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Il giustizialismo è finito, le macerie ora sono risorse

di Paolo Pollichieni

Pubblicato il: 10/05/2018 – 17:53
Il giustizialismo è finito, le macerie ora sono risorse

Muoviamo da una premessa, l’indagine a carico del governatore Mario Oliverio non legittima una sua uscita di scena, tanto più che dimettendosi provocherebbe la fine anticipata della legislatura, anche se la vicenda del suo predecessore testimonia che per un anno (e tanto manca ormai…) si può procedere con l’interim del vicepresidente. E tuttavia tra il non dimettersi e il far finta che non sia successo niente, rimuovendo la questione dal dibattito politico o ignorando la richiesta di fornire chiarimenti, passa una bella differenza.
In maniera stucchevole, noiosa e, a questo punto, anche strumentale, Gerardo Mario Oliverio ripete sempre tre cose: che ha ereditato macerie politiche dai suoi predecessori (sottolinea spesso il plurale); che la burocrazia che lo circonda è inadatta; che del suo operato risponde solo ai calabresi che lo hanno eletto. Bene, coerenza vorrebbe però che a questi poveri calabresi una spiegazione su quanto va accadendo Oliverio la desse. In questa direzione lo hanno sollecitato i parlamentari 5Stelle ma non li ha degnati neanche di una risposta. Nessun dibattito, poi, in consiglio regionale: non risponde ai calabresi figuriamoci se ritiene di farlo ai suoi “dipendenti”.
Insomma dovremmo far finta tutti che non sia successo niente. Eppure quello che ha ricevuto Oliverio non è un “semplice” avviso di garanzia che lo informa di una indagine nei suoi confronti. Di più: è la notifica che l’indagine si è conclusa e la Procura si accinge a chiedere il processo a carico del governatore. Sul tutto la maggioranza tace mentre dai banchi della cosiddetta “opposizione” tuonano Tallini e Orsomarso… ma solo per richiamare il reprobo Guccione: «Non accettiamo processi in questa aula». Di Tallini tutto si potrà dire ma non che sia un ingrato. Di Orsomarso tutto si può sostenere ma non che sappia distinguere tra etica politica e codice penale. E infatti, piaccia o non piaccia, il nodo posto da Carletto Guccione è squisitamente politico ed attiene ad un uso strumentale degli avvisi di garanzia inaugurato proprio da Mario Oliverio. Ha usato “rimborsopoli” per imporre una giunta tecnica e togliere di mezzo i concorrenti politici. Poi ha nuovamente utilizzato il più convinto giustizialismo per liberarsi dell’assessore “tecnico” Carmen Barbalace. Ma quando arriva il turno del suo amatissimo capo di gabinetto, Gaetano Pignanelli, il giustizialismo torna in soffitta e Gaetano resta al suo posto, nonostante l’estrema gravità delle accuse mossegli e nonostante tali accuse siano direttamente connesse al ruolo attualmente ricoperto da Pignanelli.
Ed è politico il nodo anche nel merito delle contestazioni che si muovono al presidente Oliverio: avrebbe confermato nel comando un sindaco che, fin quando era in sella la giunta di centrodestra stava nel centrodestra, ma appena è arrivato Oliverio si è convertito al Pd. Merita la riconferma, un avanzamento di carriera ed anche la foto benedicente con il governatore nel giorno in cui torna a vincere le elezioni comunali ad Acquaro, nel Vibonese (foto dalla Gazzetta del Sud).
In questo caso le “macerie del passato” erano diventate risorse. I magistrati inquirenti lo scrivono con chiarezza: c’è un uso disinvolto del potere politico che si spinge fino al confermare nei loro “comandi” uomini del passato governo regionale purché si dimostrino affidabili ai nuovi padroni delle ferriere.
Un caso isolato, quello di Giuseppe Barilaro? Non pare proprio. Ennio Apicella traghetta dai ruoli apicali della giunta Scopelliti a quelli ancora più apicali della giunta Oliverio. Anche lui non è dipendente regionale. Oldani Mesoraca tutti sanno che non è dipendente regionale, ma Oliverio lo conferma nel posto di capo ufficio stampa, assegnatogli dai suoi predecessori, eternando quello che i commissari del Ministero hanno qualificato come un abuso. E fin quando non è andato via sua sponte, anche Paolo Praticò era stato confermato al vertice della struttura per la gestione dei fondi comunitari, dove era stato collocato dalla giunta Scopelliti. E casi del genere ve ne stanno ancora tantissimi, qui riportati sono solo quelli più eclatanti.
Insomma, delle due l’una: o le macerie ereditate non erano proprio tali, oppure questo è solo un comodo alibi per giustificare i fallimenti odierni.
Tutto ciò meriterebbe un dibattito politico?
No, meglio attendere i processi… tanto arriveranno anche quelli.

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