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Il racconto del pentito: «Così la droga entrava nel carcere di Cosenza»

COSENZA Nessun concorsone per «pentiti e avvocati barboni». Il processo Apocalisse procede spedito davanti al collegio giudicante del tribunale di Cosenza. All’appello degli imputati, accusati di a…

Pubblicato il: 17/05/2018 – 19:07
Il racconto del pentito: «Così la droga entrava nel carcere di Cosenza»

COSENZA Nessun concorsone per «pentiti e avvocati barboni». Il processo Apocalisse procede spedito davanti al collegio giudicante del tribunale di Cosenza. All’appello degli imputati, accusati di associazione dedita allo spaccio, Marco Perna e gli altri imputati che hanno cambiato o revocato difensore, strappano al presidente Carpino la battuta amara: «Vediamo quando finisce questa giostra degli avvocati». In videoconferenza, dal sito riservato, è collegato il pentito Vincenzo De Rose. “Vincenzino”, questo è il suo soprannome, non è imputato del processo ma su richiesta del pm Domenico Assumma i giudici lo ammettono all’interrogatorio. «La cocaina nel periodo di detenzione di Luca Pellicori, Marco Perna e Riccardo Guaglianone nel penitenziario la portavano le mogli di questi ultimi due durante il colloquio – racconta Vincenzino -. Nascondevano le bustine sotto i sacchi della spazzatura e io che pulivo la portavo a Pellicori. Lui la metteva in un pacchetto di sigarette e i lavoranti di sezione Filippo Mancuso e Antonio Segreti la portavano a Perna. Dalla finestra tramite un urlo comunicava che tutto era andato secondo i piani». Il racconto di De Rose conferma quello che c’è scritto nei verbali già depositati nel corso del processo. Ne aveva parlato anche l’altro pentito, Luca Pellicori, nell’udienza a fine del 2017. Rispondendo alle domande del pm, De Rose ribadisce come lui non facesse parte del gruppo dei Perna ma che li contattava per comprare dello stupefacente. Marijuana in prevalenza. «Mi rifornivo di 1 chilo di stupefacente ogni 10-12 giorni pagando 2800-3000 euro al mese – dice “Vincenzino” -. Lo facevo anche quando ero agli arresti domiciliari, all’acquisto ci pensava una ragazza. Non so se la droga veniva conservata da Marco Perna ma sicuramente il referente era lui». Il contatto con il figlio dello storico boss di Cosenza per De Rose era stato Gianni Giannone, era lui quello che secondo il racconto del collaboratore gli procurava tutto. E del controllo di Perna sugli stupefacenti che circolavano in città De Rose racconta cosa gli capitò il giorno in cui cambiò venditore. «Mi accusarono di aver comprato del “fumo” sottobanco, per cui vennero a casa mia chiedendomi delle spiegazioni ma riuscimmo a risolvere la questione». De Rose riferisce anche dell’arresto a Torino quando, stando a quanto spiegato in aula, Perna diede dei soldi a dei suoi collaboratori per comprare della marijuana da un tunisino. «Non so quanta droga spacciavano – dice al pm – ma so che i pusher avevano molti clienti».

Michele Presta
m.presta@corrierecal.it

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