi. Ma i vincoli di parentela hanno ramificazioni ancora più estese e importanti. Il 25enne è nipote di Cicciu u Castanu, ossia Francesco Barbaro, 91 anni, attualmente detenuto e ritenuto capo indiscusso della ‘ndrina “Barbaro-Castanu”. C’è poi la parentela acquisita con i Papalia per via dello zio Rocco Barbaro, sposato con Maria Carmine Papalia, nipote di Domenico e Antonio Papalia, entrambi condannati all’ergastolo. E, infine, c’è il legame con i Pelle-Gambazza in quanto la zia paterna del giovane, Marianna Barbaro, è sposata con Giuseppe Pelle figlio del defunto Antonio, alias “U Gambazza”, il quale in vita era ritenuto capo indiscusso dell’omonima ’ndrina. Nel gruppo c’è anche Pasquale Lentini, di Melito Porto Salvo, 60 anni, pluripregiudicato per reati specifici in materia di sostanze stupefacenti, a suo carico si rileva una condanna per associazione di tipo mafioso.
I CONTATTI CON AGRESTA Secondo le indagini, per quanto riguarda il traffico di cocaina, sono i Barbaro, Domenico e Antonio, il collegamento con Antonio Agresta, 45enne originario di Platì già condannato come capo della società di ‘ndrangheta di Volpiano (Torino). I viaggi dei Barbaro verso Volpiano sono numerosi e ben monitorati dai carabinieri. I militari del comando provinciale di Milano hanno preso Agresta nel suo appartamento di Volpiano, e attualmente stava scontando una misura alternativa che gli consentiva di restare fuori dal carcere. Questo gli permetteva di gestire con maggiore facilità i suoi traffici di droga con i Barbaro dal Marocco con stoccaggio nei magazzini spagnoli della città di Durcal. Il gip nel motivare l’applicazione della misura cautelare in carcere per Agresta, richiama «l’elevata pericolosità sociale dell’Agresta, avendo questi organizzato, in breve tempo, la cessione ai Barbaro di un consistente quantitativo di cocaina, nell’ordine di “quattro pacchi” con modalità che denotano il suo stabile inserimento in circuiti criminali di notevole rilievo: basti richiamare la circostanza che il giorno deputato per la consegna dello stupefacente, l’Agresta abbia fatto convergere nel luogo prestabilito per lo scambio, non solo l’acquirente Barbaro Antonio, ma anche altri soggetti, verosimilmente i corrieri dello stupefacente, a bordo di un veicolo con targa estera, e gli altri due soggetti fotografati dalla polizia giudiziaria incaricati di fare da staffetta al predetto veicolo. Si tratta di modalità operative che valgono, in aggiunta ai precedenti anche specifici dell’indagato, a denotare una elevata dimestichezza dell’Agresta in traffici di tale tipo ai quali è evidentemente abitualmente dedito. Il complesso di tali elementi induce a ritenere che l’Agresta abbia votato la propria esistenza ad attività criminali che porta avanti con modalità professionali, tali da fondare tuttora un attuale e concreto pericolo di reiterazione di reati del medesimo tipo. Si ritiene infatti che il soggetto sia stabilmente in contatto con ambienti delinquenziali anche internazionali che sfrutta per procurarsi partite di droga (in tal senso va inteso il riferimento nell’episodio in esame alla provenienza spagnola della cocaina acquistata dai Barbaro) da rivendere a terzi».
NESSUN LAVORO, TENORE DI VITA ALTO « Il controllo costante dei due indagati Barbaro Antonio e Domenico ha permesso di accertare che entrambi, durante il periodo delle intercettazioni, non hanno svolto nessuna attività lavorativa lecita – scrivono i carabinieri –, tale da giustificare alcuna legittima “entrata” di denaro, alla base del tenore alto di vita degli stessi (utilizzo costante di telefoni cellulari, spostamento con autovetture ed aerei, affitto di appartamenti e box non direttamente ad essi riconducibili, frequentazione di locali, viaggi, vacanze, sostentamento di relazioni extraconiugali ed altro)». Quello che le attività di intercettazione hanno permesso di appurare, scrivono gli inquirenti, è «il palese concorso dei due Barbaro nell’attività illecita di spaccio di sostanze stupefacenti, il loro contatto con esponenti di organizzazioni criminali di tipo mafioso, ed in particolare con la ‘ndrangheta, il loro agire con “metodo” disponendo di basi logistiche ove occultare lo stupefacente ed altro, infine l’utilizzo da parte di entrambi di utenze e telefoni cellulari “dedicati”, mediante la comunicazione solo di sms, in maniera cosiddetta citofonica, al fine di rendere difficile l’individuazione delle utenze in uso».
Le indagini sul traffico di droga vanno avanti per due anni. Il primo giugno del 2016 i carabinieri della Caserma di Cesano Boscono (Milano) effettuano dei controlli nell’area di spaccio dei Barbaro. Lo stesso Antonio Barbaro viene controllato in via don Minzoni. La cosa allarma i due cugini di Platì che ne parlano tra di loro anche in relazione ai vari acquirenti che si recano da loro e che destano sospetto: «… hanno visto a quello, a quello .. quell’asino, la… l’hanno visto che arrivava… e gli ho detto io …ma buttati nel parco…».
Alessia Truzzolillo
a.truzzolillo@corrierecal.it
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