REGGIO CALABRIA Oliverio si dimetterà solo se dall’indagine a suo carico emergeranno «fatti gravi». Il caso Calabria Verde deflagra inaspettatamente in consiglio regionale. Non era previsto, ci ha pensato Carlo Guccione a dare fuoco alle polveri a inizio seduta, con la richiesta di spiegazioni al governatore in merito alla sua recente iscrizione nel registro degli indagati per il presunto comando illegittimo in Calabria Verde del sindaco di Acquaro, Giuseppe Barilaro.
Oliverio ha preso la questione di petto e ha chiarito la sua posizione: «Qualora ci dovessero essere fatti gravi dalla lettura di questi atti, tali da determinare una incompatibilità tra la carica che ricopro e quella di indagato, non esiterei a trarne le conseguenze». Non pronuncia mai la parola dimissioni, ma il senso è proprio quello. Il nervo è scoperto per una ragione, in particolare: nel 2015 la prima giunta regionale fu mandata in archivio per l’iscrizione nel registro degli indagati di tre assessori – Vincenzo Ciconte, Nino De Gaetano e lo stesso Guccione – nell’ambito dell’inchiesta sulla rimborsopoli calabrese.
Oliverio, in riferimento a quella vicenda e ai suoi effetti attuali, aggira subito l’ostacolo con un «io non ho decapitato nessuno» (dopo gli farà eco lo stesso Ciconte: « È un termine brutto, da non usare…»). E, in relazione al suo caso, aggiunge di non essersi dimesso «per responsabilità», perché «una decisione di questo tipo da parte di un presidente, senza vedere le carte, a differenza che per un assessore comporterebbe lo scioglimento del consiglio regionale».
Non si tratta, chiarisce, di mera difesa della poltrona: «Io non sono qui per difendere il mio ruolo, ma per esercitare la funzione che i calabresi mi hanno affidato. Una funzione che porterò fino in fondo fin quando non saranno ravvisati elementi di incompatiibiltà grave».
Guccione ci era andato giù pesante: «Agli occhi di tutti quanti esiste una doppia morale e un garantismo a corrente alternata. Io rimango fermo sul fatto che l’avviso di garanzia non è sinonimo di colpevolezza e non può essere strumentalizzato per fini politici e per questioni interne ai partiti, ma è evidente che sono stati usati due pesi e due misure. Ritengo che per come il presidente sta trattando questo argomento, rischiamo una deriva antidemocratica».
Oliverio non ci sta e ribatte: «Nella mia vita non c’è mai stata una doppia morale, ma una sola, a dispetto di quanti nei giornali agitano moralisticamente problemi che nascondono pratiche e azioni contrastanti. Io rispetto il bene comune ed esercito la funzione con il massimo di trasparenza. E anche quando si tratta di un abuso d’ufficio per un presunto condizionamento in un ente che ha una sua autonomia, anche in quel caso non ho doppia morale. Mi ritengo estraneo e lo dimostrerò in sede processuale. Mai nessuno troverà un intervento del presidente della Regione per constatare una sua doppia morale».
Ma Guccione era andato ancora più in là, accusando perfino il suo stesso partito: «Inquietante è anche il silenzio del Pd, che in altre vicende ha inondato i giornali di comunicati».
Ma il governatore precisa di essere stato lui a chiedere al partito «di non assumere iniziative, perché non ho bisogno di solidarietà, in questo caso non ce n’è bisogno. Il mio rispetto verso la magistratura non muta, ma si rafforza».
«NO A PROCESSO» Nel faccia a faccia tra Oliverio e Guccione, spicca il sostanziale silenzio della maggioranza che sostiene il governatore. L’unico consigliere che cerca di prendere le sue difese è il presidente della commissione Antindrangheta, Arturo Bova, che stigmatizza la volontà «di fare un processo in aula al presidente» e ribadisce la differenza tra le posizioni degli assessori e quella di Oliverio, che con le dimissioni «metterebbe fine alla legislatura».
Un aiuto, il governatore lo riceve anche da un insospettabile, il neo capogruppo di Fi Mimmo Tallini: «Ci sono errori che si tramandano da decenni e riguardano la strumentalizzazione da parte dei partiti ai danni di altri partiti. Non faccio processi e chi riceve un avviso va rispettato, i giudizi si danno sul piano politico. Anch’io sono stato indagato, processato e assolto…».
Anche Fausto Orsomarso (FdI) ribadisce il ruolo di una minoranza che fa opposizione non sulle indagini ma «su quello che Oliverio fa dal punto di vista politico e soprattutto su quello che non fa. Non è in quest’aula che possono essere date altri tipi di risposte».
Gianluca Gallo (Cdl) sottolinea «lo strappo avvenuto oggi nella maggioranza e nel Pd».
Pietro Bellantoni
p.bellantoni@corrierecal.it
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