CATANZARO La fuga di notizie, il processo mediatico e le sue conseguenze, la libertà dei mezzi d’informazione da pressioni giudiziarie o sociali e la scarsa attenzione giornalistica alla fase dibattimentale dei procedimenti penali. Sono stati questi alcuni dei temi dibattuti venerdì nell’ambito dell’incontro organizzato dalla dalla Scuola territoriale della Camera penale di Catanzaro “A. Cantàfora” nel Salotto culturale di Via Settembrini nel capoluogo. L’incontro – parte del programma del corso di formazione ed aggiornamento degli avvocati penalisti organizzato dagli avvocati Vincenzo Savaro ed Ermenegildo Massimo Scuteri – ha avuto ad oggetto un tema di scottante attualità: il libro bianco redatto a cura dell’Unione delle camere penali italiane dal titolo “L’informazione giudiziaria in Italia, libro bianco sui rapporti tra mezzi di comunicazione e processo penale”.
L’incontro ha visto confrontarsi, dopo una breve introduzione del presidente della Camera penale, l’avvocato Carvelli, il giornalista Filippo Veltri e l’avvocato Renato Borzone, responsabile dell’Osservatorio nazionale sull’informazione giudiziaria dell’Unione camere penali italiana, nonché candidato alla presidenza della stessa Unione per le prossime elezioni post estive. Il convegno, poi trasformatosi in acceso dibattito tra diversi avvocati ed il rappresentante della stampa, ha visto convergere l’attenzione sui temi della libertà dei mezzi d’informazione da pressioni giudiziarie o sociali nella cronaca giudiziaria e sulle conseguenze negative per la privacy dei soggetti coinvolti. In particolare si è tentato di analizzare le fughe di notizie in merito all’attività d’indagine, il clamore mediatico in occasione di esecuzione di misure cautelari, che dovrebbero avvenire in estrema riservatezza ed invece vedono sempre presenti parte degli organi di informazione. In specie, si è rilevato come ormai al processo in dibattimento, che dovrebbe vedere come fulcro il giudice terzo ed imparziale, si assiste ad un’anticipazione del processo alla fase delle indagini preliminari, ove a seguito della diffusione incontrollata di video e notizie, si procede ad un cosiddetto processo parallelo di natura mediatica. Le conseguenze sono chiare: per l’ennesima volta si calpesta il principio costituzionale della presunzione di innocenza sino a sentenza definitiva, rendendo colpevole l’indagato ancor prima che possa difendersi e ledendone l’immagine in modo, pressoché, irreversibile, seppur poi venga assolto. I relatori hanno rilevato la mancanza della mediazione giornalistica nell’ambito giudiziario, l’ombra delle esigenze di mercato e l’alibi della pretesa di neutralità dei giornalisti, ma anche la professionalità di alcuni giornalisti, che come ha detto Filippo Veltri «si consumano la suola delle scarpe in cerca delle notizie», cui si affianca, sempre secondo il giornalista, il problema del contesto attuale di illegalità diffusa, generatore di derive populistiche. Il libro bianco raccoglie il lavoro di ben 25 camere penali italiane che, in sei mesi, hanno vagliato tutti gli articoli di stampa su vicende giudiziarie e ne emerge che solo il 13% di essi concerneva il dibattimento dei processi, mentre il restante 87% aveva ad oggetto la fase delle indagini preliminari. Tale dato è stato oggetto di forte censura da parte dell’avvocatura, atteso che il giusto processo, oggi valore costituzionalmente riconosciuto, viene ad essere soppiantato da un processo sommario, che uno stato di diritto non può accettare.
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