LAMEZIA TERME Se a Roma è caos, figuriamoci in Calabria. L’assemblea di oggi ha mostrato con evidenza tutte le crepe di un Pd sempre più lacerato tra le sue correnti. Il rinvio dell’elezione del nuovo segretario forse ha una motivazione ben precisa: evitare la conta finale e quindi l’inevitabile implosione del partito.
I mille delegati arrivati all’Hotel Ergife di Roma, dopo lunghe ore di trattative, non sono riusciti a trovare un’intesa, e dunque la mozione Orfini per il rinvio della discussione sul nuovo segretario e sul congresso – 397 voti a favore, 221 contrari e 6 astenuti – è stata il classico salvagente che ha messo al sicuro – per ora – tutta la baracca.
Un successo di Renzi, secondo molti osservatori. «Ha vinto la linea di chi, come lui, Paolo Gentiloni e Marco Minniti, chiedeva di congelare il dibattito interno», hanno spiegato fonti vicine all’ex premier.
A parere dell’area Martina, invece, i renziani avrebbero scelto la strada del rinvio perché non più sicuri di avere i numeri dalla loro parte. Dal canto suo, il reggente “riconfermato” ha ottenuto un voto unanime sulla sua relazione, grazie al voto di soli 294 delegati, quando buona parte del gruppone renziano era già andato via.
Insomma, ci sono tutti gli ingredienti per una nuova guerra interna, dagli esiti imprevedibili.
GLI EFFETTI IN CALABRIA E sono proprio le nuove fratture e gli smottamenti da una parte all’altra che potrebbero far sentire i loro effetti anche in Calabria. Nella folta delegazione regionale presente nella capitale si sono infatti registrate posizioni discordanti. Su una sponde del fiume i renziani duri e puri, capitanati dall’ex segretario regionale Magorno, sull’altra l’area che si riconosce nelle posizioni di Oliverio, assente – forse per motivi strategici (ve lo spieghiamo qui) – dall’assemblea ma non per questo poco interessato alle dinamiche interne al suo partito. Fonti accreditate riferiscono che il governatore, spalleggiato da Nicola Adamo, spingesse per il voto immediato a favore di Martina segretario e per la convocazione del congresso nazionale entro la fine del 2019.
Che Oliverio e Adamo abbiano una sintonia particolare con l’ex ministro dell’Agricoltura (nella foto con il governatore) non è un mistero. In occasione delle ultime primarie, il presidente calabrese aveva caldeggiato la costituzione di una “lista Martina” di supporto a Renzi.
Ora il segretario dimissionario (l’assemblea ha preso atto del suo passo indietro) e il reggente sembrano su barricate opposte. Oliverio e i suoi faranno una scelta di campo definitiva? Difficile fare previsioni, ma che qualcosa si stia muovendo sotto traccia è evidente.
IL CONGRESSO SALTA? È chiaro che, in un contesto del genere, pensare di celebrare il congresso regionale, in programma per il prossimo 23 giugno, è una sorta di utopia. Il favorito per la segreteria, Demetrio Battaglia, per una volta abbandona il suo proverbiale contegno e spara a zero contro i vertici del Pd: «Non so se il congresso si farà e a questo punto nemmeno mi interessa. Non posso però non sottolineare che quello che stanno facendo a Roma è vergognoso e ridicolo. Sono degli incoscienti, dei vigliacchi, degli incapaci, pensano solo ai loro interessi in un momento di grande difficoltà per il Paese. Renzi, Orlando, Emiliano e Franceschini stanno distruggendo il partito: giocano con i soldatini come fanno i bambini, sono fuori dal mondo».
«Quello che è successo oggi non cambia niente. Per quanto mi riguarda, si va avanti come abbiamo stabilito», puntualizza però Magorno a poche ore dalla fine dell’assemblea. L’ex segretario del Pd regionale, dal baillame dell’Ergife, non si aspettava certo indicazioni su come procedere in Calabria nel prossimo futuro.
Franco Laratta, membro della commissione per il congresso regionale, professa realismo: «Non ho mai visto organizzare in 15 giorni un congresso e le primarie…». La sottolineatura non è casuale, dal momento che l’organismo di garanzia, con sole due riunioni all’attivo, non ha approvato nessuno degli atti propedeutici alla celebrazione del congresso.
«Non credo che si farà, se si è deciso per il rinvio di quello nazionale, non si può pensare di fare quello calabrese», spiega il consigliere regionale Carlo Guccione, secondo cui, con il voto alla relazione Martina, «è cambiata la maggioranza ma anche il progetto politico del Pd». E forse pure gli assetti e i programmi del partito calabrese.
Pietro Bellantoni
p.bellantoni@corrierecal.it
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