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«Attenti alle liste civiche»

di Antonino Mazza Laboccetta*

Pubblicato il: 14/05/2018 – 12:33
«Attenti alle liste civiche»

Non è facile da assorbire il colpo subito dal Partito democratico alle elezioni del 4 marzo. Stordito, il partito fatica ad elaborare la ferita. Pur nella convulsione del momento, abbozza analisi. Ne vengono delle indicazioni. Vorrebbero offrirsi come soluzioni, ma, considerata la confusione delle idee, sembrano più vie di fuga. Un dato, comunque, emerge con nettezza: il gruppo dirigente ha scavato tra sé e la gente, e soprattutto con il suo popolo di riferimento, un enorme fossato. E credo sia tempo che il partito scelga cosa voglia essere e in quale direzione andare.
Detto questo, una delle indicazioni che viene fuori dal dibattito è quella di aprire il partito alla società civile. Si direbbe, un’ovvietà. È indicazione su cui nessuno potrebbe mai nutrire perplessità. Un partito chiuso rispetto al corpo sociale è un partito che tradisce la sua naturale funzione. Se non è un comitato d’affari, il partito è naturalmente aperto alla società civile.
Il punto, allora, non è questo. Il punto è che dietro la tanto avvertita, o, forse meglio, sbandierata esigenza di aprirsi alla società pare nascondersi una tentazione, quella di presentare il volto del Partito democratico – e qui voglio riferirmi, in particolare, al Partito democratico calabrese che da qui a circa un anno dovrà affrontare la prova delle urne dopo la sonora bocciatura -, attraverso il c.d. civismo politico. Per carità, è fatto positivo. Il civismo politico, se vissuto come espressione autentica di un’esigenza di partecipazione alla vita politica locale, ha una sua dignità, e anche a livello teorico riceve adeguata attenzione, soprattutto dopo la crisi delle tradizionali forme di militanza politica. Se vissuto, invece, come operazione intesa a raccogliere truppe cammellate per mimetizzare il volto di partiti puniti dalle urne, incapaci di elaborare pensiero ed identità, tenuti insieme da cordate di interessi, il civismo politico diventa solo puro inganno. Può dare qualche soddisfazione di breve periodo, ma alla lunga non paga.
Il fenomeno delle liste civiche, sul piano teorico, esprime l’esigenza della comunità, soprattutto locale, di partecipare alla vita politica in maniera “autonoma” rispetto ai tradizionali partiti politici. La lista civica mette insieme un gruppo di persone esponenziale, a vario titolo, di mondi di riferimento, più o meno omogenei, provenienti dalla c.d. società civile. Mondi che si incontrano intorno ad un “programma di soluzione” di problemi locali, non necessariamente connotato politicamente.
Nel linguaggio politologico non è un termine nuovo, quello della società civile: è il mondo dei corpi intermedi, dell’imprenditoria, delle professioni, delle università ecc.. Mondo di lunga tradizione. Tornato “in auge” dopo la crisi dei partiti politici novecenteschi e delle storiche forme di militanza politica. Per tre ordini di ragioni: a) per incalzare criticamente la politica tradizionale; b) per offrire “competenza” alla politica e rigenerarne, da dentro, la classe dirigente; c) per costruire un’“alternativa” alla politica tradizionale. In tutt’e tre le forme e direzioni, la società civile fa “civismo politico”, cioè offerta politica che nell’art. 118 Cost. potrebbe trovare adeguata copertura costituzionale, in quanto espressione di sussidiarietà orizzontale. Discorso a parte, e diverso, merita, invece, la questione dell’inquadramento del civismo politico nell’art. 49 Cost.. Ma non più che ce ne possiamo occupare.
In alcuni casi, il civismo politico porta l’esigenza di partecipazione ad un livello tale da mettere in discussione le forme tradizionali della «democrazia rappresentativa» in favore di forme (in verità, molto dubbie e assai discutibili) di «democrazia partecipativa». Altro è la (rispettabile) domanda di partecipazione politica, altro è la domanda di partecipazione politica “in contrapposizione” con le forme della «democrazia rappresentativa».
Va detto, inoltre, che molto difficilmente il civismo politico può superare la dimensione strettamente locale senza farsi “partito” e uscire così dal suo stadio “movimentista”, non foss’altro perché, sul piano nazionale (o non meramente locale), l’impostazione e la soluzione dei problemi non può non assumere la connotazione tipica di una cultura politica di riferimento (per essere più chiari, altro è coprire la buca della strada del Comune, altro è impostare e condurre politicamente la legge Finanziaria del Paese).
Fin qui il volto di un civismo politico che ha una sua dignità, e che segna la differenza tra le diverse regioni in termini di “rendimento” nella gestione della cosa pubblica. Quello che, volendo utilizzare le coordinate di Putnam de La tradizione civica nelle regioni italiane, si esprime nella sensibilità della società civile nei confronti dell’ambiente, del contesto sociale e delle istituzioni.
Civismo deteriore è, invece, quello utilizzato da vecchi e nuovi dirigenti della politica tradizionale, magari sonoramente bocciati alle urne, per “riciclarsi” attraverso liste civiche d’appoggio, che esprimono mondi della società civile legati a doppio filo con quella politica. Qui non si tratta di una domanda di partecipazione politica che ha una sua dignità, ma di un inganno fatto agli elettori: “mimetizzare” la tradizionale dirigenza politica nei volti c.d. “nuovi” della società civile. Che nuovi non sono, perché esprimono un livello di cointeressenza con il ceto politico tale da “appannare” – uso un eufemismo – la loro provenienza dalla società civile.
Detto questo, non sono lontane le elezioni per il rinnovo del governo calabrese e del suo comune metropolitano. Bene, dunque, l’apertura delle forze politiche tradizionali alla società civile. Bene raccogliere intorno a tavoli di analisi e di programmazione mondi a lungo trascurati. Ma attenzione a fare di quest’avvertita esigenza di apertura alla società civile solo una corsa ad assemblare truppe cammellate per mimetizzarvi dietro partiti senza progetto. E senza la forza e il coraggio di presentarsi con il proprio volto agli elettori.

*docente dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria

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