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«Non può essere stato Luigi Galizia, giocava con me a carte»

L’arringa dei difensori dell’uomo accusato del duplice omicidio di Ida Costabile ed Edda Attanasio, uccise nel cimitero di San Lorenzo del Vallo il 30 ottobre del 2016. I dubbi su Francesco Attanas…

Pubblicato il: 14/05/2018 – 19:07
«Non può essere stato Luigi Galizia, giocava con me a carte»

COSENZA L’intenzione più che il movente. Il collegamento familiare e le indagini condotte secondo la difesa in modo poco appropriato. Per gli avvocati Francesco Boccia e Cesare Badolato, il processo a Luigi Galizia manca di fatti riscontrabili. «Non può essere stato Luigi Galizia, giocava con me a carte», ha riferito Massimo Montone. Lo ripetono più volte i due difensori che nell’arringa di difesa del loro assistito, accusato del duplice omicidio di Ida Costabile ed Edda Attanasio, uccise nel cimitero di San Lorenzo del Vallo il 30 ottobre del 2016, controbattono alla requisitoria dei pm di Castrovillari ed espongono dinnanzi alla Corte d’Assise di Cosenza la loro linea difensiva. Due punti: l’ergastolo dell’accusa e l’assoluzione per la difesa. Attraversati da una retta: il dibattimento, nel quale i testimoni al banco hanno fornito la loro versione dei fatti in modo secco, eccetto uno, sostiene la difesa: Francesco Attanasio.
DUE PROCESSI La morte di Ida Costabile e di sua figlia Edda Attanasio si intreccia con la morte di Damiano Galizia. Due famiglie, dipinte nel corso del processo, la cui normalità faceva da contorno ad una esistenza tutto sommato tranquilla. Fino alla fine di aprile. Damiano Galizia viene ucciso a colpi di pistola, a confessare tutto è Francesco Attanasio (che sconta la pena dell’ergastolo per il delitto, ndr), viene ritrovato un arsenale di armi la cui paternità rimane ancora avvolta nel mistero. «Vi spiego il gioco dello specchietto – dice l’avvocato Badolato -. Così è stato ucciso anche Luca Bruni. Si viene attratti da una persona insospettabile in un posto e si viene uccisi. Questo è successo a Damiano Galizia. È un modo di agire tipico della criminalità organizzata». L’avvocato si sbraccia e arriva a questa conclusione dopo una serie di ipotesi volte a sconfessare la requisitoria del pm Giuliana Rana. «Non si può ipotizzare che Luigi Galizia abbia visto passare le donne, poi abbia preso la macchina, poi abbia preso l’arma, abbia ucciso le due donne e si sia dato alla fuga». E sulla fuga l’avvocato continua: «Chi si dà alla fuga lo fa velocemente, non all’andatura di 35 chilometri orari». Nella disamina dei fatti, ritornando dunque all’omicidio di Damiano Galizia, per il difensore proprio la mattina in cui viene ascoltato Francesco Attanasio rappresenta un momento processuale chiave del dibattimento. «Quel giorno non abbiamo ascoltato una persona che voleva fare chiarezza sulla morte della madre e della sorella – dice il difensore -, ma uno che voleva scamparla. Il suo non voler rispondere ad alcune domande è la palese conferma che dietro c’è altro». E poi c’è Luigi Galizia che diventa secondo gli avvocati il mostro sbattuto in prima pagina. «Una parentela carnale con una persona vicina ad alcuni gruppi criminali ha fatto di Luigi Galizia un criminale. Ci sono 139 collaboratori di giustizia e nessuno ha mai fatto cenno a questa persona, così come neanche una indagine lo vede coinvolto in prima persona. L’uomo deve essere condannato secondo verità non secondo presunzioni».
DUE FRASI, LE INDAGINI E L’OMERTÀ Le parole sono note. Luigi Galizia dice: «Gli taglierei la testa e ci giocherei a pallone su un prato poi mi farei la galera». Ad intercettarlo è la polizia dopo il ritrovamento delle armi e la morte del fratello. La confessione è fatta ad un’amica e il destinatario è Francesco Attanasio. In un colloquio con alcuni familiari Attanasio dice: «Me li sarei dovuti accoppare tutti». Destinatario il nucleo familiare dei Galizia. L’avvocato Boccia contesta all’inizio della sua arringa i metodi di indagine. «Perché si è considerato solo un percorso, quando si sa, chi sta in un paese conosce molti modi per arrivare in un determinato posto. Ma poi perché se il marito della signora Costabile (ex maresciallo della guardia di finanza) ci ha riferito che gli avevano detto che Luigi Galizia ha ucciso le due donne, non ci ha spiegato nel corso del processo chi è stato a dirglielo?» Non è solo questo a non convincere Francesco Boccia, c’è anche l’inutilizzabilità delle prove raccolte nell’auto. «La polizia sapeva dove Luigi Galizia aveva lasciato la macchina ma c’è andata solo il giorno dopo. All’interno sono state trovate delle esigue tracce di polvere da sparo. Non possiamo escludere che siano stati gli agenti che hanno trovato l’auto a lasciarle dentro visto che uno di loro era stato qualche giorno prima al poligono. Ma poi la cosa che più non mi convince: perché manca polvere da sparo sul sedile? Ce n’è invece sulla cintura, direi che un uomo non ha questa premura». Due sono le considerazioni da fare per il legale di Galizia. «O si tratta di un omicidio libero e quindi si sono verificate ipotesi e combinazioni anche in modo strano e stravolgente, o si tratta di un omicidio premeditato e in questo caso non è stato Luigi Galizia a sparare. Avrebbe agito in altro modo».
LA MORTE DI DAMIANO I due difensori spesso parlano delle motivazioni della sentenza di ergastolo per Francesco Attanasio (ne abbiamo scritto qui). Per entrambi la figura di Francesco Attanasio è cardine del processo per la morte della madre e della sorella. Il ritrovamento delle armi nel box di Rende per loro nulla ha a che fare con il fratello di Luigi Galizia, mentre si potrebbe ritenere che Francesco Attanasio possa avere qualche debito in sospeso con ambienti della criminalità organizzata. «Non posso accettare che si uccida una persona – dice Badolato – per un debito da 17mila euro». Tanto era quello che Francesco doveva a Damiano. «Francesco Attanasio non è la persona che dice di essere – dice Boccia -. Editore? Agente immobiliare? Imprenditore? E poi rimane un mistero il perché nel corso dei colloqui con due parenti spesso Attanasio dica di rivolgersi alla polizia dicendo di aver paura dei Galizia quando invece non c’era nessuna preoccupazione».

Michele Presta
m.presta@corrierecal.it

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