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«Il futuro della Lega in Calabria»

di Domenico Furgiuele*

Pubblicato il: 09/05/2018 – 16:11
«Il futuro della Lega in Calabria»

Sarei un folle se credessi che il cammino di radicamento della Lega in Calabria, intrapreso in solitudine e condotto con entusiasmo, passione ma anche tra gli sberleffi e lo scetticismo di chi poi si è ricreduto, si sia concluso con la pur buona affermazione ottenuta alle elezioni del 4 marzo scorso.
Quanto abbiamo seminato in anni duri di lavoro a contatto fisico con i centri e con le periferie di Calabria, quelle, per intenderci, dove l’”alta” politica dei convegni fighetti non ama andare per una serie di ragioni tutte intuibili, sta fiorendo. Finalmente.
Sta venendo su con calma, con pazienza certosina, ma anche con silenziosa determinazione.
Oggi penso che, se volessimo, ci sarebbero tutte le condizioni ottimali per poter ingrassare il partito accogliendo delusi da altre esperienze, gente in cerca di rivincite personali e perché no, figuranti poco chiari, rendendolo in breve tempo bello gonfio anzi, obeso; potremmo infarcirlo di “contratti a termine”, abbastanza in voga alle nostre latitudini in quanto funzionali alle zone grigie del potere, quelli che ti permettono di realizzare accordi taciti per stare insieme fino alla curva, salvo poi scioglierli per sopravvenute convenienze dei singoli.
Ma a che pro?
Noi non siamo interessati a rinverdire certe storiacce di ordinaria politica.
A noi non interessa la logica del tutti quanti insieme appassionatamente fino a quando l’investimento conviene.
Noi siamo una forza organizzata, non un comitato travestito da partito, noi amiamo la genuinità delle persone, non gli apericena dei salotti putridi che tentano di controllare la vita pubblica calabrese.
La Lega che sta prendendo forma, e sostanza, in Calabria è un corpo entusiasta e vivo, magari non appariscente, ma opera con spirito di sacrificio e non sarà mai una meteora politica perché ha fatto, sta facendo, farà selezione e, se sarà necessario , dirà altri “no, grazie, il tuo contributo non ci interessa”.
Noi puntiamo a creare una classe dirigente partendo dalla valorizzazione di quel nucleo di valorosi militanti che c’ha creduto e al protagonismo di quanti pur avendo idee di sviluppo non dispongono di un pulpito per poterle illustrare, data l’occupazione militaresca degli spazi politici da parte di generazioni di tromboni e politicanti molti dei quali hanno già dato, e fallito.
In tale direzione, la mia elezione al parlamento è un mezzo, non un fine; essa è strumentale all’attuazione di un radicamento effettivo nei territori, che sappia fare perno sulla voglia di riscatto e di cambiamento, anche all’interno del centrodestra sia ben chiaro, che dobbiamo necessariamente ristrutturare se vogliamo guidare la Regione Calabria, mettendo finalmente un argine forte contro quella squallida e ciclica transumanza dei soliti ‘incolori’ che a tempo debito passano da una riva all’altra della politica con l’obiettivo di mantenere orticelli e postazioni di potere.
Penso che se vogliamo governare bene non possiamo pretendere dalla solita pessima burocrazia regionale il cambio di casacca, ma un cambio di mentalità. E di costumi.
In passato bastava che il dirigente passasse (temporaneamente) con il vincitore, oggi deve passare dalla parte dei cittadini.
La lottizzazione di dipartimenti e strutture come esercizio del potere fine a se stesso, non paga né in termini di efficienza amministrativa né sul piano elettorale, come del resto dimostra plasticamente l’agonia in atto di Mario Oliverio.
La Lega su questo si batterà con sana ferocia politica, consapevole che arriverà alle elezioni regionali con un struttura ancora più solida e competente per portare nelle istituzioni proposte e battaglie, ma anche donne e uomini che non si facciano infinocchiare dai soliti dannifici burosauri.
Radicamento vero, fisico, riscoperta dei centri di aggregazione, legalità praticata passione negli ideali di riscatto e competenza nelle istituzioni.
Questi i nostri valori fondanti, i nostri criteri di scelta.
Chi tenta invano di svilirli accusandoci con la solita anacronistica ridicola accusa di essere passati dalla parte dei razzisti , dei secessionisti, di coloro che avallano le istanze del nord, non ha capito nulla di quella che mi piace definire la dottrina-Salvini, ossia la convinzione che se i territori del Mezzogiorno non si riscatteranno esprimendo a pieno le rispettive potenzialità e peculiarità, per l’Italia intera non vi sarà futuro né in Europa né nel mondo.

*parlamentare e segretario regionale della Lega

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