È alto più di dieci metri con un diametro di 160 centimetri. Ma soprattutto ha 1230 anni. È la descrizione del pino loricato che secondo alcuni studi è l’albero più antico d’Europa e si trova nel Parco nazionale del Pollino. Come viene raccontato su Repubblica, è una località che per ora deve rimanere segreta, a pochi metri dal confine con la Basilicata. A scoprirlo è stato Gianluca Piovesan, professore ordinario di Scienze forestali all’Università della Tuscia che ha capitanato un gruppo di ricerca a cui hanno collaborato gli studiosi del Parco nazionale del Pollino e dell’Università del Salento. È stato chiamato Italus, in memoria del re di Enotria che governava questa regione a cavallo tra l’età del bronzo e quella del ferro.
«L’albero ha un tronco cavo e non è stato possibile eseguire la classica ricerca dendrocronologica (la conta degli anelli, ndr) – spiega Piovesan a Repubblica – In assenza del midollo, abbiamo prelevato otto campioni di legno dalle radici, del peso di qualche milligrammo, e seguendo la cronologia degli anelli presenti nell’apparato radicale dell’albero li abbiamo sottoposti alla datazione al radiocarbonio». «Abbiamo un testimone di quello che è avvenuto in quell’area negli ultimi 1300 anni. – spiega Gianluca Quarta, il fisico nucleare del Cedad che ha seguito i test – Grazie a questi campioni oggi possiamo ricostruire, per esempio, i diversi picchi dell’attività solare, un fenomeno che in questa regione non è mai stato studiato dal punto di vista cronologico». Italus, nonostante “l’età avanzata”, continua ancora a cresce e gli studiosi non escludono che nella zona possano esserci altri fratelli millenari. «È probabile – spiega Giuseppe De Vivo, responsabile delle attività scientifiche del Parco – che questi alberi si siano rifugiati sul promontorio del Pollino per sfuggire ai cambiamenti climatici e che si siano adattati a un’altitudine che sfiora i duemila metri grazie alle cosiddette piogge occulte generate in alta quota dalle nebbie e dovute dall’azione fisica delle correnti marine».
«Ambienti come le pinete rupestri di loricato o i boschi vetusti meritano una tutela particolare, – conclude l’autore della ricerca – poiché svolgono un ruolo insostituibile nella biologia della conservazione e quindi nello sviluppo sostenibile».
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